ASIA/INDIA - I Vescovi indiani sono dalla parte dei dalit

venerdì, 9 febbraio 2018 dalit   cristianesimo   solidarietà   sviluppo   vescovi  

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Bangalore (Agenzia Fides) - I Vescovi indiani, riuniti a Bangalore per l'assemblea della Conferenza episcopale indiana (che riunisce i Pastori di rito latino, siro-malabarese e siro-malankarese) hanno ribadito il loro impegno e coinvolgimento nel promuovere e sostenere la vita e la condizione sociale dei dalit.
I dalit (“intoccabili”) sono le popolazioni indigene che, nella visione braminica - sostenitrice di un sistema sociale fatto di disuguaglianza e gerarchia classificate - erano soggette alle caste dominanti ed erano private non solo della loro dignità umana, ma anche del diritto di essere umani. Le loro vite erano segnate da povertà estrema, indegnità, vergogna e umiliazione, impotenza ed esclusione sociale. L'India ha una popolazione di 200 milioni di dalit che tuttora vivono, per la maggior parte, come contadini senza terra nei villaggi.
Nella loro assemblea i Vescovi hanno ricordato che la Chiesa non deve solo promuovere programmi di sviluppo e inclusione sociale dei dalit, ma è chiamata ad “avviare una comprensione più profonda delle cause di discriminazione ed esclusione dei dalit cristiani all'interno della Chiesa, della società e dello stato”, spiega all'Agenzia Fides il gesuita A. Maria Arul Raja, professore di studi religiosi all'Istituto teologico gesuita di Chennai, intervenuto all'assemblea dei Vescovi. A conclusione della plenaria, i Vescovi si sono impegnati a sollecitare le istituzioni educative cattoliche a creare spazi per gli studenti dalit svantaggiati; a promuovere iniziative volte a promuovere i diritti e lo sviluppo dei dalit e a rimuovere ogni traccia di discriminazione castale.
In India, i cristiani - che sono circa il 2,3% della popolazione - per il 60% sono dalit. A dicembre 2016, i Vescovi indiani hanno diffuso il documento “Politica di promozione sociale dei dalit nella Chiesa cattolica in India” in cui si afferma che i dalit, ricorda Raja, avvertono di “essere benedetti vivendo un kairòs, cioè un momento di grazia”.
Tuttavia, il gesuita osserva che anche la Chiesa, "sebbene promuova il potere del Vangelo, la giustizia compassionevole e l'uguaglianza data dal Signore Gesù Cristo, è caduta sotto il peso violento della cultura di casta", con la semplice scusa disfattista che "la casta non si può eliminare".
Raja nota che i dalit di religione indù subiscono discriminazioni, “ma quelli cristiani subiscono ulteriori discriminazioni basate sulla loro fede, oltre a perdere l'ammissione ai programmi di assistenza promossi dal governo, disponibili, invece per i dalit indù, sikh o buddisti”. Questo è disposto dall'Ordine presidenziale emesso il 10 agosto 1950: per questo motivo la Conferenza episcopale indiana ha designato il 10 agosto come un "giorno nero", invitando a organizzare riunioni, raduni, veglie di preghiera e altre forme di protesta per mostrare sostegno e solidarietà ai dalit cristiani e musulmani che subiscono l'ingiustizia di vedere negati i loro diritti legali.
I Vescovi cattolici, inoltre, si sono uniti al Consiglio nazionale delle Chiese in India (che unisce le denominazioni protestanti) per istituire e celebrare la “Dalit Liberation Sunday”, che cade la seconda domenica di novembre e vede i dalit marciare nelle città di tutto il paese, sostenuti nella loro lotta per i diritti umani. Una petizione civile davanti alla Corte Suprema chiede la soppressione del paragrafo dell'Ordinanza presidenziale del 1950 che nega i diritti ai dalit cristiani e musulmani, e la Chiesa promuove e sostiene tale petizione che istituisce la discriminazione. Secondo Raja, i dalit cristiani "sono davvero consolati nel vedere l'intero corpo dei Vescovi camminare accanto a loro con un impegno pastorale creativo". (PN) (Agenzia Fides 9/2/2018)


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