Fides News - Italianhttps://www.fides.org/Le notizie dell'Agenzia FidesitI contenuti del sito sono pubblicati con Licenza Creative Commons.AMERICA/ECUADOR - A un mese dal funerale si continua a pregare per Fabián Enrique Arcos Sevilla, prete trovato morto con segni di torturahttps://www.fides.org/it/news/75766-AMERICA_ECUADOR_A_un_mese_dal_funerale_si_continua_a_pregare_per_Fabian_Enrique_Arcos_Sevilla_prete_trovato_morto_con_segni_di_torturahttps://www.fides.org/it/news/75766-AMERICA_ECUADOR_A_un_mese_dal_funerale_si_continua_a_pregare_per_Fabian_Enrique_Arcos_Sevilla_prete_trovato_morto_con_segni_di_torturaAmbato – Nella Diocesi di Ambato si continua a pregare per Fabián Enrique Arcos Sevilla, sacerdote scomparso il 30 ottobre scorso e ritrovato morto con segni di tortura quattro giorni dopo, nella provincia di Cotopaxi, vicino a una discarica. <br /><br />Nel frattempo continuano le indagini. Stando alle ipotesi delle forze dell’ordine locali, il sacerdote conosceva coloro che l’hanno ucciso. Il movente, secondo la polizia, sarebbe da rintracciare in una rapina. Il funerale è stato celebrato tre giorni dopo il ritrovamento, il 6 novembre, nella chiesa di Huachi Chico, nel sud di Ambato.<br /><br />Quando venne ritrovato il corpo del sacerdote, Jorge Giovanny Pazmiño, Vescovo di Ambato, in una nota diffusa dalla Diocesi ha espresso il suo “dolore per la perdita di questo amato sacerdote, ringraziando le espressioni di solidarietà ricevute da vari settori della società, sia all’interno sia all’esterno della provincia di Tungurahua”.<br /><br />“Restiamo uniti alla famiglia del nostro fratello e amico, padre Fabián Arcos, in particolare alla madre, ai fratelli e ai nipoti. Continueremo a tenerli per mano per accompagnarli nella loro sofferenza”, ha aggiunto il Vescovo, sottolineando l’importanza del lavoro delle forze dell’ordine che stanno indagando sulla vicenda: “Confidiamo che la loro professionalità permetta di rivelare i fatti in modo che la giustizia giudichi tutti i colpevoli. Chiediamo che, considerando la sofferenza della famiglia Arcos Sevilla e della diocesi di Ambato, non si dia spazio alle speculazioni”.<br /><br />Fabián Enrique Arcos Sevilla era nato a Quito il 28 gennaio 1971 ed è stato ordinato sacerdote il 18 luglio 1998. Da allora ha dedicato la sua vita al servizio pastorale in diverse parrocchie e comunità della Diocesi di Ambato. Prima come Vicario cooperante a Juan Benignos Vela dal 1998 al 1999, poi come parroco di Pilahuín dal 1999 al 2002. Dal 2022 al 2003 è stato Vicario cooperante di Pilahuín e per il triennio 2001-2003 è stato anche Vicario della Pastorale Indigena. Membro del Consiglio presbiterale, dal 2003 al 2004 è stato anche parroco di Huambaló. Dal 2009 al 2012 ha ricoperto l’incarico di parroco di San Juan Apóstol e successivamente quello di parroco di San Antonio dal 2012 al 2013. Cancelliere della Diocesi di Ambato dal 2009 al 2013, dal 2017 e fino al momento della morte è stato anche Vicario cooperante di Izamba. Ha compiuto gli studi presso la Pontificia Università Cattolica dell'Ecuador per poi iscriversi al Seminario San José. Quindi gli studi in Italia, presso l'Università Gregoriana di Roma. <br />Fri, 06 Dec 2024 13:18:25 +0100AFRICA/NAMIBIA - Elezioni presidenziali: vince la candidata dalla SWAPOhttps://www.fides.org/it/news/75765-AFRICA_NAMIBIA_Elezioni_presidenziali_vince_la_candidata_dalla_SWAPOhttps://www.fides.org/it/news/75765-AFRICA_NAMIBIA_Elezioni_presidenziali_vince_la_candidata_dalla_SWAPOWindhoek – La Vicepresidente uscente Netumbo Nandi-Ndaitwah ha vinto le elezioni presidenziali della Namibia tenutesi il 27 novembre .<br />La candidata della SWAPO , che dall’indipendenza nel 1990 governa il Paese, ha ottenuto il 58,1 per cento dei voti, sconfiggendo il suo principale rivale Panduleni Itula, candidato dell’Independent Patriots for Change , che ha preso il 25,8 per cento.<br />In una nota inviata all’Agenzia Fides il team di osservatori elettorali inviato dall’IMBISA , afferma che le elezioni si sono svolte in un’atmosfera calma e pacifica, favorita “dalle restrizioni sulla vendita di alcolici durante le festività pubbliche e i fine settimana” che “hanno contribuito a mantenere l'ordine”.<br />“Il circa un milione e mezzo di elettori ha potuto votare ovunque nel Paese e non solo nel distretto in cui si erano registrati” prosegue il comunicato. Il team dell’IMBISA ricorda però che vi sono state alcune difficoltà organizzativa che hanno costretto ad estendere “il voto al 30 novembre in alcuni seggi elettorali a causa di problemi logistici come la carenza di schede e problemi tecnici con i tablet di verifica dei votanti”. Le lunghe code sono continuate, con alcuni elettori che hanno aspettato fino a 12 ore” sottolinea la nota.<br />“I problemi logistici e i ritardi hanno provocato forti critiche da parte dei partiti politici e degli elettori, con l'opposizione che ha messo in dubbio la legittimità dei risultati elettorali”<br />“La Segreteria IMBISA raccomanda un'organizzazione più efficiente per le elezioni future, compresi miglioramenti nella logistica e nei sistemi elettronici per garantire l'equità ed evitare qualsiasi sospetto, interrogativi sull'imparzialità e su possibili irregolarità nel processo elettorale” conclude. <br />Fri, 06 Dec 2024 11:28:46 +0100ASIA/MYANMAR - Il popolo sofferente ai piedi dell'Immacolata, Madre di speranza e di riconciliazionehttps://www.fides.org/it/news/75764-ASIA_MYANMAR_Il_popolo_sofferente_ai_piedi_dell_Immacolata_Madre_di_speranza_e_di_riconciliazionehttps://www.fides.org/it/news/75764-ASIA_MYANMAR_Il_popolo_sofferente_ai_piedi_dell_Immacolata_Madre_di_speranza_e_di_riconciliazioneYangon - "Ricordiamo oggi la nostra nazione e preghiamo per la pace nell'Adorazione del primo Venerdì del mese. Affidiamo il Myanmar, che da tempo è in grande sofferenza, alla Vergine Maria, al suo Cuore materno e Immacolato", racconta all'Agenzia Fides p. Terence Anthony, parroco nella chiesa di Nostra Signora di Lourdes, nella parte meridionale dell'arcidiocesi di Yangon. "Siamo profondamente grati a Papa Francesco che non manca di ricordarci nella sua preghiera, e nei suoi ripetuti appelli non manca di ricordare alla comunità internazionale la nostra travagliata situazione. Ogni giorno recitiamo insieme la preghiera del Papa per la pace ", dice.<br />Il tempo di Avvento è dedicato dai fedeli birmani alla preghiera per la pace. In particolare è molto sentita a Yangon la festività dell'Immacolata Concezione, l'8 dicembre, dato che l'Immacolata è la patrona dell'Arcidiocesi e a Lei è intitolata la Cattedrale di Yangon. "Tutti i fedeli, nelle varie parrocchie dell'Arcidiocesi, stanno celebrando con profonda devozione la Novena all'Immacolata, pregando intensamente per la pace. Nel nostro territorio, in particolare, non si avverte la furia della guerra civile, ma si avvertono gli effetti della guerra: il costo della vita è altissimo e c'è tanta povertà. In tante altre zone della nazione, invece, il conflitto continua, e tanti nostri amici e fedeli non possono nemmeno frequentare le chiese o sono sfollati a causa della guerra. Siamo loro molto vicini, siamo in comunione di preghiera con tutti coloro che soffrono nel corpo e nello spirito", afferma. <br />La comunità diocesana - riferisce p. Terence - si radunerà l'8 dicembre nella Cattedrale a Yangon per una solenne celebrazione in cui Vescovi, preti, consacrati, fedeli rinnoveranno l'atto di affidamento alla Vergine Maria: "La invochiamo oggi come Madre della speranza, della misericordia e della riconciliazione. E' lei che guarisce tutte le ferite. Ci mettiamo ancora una volta sotto la sua protezione. Come nazione e come popolo, affrontiamo sfide, lacrime, lo sfollamento, la violenza e il dolore. Siamo ai piedi della Vergine per cercare misericordia e guarigione. Lei conosce il nostro dolore. Lei, che era ai piedi della Croce e soffriva per il Figlio ferito, conosce le nostre ferite. Preghiamo perché possa tenere la nostra gente tra le sue braccia e guarire tutti noi, portare consolazione, dare pace a questa terra".<br /> Fri, 06 Dec 2024 11:24:07 +0100AFRICA/ALGERIA - La "Chiesa della discrezione" dell'Arcivescovo Jean-Paul Vesco (che domani diventa Cardinale)https://www.fides.org/it/news/75763-AFRICA_ALGERIA_La_Chiesa_della_discrezione_dell_Arcivescovo_Jean_Paul_Vesco_che_domani_diventa_Cardinalehttps://www.fides.org/it/news/75763-AFRICA_ALGERIA_La_Chiesa_della_discrezione_dell_Arcivescovo_Jean_Paul_Vesco_che_domani_diventa_Cardinaledi Gianni Valente <br /><br />«Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». La frase di Gesù rivolta al Padre e riportata nel Vangelo secondo Giovanni è il titolo dell’ultima Lettera Pastorale del Domenicano francese Jean-Paul Vesco, insediatosi come Arcivescovo di Algeri l’11 febbraio 2022. Sono parole umanamente «folli». sulle quali «Gesù giudica se stesso ponendosi sotto lo sguardo del Padre» e che ogni Vescovo e pastore consapevole dei propri limiti dovrebbe guardarsi dal proporre come criterio di giudizio del proprio operato Eppure, a conclusione della stessa lettera, l’Arcivescovo Vesco sembra rilanciare la posta, quando scrive che che «Ogni persona, qualunque sia la sua origine la sua religione, può essere guardata come un fratello, come una sorella che io non devo perdere». Perché «la fraternità offerta a tutti, senza considerazione per le appartenenze religiose, etniche o nazionali» – aveva già scritto lo stesso Vescovo domenicano in occasione della Canonizzazione di San Charles de Foucauld - «è il marchio di fabbrica della fratellanza dei discepoli di Cristo».<br /><br />62 anni, nato a Lione, prima di diventare Arcivescovo di Algeri Vesco ha vissuto 10 anni alla guida della diocesi algerina di Orano. Papa Francesco ha deciso di crearlo Cardinale nel Concistoro di sabato 7 dicembre. Una nuova condizione - è convinto l’Arcivescovo Vesco - da vivere nell’orizzonte aperto della fraternità universale, nel servizio alla “Chiesa-mosaico” d’Algeria. Un segno che «mi chiama e mi spinge a essere più umile, perché mi riporta costantemente al mistero del perché mai sono stato scelto».<br /><br /><br />Lei, Frate Predicatore, per descrivere il tratto proprio della Chiesa in Algeria ha utilizzato l’immagine della “Chiesa della discrezione”. Cosa vuol dire predicare e confessare il Vangelo “con discrezione"?<br /><br />JEAN-PAUL VESCO: Quando parlo di discrezione della Chiesa, non intendo dire che non abbiamo il diritto di fare niente. Il Vangelo si annuncia ‘opportune et importune’ attraverso la testimonianza, ma con discrezione, cioè nel rispetto della fede dell'altro. La specificità dell'annuncio del Vangelo in Algeria, nel mondo musulmano, è che parte da una vita condivisa tra persone che hanno già una fede, una fede differente. In questo senso, si tratta di una situazione diversa rispetto a quelle di prima evangelizzazione o alla testimonianza resa in società come quelle dell'Europa scristianizzata. <br /><br />Per me la testimonianza evangelica non può essere separata dal rispetto per la fede dell'altro. Io testimonio ciò che vivo, parlo quando sono interrogato, rendo ragione della mia fede, ma lo faccio accettando che c'è nell'altro qualcosa, una verità che mi sfugge. Sono arrivato in Algeria per rinnovare una presenza domenicana dopo la morte di Pierre Claverie . Misteriosamente, benché non l'avessi mai conosciuto, ho sentito che c’era un legame spirituale tra di noi. Lui diceva: «Nessuno possiede Dio, nessuno possiede la verità, e io ho bisogno della verità degli altri».<br /><br />La Chiesa d’Algeria e le altre Chiese di rito latino del Nord Africa adesso afferiscono al Dicastero per l’Evangelizzazione, il Dicastero “missionario”. Cosa vuol dire essere missionari nei vostri Paesi?<br /><br />VESCO: Per me la figura ultima del missionario è quella della fraternità e dell'amicizia. Ripenso alla Dichiarazione sulla fratellanza umana di Abu Dhabi, che non è solo un ennesimo documento sul dialogo interreligioso, ma è il gesto compiuto da due persone, due capi religiosi, due uomini che non cercano di convincersi a vicenda. Il Papa e il Grande Imam sono due uomini che apprezzano la fede dell'altro. E questo non era mai esistito a un tale livello. Quando ho visto questi due uomini guardarsi e sorridere, ho visto due fratelli. Ho percepito l'amicizia tra loro. Quando ho avuto un'udienza con Papa Francesco, gli ho detto che questa era la cosa che mi aveva colpito di più del suo Pontificato, perché si ricollega alla nostra esperienza in Algeria. <br /><br />A cosa si riferisce, in particolare? <br /><br />VESCO: Qualche mese prima c'era stata la beatificazione dei 19 martiri d’Algeria a Notre-Dame di Santa Cruz, a Orano, e alla fine della celebrazione i volti erano luminosi, illuminati da enormi sorrisi. Tre mesi dopo, all'incontro di Abu Dhabi, ho visto lo stesso sorriso tra Papa Francesco e il Grande Imam Ahmed al Tayyeb.<br /><br />La più grande testimonianza evangelica che la Chiesa può dare è quella della fratellanza, la fratellanza tra di noi, cominciando dall’interno della Chiesa. «Da questo tutti vedranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» dice Gesù… Il Papa vuole far emergere proprio questo nella Chiesa di oggi.<br /><br /><br />Come si può sperimentare e come si manifesta la fraternità tra persone di fedi diverse?<br /><br />VESCO: Certo, non basta dire: “Questo è mio fratello o questa è mia sorella”. In Algeria tutti si chiamano fratello o sorella, il modello è quello della famiglia. Ma quando un algerino musulmano a volte mi dice “tu sei mio fratello”, sta dicendo una cosa seria. Sta dicendo che sei mio amico. E in quel momento avviene qualcosa dell'ordine della trasmissione della fede.<br /><br />Nessun musulmano, anche se colto, mi ha mai detto qualcosa di veramente essenziale sulla nostra fede. D'altra parte, abbiamo bisogno della fede dell'altro. Ho bisogno di entrare in contatto con musulmani di buona fede, non per credere nella loro fede, ma per entrare in uno scambio autentico; e per mostrare loro qualcosa della mia fede. L'amicizia, come la fraternità, si basa sulla gratuità della relazione. Finché non c'è relazione gratuita, non credo che il tesoro del Vangelo possa essere trasmesso.<br /><br /><br />La storia recente della Chiesa d’Algeria è segnata dall’esperienza del martirio. Questa esperienza come ha cambiato il vostro cammino?<br /><br />VESCO: La Chiesa d’Algeria è una Chiesa di martiri, e i nostri martiri sono martiri della fraternità. Papa Francesco ha inviato un messaggio il giorno della beatificazione, dicendosi persuaso che che quell’evento senza precedenti avrebbe tracciato “nel cielo algerino un grande segno di fraternità indirizzato a tutto il mondo”… Se sono martiri, è perché hanno corso il rischio di vivere: potevano andarsene, e sono rimasti, e per questo il loro è un martirio di fratellanza.<br /><br /><br />Spesso le sofferenze subite da cristiani vengono evocate per accrescere contrapposizione e condanna verso figure e gruppi identificati come nemici e persecutori…<br /><br />VESCO: negli stessi anni segnati dalle morti cruente di quei martiri, furono uccisi in Algeria più di 100 Imam e 200mila musulmani. La forza della testimonianza dei martiri è che hanno voluto rimanere per condividere un destino comune. La loro morte convalidava il loro impegno a vivere una determinata vita. Abbiamo voluto che i 19 fossero beatificati insieme per riaffermare che sono stati la testimonianza di un'intera Chiesa in un momento particolare della storia, in mezzo a un popolo.<br /><br /><br />Cosa vuol dire, come ha detto Lei, che la Chiesa in Algeria è stata “purificata” dalla vicenda dei martiri?<br /><br />VESCO: Sono arrivato in questa Chiesa nel 2002, in un momento in cui la vita stava tornando alla normalità, ma niente era già come prima… La gente doveva reimparare a vivere, e non era facile. Era un po' come dopo una guerra: gli eroi tornano alla società normale, ma è inevitabilmente complicato. Un gesuita, Paul Decisier, diceva: eravamo persone ordinarie che vivevano in una situazione straordinaria, e ora bisognava ritornare all’ordinario. È stato molto toccante per me vederli attraversare questo passaggio.<br /><br />Il colore rosso legato al cardinalato richiama il sangue dei martiri… Lei concorda?<br /><br />VESCO: La mia scelta come Cardinale rimane un mistero profondo per me... Ma qualunque sia la ragione per cui sono stato nominato, ciò che conta è che io mi chieda adesso cosa vuole per me il Signore. <br />Il rosso del Cardinalato mi rende umile, perché so di non meritarlo rispetto a tanti altri. Vorrei che fosse un segno di semplicità. Non mi rende un principe della Chiesa, al contrario mi chiama e mi spinge a essere più umile perché mi riporta costantemente al mistero del perché mai sono stato scelto.<br /><br /><br />Come è iniziata la sua vocazione sacerdotale e religiosa?<br /> <br />VESCO: Il mio ingresso nei domenicani è stato molto improvviso. Sono entrato a 33 anni, ero avvocato e avevo sempre sentito la vocazione di essere avvocato. Avevo sempre immaginato la mia vita sotto forma di vocazione, che a un certo punto si è concretizzata nel coinvolgimento nei sindacati e nella politica, e poi come consigliere comunale. Sono diventato avvocato, e allora ho avuto l'impressione di aver raggiunto il soffitto di cristallo. Avevo raggiunto tutto quello che volevo, ma non avevo trovato la felicità, mancava ancora qualcosa. <br />Questo soffitto di cristallo è crollato a Lisieux il 14 agosto 1994. Ero andato a trovare un amico monaco e quel giorno c'era un'ordinazione sacerdotale. Ho percepito che il Signore mi stava chiamando in quel momento. C'è stato un prima e un dopo quel 15 agosto 1994, quando ho detto sì nell’intimo del mio cuore.<br /><br /><br />E i Domenicani cosa c’entrano?<br /><br /><br />VESCO: Avevo uno zio domenicano, Jean-Luc Vesco, e si dava il caso che il mio studio fosse accanto al convento in cui viveva, così andavo spesso a trovarlo e mi dicevo sempre che se un giorno avessi preso gli Ordini sacri, sarebbe stato ovunque, tranne che dai domenicani… Poi però, in un modo molto misterioso, ho avvertito che era lì che dovevo andare.<br /><br /><br />La lettera di Avvento di voi Vescovi del Nord Africa ha detto che non si può sfruttare la Bibbia per giustificare la guerra e l’occupazione…<br /><br />VESCO: Il 10 ottobre 2023, tre giorni dopo il 7 ottobre, ho scritto che ciò che Hamas aveva fatto era inescusabile, ma non senza cause. Ho vissuto a Gerusalemme per due anni, sono andato a Gaza, ho vissuto l'umiliazione di queste persone e ho anche conosciuto molti israeliani che erano contro Netanyahu. Tutto ciò che posso constatare è che per più di 20 anni Netanyahu e i suoi alleati non hanno voluto la pace, non hanno voluto una soluzione a due Stati, e siamo effettivamente in una logica di annientamento. Questa politica è genocida, il che significa che non c'è via d'uscita se non dopo aver assolutamente distrutto un popolo come tale. La nostra posizione come Conferenza episcopale è quella di dire che la guerra non porta la pace. La guerra schiaccerà, ma non porterà la pace. <br /><br /><br />Quali sono le responsabilità internazionali in quello che succede in Terra Santa e Medio Oriente?<br /><br />VESCO: Trovo molto difficile assistere alla colonizzazione degli ultimi 20 anni nel XXI secolo. Colonizzazione per schiacciamento ed espulsione. Il mondo intero sta tornando alla regola del più forte. È sempre stato così, anche se c'è stato un periodo in cui abbiamo sperato che fosse diverso. Quando sono nato, avrei potuto credere che gli equilibri sarebbero stati regolati, ma non è stato così. <br /><br />La morale politica che sta prendendo forma in molte parti del mondo è la legge del più forte. E la pace e la felicità dei popoli non possono essere costruite su questa immoralità. <br />Fri, 06 Dec 2024 10:57:30 +0100ASIA/BAHRAIN - Il ruolo essenziale e vitale delle donne per la missione della Chiesahttps://www.fides.org/it/news/75762-ASIA_BAHRAIN_Il_ruolo_essenziale_e_vitale_delle_donne_per_la_missione_della_Chiesahttps://www.fides.org/it/news/75762-ASIA_BAHRAIN_Il_ruolo_essenziale_e_vitale_delle_donne_per_la_missione_della_ChiesaManama – "Le donne non sono solo parte integrante delle nostre comunità di fede, ma sono anche essenziali per la prosperità della missione della nostra Chiesa” ha detto il vescovo Aldo Berardi, O.SS.T., Vicario Apostolico di Arabia del nord, in occasione dell’incontro su Discepolato e partecipazione femminile in una chiesa sinodale in missione. “Queste due giornate vogliono rappresentare una testimonianza del nostro impegno a garantire la loro piena partecipazione” – rimarca il vescovo all’apertura della due giorni tenutasi il 29 e 30 novembre nella Cattedrale Nostra Signora d’Arabia di Awali e nella Chiesa del Sacro Cuore di Manama.<br /><br />L’iniziativa è nata da un’idea di AVONA Women delle donne del Vicariato Apostolico di Arabia del nord insieme al vescovo Berardi, a favore del dialogo, dell'istruzione e di iniziative che elevano il ruolo delle donne nella Chiesa. Il programma è stato accolto con una partecipazione entusiasta e ha generato vivaci discussioni sui modi per integrare ulteriormente le donne nei processi decisionali e migliorare la loro visibilità nelle dottrine e nelle pratiche della Chiesa.<br /><br />Tra i relatori, Pascale Debbane, coordinatrice regionale della sezione di ascolto e dialogo - Medio Oriente, ha parlato della visione più ampia della Chiesa sinodale e del ruolo significativo che le donne svolgono nel dare forma alla missione e alla direzione della Chiesa. <br /><br />Dare voce alle donne all'interno della Chiesa e ispirarne la partecipazione attiva alle missioni ecclesiastiche è stato tra gli obiettivi di questo incontro che ha visto tra i partecipanti anche p. Joseph Savarimuthu, che insieme a Debbane fa parte del Dicastero per la promozione dello sviluppo umano, e suor Milagros Sandoval della Congregazione delle Suore Serve dello Spirito Santo dalle Filippine. <br /><br />"In questi tempi di oscurità, divisione e conflitti in tutte le forme nella società, il programma AVONA Women's è luce e speranza per le persone, in particolare per le donne di AVONA. Sono grata di aver interagito con loro", ha affermato suor Milagros condividendo una prospettiva spirituale e missionaria del suo lavoro nelle Filippine.<br /><br />Il successo di questa iniziativa segna un passo significativo verso il pieno riconoscimento del contributo essenziale e vitale delle donne nel lavoro missionario.<br /><br /> <br />Fri, 06 Dec 2024 10:14:37 +0100AFRICA/NIGERIA - Liberato il Padre Spiritano rapito il 30 novembrehttps://www.fides.org/it/news/75761-AFRICA_NIGERIA_Liberato_il_Padre_Spiritano_rapito_il_30_novembrehttps://www.fides.org/it/news/75761-AFRICA_NIGERIA_Liberato_il_Padre_Spiritano_rapito_il_30_novembreAbuja – “Padre Gerald Ohaeri, che era stato rapito la sera del 30 novembre, è stato rilasciato ed è in buone condizioni di salute” afferma il comunicato della Provincia sud-orientale della Nigeria della Congregazione Spirito Santo , con il quale è stata annunciata la liberazione del religioso rapito lungo la strada Ugwogo Nike-Opi, mentre rientrava a Isiro, nello Stato di Enugu, nella Nigeria sud-orientale .<br />P. Ohaeri è docente alla scuola spiritana di Filosofia a Isienu, Nsukka. <br />Fri, 06 Dec 2024 10:06:03 +0100AFRICA/SUDAN - “Continuate a pregare per il Sudan affinché questa guerra insensata e tragica giunga alla fine”: le missionarie evacuate da Dar Mariamhttps://www.fides.org/it/news/75759-AFRICA_SUDAN_Continuate_a_pregare_per_il_Sudan_affinche_questa_guerra_insensata_e_tragica_giunga_alla_fine_le_missionarie_evacuate_da_Dar_Mariamhttps://www.fides.org/it/news/75759-AFRICA_SUDAN_Continuate_a_pregare_per_il_Sudan_affinche_questa_guerra_insensata_e_tragica_giunga_alla_fine_le_missionarie_evacuate_da_Dar_Mariamdi Antonella Prenna<br /><br />Roma – “Il giorno in cui è iniziata la guerra a Khartoum, il 15 aprile 2023, avevamo avuto gli ultimi esami dell’anno scolastico. Verso le 11 ci siamo resi conto che al cancello della scuola c'erano molte persone che erano venute a prendere i loro figli. Regnava il panico. Non sapevamo nulla di quello che era successo qualche ora prima. Abbiamo rapidamente raccolto i compiti e i bambini sono stati portati via immediatamente senza neanche consumare la loro colazione come al solito. Molti sono rimasti perché nessuno delle loro famiglie è venuto a prenderli. Così i nostri 2 insegnanti li hanno riportati a casa con le loro auto. Quel giorno ha segnato la fine dell'anno scolastico 2023 e, fino ad oggi, nessuna scuola ha potuto riaprire. I bambini sono sparsi ovunque, purtroppo alcuni di loro sono morti, alcuni sono rimasti feriti. I combattimenti hanno bloccato tutto”.<br /><br />Suor Teresa Roszkowska è una delle cinque Figlie di Maria Ausiliatrice rimaste bloccate un anno e quattro mesi, insieme ad un sacerdote salesiano di Don Bosco e venti cittadini sud-sudanesi, nella missione di Dar Mariam, a Khartoum, in un’area sotto il controllo delle Saf-Forze armate sudanesi, circondata dalle Rsf-Forze di supporto rapido dal 15 aprile 2023 giorno del golpe . Il gruppo è stato portato in salvo dalle forze armate del Sudan il 5 agosto 2024, proprio nel giorno dell’anniversario della fondazione dell’Istituto delle FMA. <br /><br />La missionaria, di passaggio in Italia prima di rientrare in Polonia, sua terra natia, ha condiviso con l’Agenzia Fides questo lungo periodo di sofferenza che tuttora perdura a Khartoum.<br /><br />“Quando è iniziata la guerra non pensavamo di dover lasciare la nostra missione. Eravamo 5 suore, 4 di noi dall'India e io dalla Polonia. Verso la fine di maggio si è unito a noi un sacerdote salesiano dall'India, direttore della nostra scuola sudanese. I combattimenti si avvicinavano sempre di più – rimarca suor Teresa. A causa dei continui racket del RSF molte persone sono rimaste ferite, tante sono morte. Da noi a Dar Mariam iniziavano ad arrivare molti poveri, senzatetto e madri con bambini piccoli. Avevamo ancora del cibo dalla scuola, sacchi di fagioli, lenticchie, riso, e così siamo riusciti a sfamare tutti quelli che venivano da noi, chiunque a prescindere dalle appartenenze religiose. Molti bambini sono rimasti con noi giorno e notte, e per loro abbiamo organizzato delle lezioni tutti insieme.<br /><br />“L’età dei bimbi che erano con noi non superava i 15 anni, il più piccolo aveva 5 giorni. Ci tengo a precisare che abbiamo lavorato come una comunità, non come individui, e questa realtà ci ha profondamente toccate tutti indistintamente – rimarca suor Teresa. E’ difficile poter descrivere lo strazio che abbiamo nei nostri cuori ma non ci siamo mai scoraggiate a siamo andate avanti tutti insieme”.<br /><br />“Poi il 3 novembre 2023 una bomba ha colpito la nostra casa distruggendola e, dopo 2 giorni, il 5 novembre, un'altra bomba è caduta sulla nostra scuola, distruggendo anche quella. Grazie a Dio nessuno è morto, solo pochi di noi sono rimasti feriti ma non gravemente. Dio e la Madonna ci hanno protetti e salvati. Non riusciamo ad immaginare il danno che questa esplosione avrebbe potuto causare. Siamo così grati fino ad oggi che il nostro esercito SAF ci ha protetti e si è preso cura di noi. Molto spesso i generali ci hanno fatto visita, portando cibo, medicine, e quelli tra noi che erano molto malati venivano portati al loro ospedale a Omdurman.”<br /><br />“In questi lunghi mesi siamo rimasti isolati da tutti e da tutto. Intorno a noi solo distruzione. Fino a quando un giorno il generale dell'esercito Nazruddin, e il suo team ci hanno regalato il WiFi così da poterlo utilizzare finchè fossimo rimasti qui. Tuttavia, da maggio 2023 non abbiamo più avuto elettricità. Avevamo un generatore e lo accendevamo ogni due giorni per pompare acqua per noi e per tutte le persone bisognose che vivevano intorno a noi. Il diesel era esaurito, l’aiuto dell'esercito ci ha permesso di andare avanti. La situazione diventava sempre più difficile e fortunatamente ci hanno fornito i pannelli solari. Ci tengo a precisare – evidenzia la missionaria - che nessun membro della RSF è mai entrato nel nostro complesso, siamo stati ben protetti dall'esercito SAF. I soldati spesso portavano del cibo per i nostri bambini, e per tutti noi. Sappiamo che i soldati della RSF in altri luoghi di Khartoum hanno distrutto chiese e fatto razzie. Hanno distrutto grandi statue della Madonna e di Gesù cercando dentro denaro e oro. Hanno preso le auto di proprietà della Chiesa, laptop, computer, medicine... distruggendo tutto quello che non hanno potuto prendere.”<br /><br />“Quando la situazione stava peggiorando, i nostri superiori insistevano perchè lasciassimo il Paese ma era impossibile. Le strade erano bloccate dai ribelli. Nella missione eravamo al sicuro e abbiamo comunicato che non ci saremmo mossi se la nostra gente non fosse stata evacuata con noi. Hanno accettato ed è iniziato il processo. Prima era stato fatto un accordo con la Croce Rossa Internazionale che avrebbe dovuto evacuarci insieme ai nostri 112 membri il 10 dicembre 2023, ma non è andato in porto. In seguito, i leader della SAF, il generale Nuzrudin e il generale Omer al Noaman , ci hanno fatto visita e ci hanno detto di tenerci pronti perché ci avrebbero avvisati solo 2 ore prima dell'evacuazione. Il 27 luglio 2024 è arrivata la notizia che verso le nove di sera saremmo stati evacuati, prima solo noi suore e preti, in quanto stranieri. Il giorno dopo gli altri, ma solo poche persone erano pronte per essere evacuate. Gli altri, più di 50, sono rimasti a Dar Mariam. E’ stato un momento terribile quando abbiamo dovuto lasciare senza dire addio perchè dormivano già i nostri bambini, la nostra povera gente con cui abbiamo vissuto 16 mesi. Solo poche madri si sono accorte che ce ne stavamo andando. Siamo stati portati in macchina al buio sulla riva del fiume. Molti soldati erano con noi per aiutarci. Tutto è stato fatto in segreto. C'era una grande barca nella quale ci siamo sdraiati per non essere visti. Ci sono voluti circa 50 minuti per raggiungere Omdurman. All’arrivo, a notte fonda abbiamo trovato delle macchine pronte per portarci alla casa delle suore di Madre Teresa. A Omdurman un militare responsabile della nostra sicurezza ha comprato cibo per tutti, ha portato alcuni di noi in ospedale per controlli, fornito medicine e tutto ciò di cui avevamo bisogno. Poi, il 6 agosto ci ha portati a Port Sudan dove hanno preparato i documenti di cui avevamo bisogno.” <br /><br />“Per la nostra evacuazione sono stati fondamentali anche i missionari Comboniani in Sudan. E ancora adesso collaborano con noi per i nostri poveri rimasti nella Missione Dar Mariam in Shajara, Khartoum, sono circa 70 - 80 adulti e quasi 20 bambini”.<br /><br />“Di recente abbiamo saputo che la nostra gente rimasta a Dar Mariam, a Shajara, non è più tanta e che il generale Nazrudin e altri li vanno a trovare regolarmente, hanno portato zanzariere e cibo per loro. Continuate a pregare per il Sudan affinché questa guerra insensata e tragica giunga alla fine e che Dio possa concedere il dono di una pace duratura all’intera nazione!” ha concluso suor Teresa.<br /><br />Le FMA sono arrivate in Sudan il 24 gennaio 1989, inviate dalle Superiori della Congregazione Suore Salesiane di Don Bosco per aiutare le consorelle che erano in Sudan già nel 1983, ma a quel tempo si trovavano nel Sudan meridionale. A Shajara avevano l'asilo e la scuola elementare. In totale 850 studenti provenienti da famiglie povere, un gruppo di quasi 100 bambini, che a causa della guerra o di altre circostanze diverse non andavano mai a scuola, ragazzi e ragazze, musulmani e cristiani. <br /><br />Thu, 05 Dec 2024 12:34:26 +0100ASIA/PAKISTAN - In Avvento, la testimonianza di unità e cooperazione interreligiosa per  promuovere la coesistenza pacificahttps://www.fides.org/it/news/75755-ASIA_PAKISTAN_In_Avvento_la_testimonianza_di_unita_e_cooperazione_interreligiosa_per_promuovere_la_coesistenza_pacificahttps://www.fides.org/it/news/75755-ASIA_PAKISTAN_In_Avvento_la_testimonianza_di_unita_e_cooperazione_interreligiosa_per_promuovere_la_coesistenza_pacificaLahore - Prendersi cura e promuovere l'armonia tra comunità ferite dalla violenza e dalla paura: con questo obiettivo una delegazione interreligiosa si è recata nella zona di Kahna Nau, nei pressi di Lahore, per assicurarsi che, dopo gli episodi di tensione interreligiosa verificatisi nelle scorse settimane, la situazione non degenerasse e tornasse a orientarsi verso il dialogo la pacifica coesistenza. La delegazione , guidata da p. Lazar Aslam OFM Cap, comprendeva, tra gli altri, il Pastore Asif Ehsan Khokar, lo studioso e leader islamico Mufti Syed Ashif Hussain, Chaudhry Kamran Pervez, presidente del National Peace Committee del Punjab.<br />All'inizio di novembre nella zona di Kahna Nau un episodio di presunta blasfemia ha causato disordini e allarme nella comunità locale. Un giovane tossicodipendente della comunità cristiana, affetto da problemi di salute mentale, aveva appiccato il fuoco alla propria casa, bruciando pagine del Corano e della Bibbia. La scoperta di pagine del Libro sacro all'islam bruciate ha causato tensioni e alcuni giovani musulmani hanno minacciato di attaccare i cristiani locali, causando paura tra le famiglie dei fedeli locali. Grazie alla rapida azione dei leader religiosi della comunità e della polizia, la situazione è stata efficacemente disinnescata, impedendo che degenerasse in incidenti più gravi. La comunità cristiana ha espresso gratitudine per il tempestivo intervento che ha garantito la loro sicurezza.<br />La delegazione ha evidenziato l'importanza dell'armonia e del dialogo interreligioso nel prevenire i conflitti e promuovere la comprensione tra le diverse comunità. Padre Lazar Aslam sottolinea a Fides: "La continua cooperazione tra le comunità religiose in Pakistan è fondamentale per un'armonia duratura. Come francescani rimaniamo impegnati a promuovere la pace attraverso il dialogo, che riteniamo sia la strada per la vera armonia. In questo tempo di Avvento, un tempo spirituale di preghiera fiduciosa e di pace, vogliamo mostrare, uniti, ai cristiani locali la nostra vicinanza, testimoniando che il rispetto reciproco tra musulmani e cristiani è essenziale per il bene del Pakistan".<br />I leader musulmani presenti hanno concordato, rimarcando che "solo la coesistenza pacifica garantirà un futuro prospero e armonioso per il Pakistan". "Come sottolinea il Profeta Maometto nella Carta di Medina, l'armonia e il dialogo interreligiosi sono possibili solo sulla base di uguaglianza, rispetto e accettazione", hanno detto.<br />I membri della delegazione interreligiosa hanno confermato che continueranno a impegnarsi nel territorio del Punjab per promuovere il dialogo, il rispetto reciproco e l'armonia interreligiosa, "un approccio essenziale per costruire e diffondere una cultura di pace e tolleranza in tutto il Pakistan, a partire dalla giovani generazioni", hanno sottolineato.<br /> Thu, 05 Dec 2024 09:50:31 +0100VATICANO/UDIENZA GENERALE - Papa Francesco: Evangelizzare non è volere predicare noi stessi ma Gesù Signorehttps://www.fides.org/it/news/75758-VATICANO_UDIENZA_GENERALE_Papa_Francesco_Evangelizzare_non_e_volere_predicare_noi_stessi_ma_Gesu_Signorehttps://www.fides.org/it/news/75758-VATICANO_UDIENZA_GENERALE_Papa_Francesco_Evangelizzare_non_e_volere_predicare_noi_stessi_ma_Gesu_SignoreCittà del Vaticano – Evangelizzare “non è volere predicare noi stessi ma Gesù Signore”. Papa Francesco è tornato in piazza San Pietro per l’appuntamento infrasettimanale dell’Udienza generale e, dopo aver compiuto il giro in papamobile dispensando carezze, benedizioni e caramelle ai bambini, ha continuato il ciclo di catechesi dedicate all’azione dello Spirito Santo, focalizzandosi sul ruolo della terza persona della Trinità “nella predicazione della Chiesa”.<br /><br />L’Udienza però inizia con una novità assoluta: la scorsa settimana il Pontefice aveva annunciato che l’Udienza generale si sarebbe arricchita della traduzione in lingua cinese. E così è stato. Per la prima volta il brano biblico e la sintesi della catechesi sono state lette in cinese.<br /><br />Nella sua riflessione, il Vescovo di Roma ha ricordato “i due elementi costitutivi della predicazione cristiana: il suo contenuto, che è il Vangelo, e il suo mezzo, che è lo Spirito Santo”. Ma se si guarda con più attenzione si può notare che “la predicazione di Gesù e, in seguito, quella degli Apostoli, contiene anche tutti i doveri morali che scaturiscono dal Vangelo, a partire dai dieci comandamenti fino al comandamento ‘nuovo’ dell’amore”.<br /><br />E “se non si vuole ricadere nell’errore denunciato dall’apostolo Paolo di mettere la legge prima della grazia e le opere prima della fede, è necessario ripartire sempre di nuovo dall’annuncio di ciò che Cristo ha fatto per noi”. Per questo, ha spiegato il Papa, “nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium ho insistito tanto sulla prima delle due cose, cioè sul kerygma, o “proclamazione”, da cui dipende ogni applicazione morale”. Esso, si legge nel documento papale, “nella catechesi ha un ruolo fondamentale. Quando diciamo che questo annuncio è ‘il primo’, ciò non significa che sta all’inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con altri contenuti che lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché è l’annuncio principale, quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la catechesi in una forma o nell’altra. Non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio”.<br /><br />Ma il Vangelo, ha sottolineato il Pontefice, “dev’essere predicato mediante lo Spirito Santo. La Chiesa deve trasmettere, insieme con le idee e la dottrina, la vita e la profonda convinzione della nostra fede. Significa fare affidamento non su ‘discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza’, come scrisse San Paolo”.<br /><br />“Facile a dirsi – si potrebbe obbiettare –, ma come metterlo in pratica se non dipende da noi, ma dalla venuta dello Spirito Santo?”, si è domandato il Papa, che al quesito ha risposto così: “In realtà, c’è una cosa che dipende da noi, anzi due. La prima è la preghiera. La seconda è non volere predicare noi stessi, ma Gesù Signore”.<br /><br />E a braccio ha aggiunto: “Questa è la predicazione. Tante volte ci sono predicazioni lunghe, 20 minuti o più… i predicatori devo predicare un’idea, un affetto e un invito a fare. Se dura più di 8 minuti la predica non funziona”. Un applauso si è levato dalla piazza suscitando una battuta da parte del Papa: “Vedo che vi piace sentire questo. Ma tante volte vediamo che c’è chi esce fuori a farsi la sigaretta, per favore mai andare oltre i 10 minuti, questo è molto importante”.<br /><br />“Chiunque è impegnato nell’evangelizzazione sa bene che cosa significa, nella pratica, non predicare sé stessi. Mi limito a un’applicazione particolare di tale esigenza. Non volere predicare sé stessi implica anche non dare sempre la precedenza a iniziative pastorali promosse da noi e legate al proprio nome, ma collaborare volentieri, se richiesto, a iniziative comunitarie, o affidateci dall’obbedienza”, ha concluso il Vescovo di Roma.<br /><br />Infine, nel salutare i pellegrini di lingua italiana, il Pontefice ha lanciato l’ennesimo appello per la pace: “Per favore, continuiamo a pregare per la pace. La guerra è una sconfitta umana, non risolve i problemi, la guerra è cattiva, distrugge”. “Preghiamo per i paesi in guerra. Non dimentichiamo la martoriata Ucraina, non dimentichiamo la Palestina, Israele, il Myanmar. Tanti bambini morti, tanti innocenti morti! Preghiamo perché il Signore ci faccia arrivare alla pace. Preghiamo sempre per la pace”, ha aggiunto. Wed, 04 Dec 2024 12:31:25 +0100VATICANO - Le Udienze papali del mercoledì anche in cinese. L’importanza di un nuovo donohttps://www.fides.org/it/news/75757-VATICANO_Le_Udienze_papali_del_mercoledi_anche_in_cinese_L_importanza_di_un_nuovo_donohttps://www.fides.org/it/news/75757-VATICANO_Le_Udienze_papali_del_mercoledi_anche_in_cinese_L_importanza_di_un_nuovo_dono<p ><iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/glb6JeVf82A?si=1z-wG_n4jPGAor8x" title="YouTube video player" frameborder="0" allow="accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture; web-share" referrerpolicy="strict-origin-when-cross-origin" allowfullscreen></iframe></p><br />di Gianni Valente<br /><br />Città del Vaticano - «Con grande piacere». Con queste parole Papa Francesco ha introdotto oggi l’annuncio dell’inserimento del cinese tra le lingue in cui vengono lette le sintesi delle sue catechesi durante le Udienze generali del mercoledì. Con l’occasione, il Papa ha anche voluto rivolgere il suo «cordiale saluto alle persone di lingua cinese qui presenti e a quelle collegate tramite i mezzi di comunicazione. Su tutti voi e sulle vostre famiglie» ha aggiunto il Vescovo di Roma «invoco la gioia e la pace. Dio vi benedica»,<br /><br />Nello schema delle udienze generali, le parti in lingua cinese vengono lette subito dopo gli interventi pronunciati in spagnolo, e prima di quelli letti in portoghese. <br /><br />Davanti alla moltitudine raccolta in una piazza San Pietro inondata dal sole, a leggere in cinese il brano della Lettera di san Paolo ai Corinti, la sintesi della catechesi e i saluti rivolti dal Papa a chi parla la lingua di Confucio è stata Marta Zhao Nan, responsabile della edizione cinese della nostra Agenzia Fides. <br /><br />Nata a Pechino in una famiglia cattolica da generazioni, Marta Zhao lavora e scrive per Fides dal 1998 quando la edizione da lei curata fu lanciata come primo bollettino cattolico missionario in lingua cinese, in occasione dell’apertura del Sinodo Continentale sull’Asia. In quei giorni, l'Agenzia Fides pubblicò l'intervista di Mattia Duan Yinming, il grande Vescovo di Wanxian che non era potuto venire al Sinodo, nonostante l'invito ricevuto. Le sue parole raggiunsero l'aula sinodale grazie a quella intervista. Nell’agosto di quello stesso anno, la redazione di Fides consegnò il primo bollettino stampato in ideogrammi cinesi a Giovanni Paolo II.<br /><br />L’inserimento del cinese tra le lingue che risuonano in Piazza San Pietro o nell’Aula Paolo VI in occasione delle udienze generali è un bel dono innanzitutto per i cattolici cinesi sparsi per tutto il mondo. Per cogliere la portata e i risvolti della decisione presa dal Papa, più che soffermarsi sulle strategie della “politica vaticana” nei confronti della Cina conviene guardare al vincolo suggestivo e singolare che unisce il Magistero ordinario dei Successori di Pietro al Sensus Fidei dei cattolici cinesi. <br /><br />L’Agenzia Fides, grazie soprattutto al lavoro quotidiano di Marta Zhao, documenta da decenni l’affetto e la immediatezza con cui le comunità cattoliche cinesi fanno tesoro dei suggerimenti e delle indicazioni pastorali che arrivano loro dalla Chiesa di Roma e dal suo Vescovo<br /><br />Migliaia di notizie pubblicate online dal 1998 hanno attestato come le parrocchie cattoliche cinesi portano avanti il loro cammino quotidiano seguendo sempre gli orientamenti del magistero ordinario del Successore di Pietro. Anche nelle fasi storiche recenti più tribolate, la sequela del magistero ordinario dei Pontefici è diventata via privilegiata per vivere in maniera reale la comunione della Chiesa di Cina con la Chiesa universale, nelle condizioni date.<br /> <br />Il Magistero ordinario del Papa ispira in linea diretta tanta parte dell’ordito vitale di preghiere, liturgie, catechesi e iniziative pastorali che scandiscono la vita ecclesiale quotidiana delle singole diocesi e delle singole comunità cattoliche cinesi. <br /><br />È notizia di questi giorni il moltiplicarsi delle iniziative messe in corso per approfondire i contenuti della Bolla papale “Spes non confundit” in vista del Giubileo.<br /><br />Anche il Cardinale Luis Antonio Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, in un intervento svolto nella Sede di Civiltà Cattolica ha documentato con esempi concreti la sollecitudine con cui le comunità cinesi hanno fatto tesoro del Magistero ordinario degli ultimi tre Papi. <br /><br />Nel 2004, quando Giovanni Paolo II proclama l’Anno dell’Eucaristia, nelle messe di tante parrocchie cinesi i sacerdoti spiegano le ragioni dell’Anno dell’Eucaristia commentando la Lettera apostolica d’indizione, Mane nobiscum Domine.<br /><br />Nel 2008, quando Benedetto XVI lancia l’iniziativa di un Anno speciale dedicato a San Paolo, comunità e diocesi in Cina danno vita a una serie impressionante di iniziative dedicate all’Apostolo delle Genti. Si fanno corsi di teologia missionaria, e conferenze sulla vocazione missionaria che riguarda tutti i battezzati. E quando Papa Ratzinger convoca l’Anno sacerdotale, nella diocesi di Jinzhong, già alla fine di giugno del 2009 viene presentata e studiata la Lettera del Papa ai Sacerdoti, mentre il vescovo Giovanni Battista Wang Jin regala a ogni prete una copia in cinese degli scritti di San Giovanni Maria Vianney.<br /><br />Lo stesso avviene quando Papa Benedetto XVI annuncia l’Anno della Fede . La Lettera apostolica Porta fidei, con cui Benedetto XVI ha indetto il nuovo anno speciale, viene letta e approfondita in alcune giornate di studio organizzate nelle diocesi, mentre in diocesi come Fengxian si organizzano corsi di preparazione per i catechisti, «chiamati a trasmettere l’annuncio del vangelo con speciale dedizione nell’Anno della Fede».<br /><br />Anche con Papa Francesco i cattolici cinesi manifestano con semplicità il loro desiderio di camminare nella fede degli Apostoli seguendo l’aiuto e il sostegno che viene dal magistero ordinario del Pontefice. nell’Anno Santo della Misericordia, tanti Vescovi diffondono lettere pastorali per rilanciare il magistero di Papa Francesco.<br /><br />Durante i primi mesi della pandemia, quando le liturgie quotidiane e i momenti di preghiera del Vescovo di Roma venivano trasmessi ogni giorno in diretta televisiva. gruppi di giovani cattolici cinesi, grazie alle loro competenze digitali, riuscivano a far arrivare nelle case le immagini delle messe del Papa, insieme alla traduzione simultanea in cinese delle sue omelie.<br /><br />Nel Messaggio rivolto da Papa Francesco ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale nel 26 settembre 2018 il Pontefice ha scritto che i cattolici cinesi sono quotidianamente presenti «nella mia preghiera», e a nome dell’intera Chiesa cattolica ha espresso gratitudine «per il dono della vostra fedeltà, della costanza nella prova, della radicata fiducia nella Provvidenza di Dio, anche quando certi avvenimenti si sono dimostrati particolarmente avversi e difficili». <br /><br />Da oggi, anche le catechesi papali del mercoledì potranno confermare e nutrire il reciproco affetto preferenziale che unisce nella fede il Vescovo di Roma e i cattolici cinesi. Wed, 04 Dec 2024 11:40:36 +0100ASIA/COREA DEL SUD - Legge marziale, caos a Seoul. I Vescovi di Corea: “Yoon chieda scusa ai cittadini e si assuma le responsabilità di quanto accaduto”https://www.fides.org/it/news/75756-ASIA_COREA_DEL_SUD_Legge_marziale_caos_a_Seoul_I_Vescovi_di_Corea_Yoon_chieda_scusa_ai_cittadini_e_si_assuma_le_responsabilita_di_quanto_accadutohttps://www.fides.org/it/news/75756-ASIA_COREA_DEL_SUD_Legge_marziale_caos_a_Seoul_I_Vescovi_di_Corea_Yoon_chieda_scusa_ai_cittadini_e_si_assuma_le_responsabilita_di_quanto_accadutodi Pascale Rizk<br /><br />Seoul – “Il comportamento del presidente Yoon, uomo falso, che nega ciò che esiste e afferma ciò che non esiste, non ci sorprende più. Ci chiediamo: come può ci si può comportare in questo modo?”. <br /><br />Se il gruppo di 1.466 sacerdoti cattolici, inclusi cinque membri di alto rango del clero, si aspettava una riposta alla dichiarazione pubblicata una decina di giorni fa con la quale criticavano il Presidente per aver trascurato le sue responsabilità costituzionali, accusandolo di alimentare la divisione della società e chiedendone le dimissioni, questa non è tardata ad arrivare. <br /><br />Alle 10 di ieri sera, infatti, il presidente Yoon Suk Yeol ha proclamato l’istituzione della legge marziale in diretta tv. Yoon ha affermato di voler proteggere la democrazia tramite la legge marziale per “sradicare le forze filo-nordcoreane e proteggere l’ordine democratico costituzionale”.<br /><br />Alle 2 di notte, orario di Seoul, il voto del Parlamento ha revocato la legge con 190 voti su 300. Un voto reso possibile dall’arrivo nel palazzo dei parlamentari nonostante il blocco imposto dai militari. <br /><br />Erano le 10 anche 44 anni fa, quando la repressione e l’opera dell'esercito sudcoreano sfociò nel massacro di Gwangju il 18 maggio 1980, quale risposta alla rivolta popolare dopo gli eventi del 1979 e 1980. <br /><br />A stretto giro torna a farsi sentire la Chiesa cattolica. In una nota diffusa nella mattina di oggi, 4 dicembre, la Conferenza Episcopale Coreana afferma: “L’imposizione della legge marziale d'emergenza ieri sera deve aver tenuto molti coreani svegli durante la notte. A meno che non ci sia una necessità urgente, le procedure di governo e amministrative di uno Stato dovrebbero essere svolte in modo normale e dovrebbero essere note ai cittadini”.<br /><br />La nota reca in calce la firma del portavoce della Conferenza Episcopale Coreana, Matthias Iong-hoon RI, attuale vescovo di Suwon - la seconda Diocesi più importante del Paese - che insieme alla delegazione Faith and Ministry aveva incontrato Papa Francesco in piazza San Pietro a Roma al termine dell’udienza generale di una settimana fa, il 27 novembre, per chiedere al Pontefice di pregare per la pace nella penisola coreana e di effettuare una visita a Pyongyang al momento opportuno per mediare pacificamente le relazioni fra le due Coree. <br /><br />“Noi che confessiamo la nostra unità in Cristo, specialmente coloro che hanno vissuto la tragedia della guerra di Corea, preghiamo affinché le attuali tensioni non degenerino in una terza guerra mondiale e che venga stabilito uno stato di pace nella penisola coreana. Questo significativo incontro diventi un trampolino di lancio per la pace e l'unificazione della penisola coreana”, le parole della delegazione coreana dette al Pontefice sette giorni fa. <br /><br />Tornando alla lettera diffusa oggi dai Vescovi cattolici, nel documento si legge: “Gli studiosi di diritto costituzionale sono concordi nell'affermare che la dichiarazione di legge marziale d'emergenza del presidente Yoon presenta molti problemi di legittimità procedurale. Sebbene lo stato di emergenza sia stato revocato a seguito di un voto parlamentare, è discutibile se la questione fosse abbastanza grave e urgente da giustificare tale dichiarazione, revocata dopo solo sei ore”.<br /><br />“Molti chiedono al Presidente se sia stata una decisione giusta quella di dichiarare la legge marziale nel 2024, istituita solo durante il regime militare, quando non c'era alcuna invasione nemica esterna o minaccia visibile di guerra”, continuano i Vescovi, che nella parte finale si rivolgono direttamente al Presidente Yoon: “È imperativo che il Presidente si presenti personalmente al popolo per spiegare quanto è accaduto, scusandosi sinceramente con la popolazione e assumendosi la responsabilità del processo di dichiarazione e revoca della legge marziale. La nostra democrazia è stata costruita con grandi sacrifici. La Chiesa cattolica in Corea sostiene attivamente ed è solidale con il popolo coreano per salvaguardare la nostra democrazia, costruita con il sangue e il sudore di molte persone nel corso degli anni”. <br /><br />“Chiediamo con forza al presidente Yoon Seok-yul e al governo di rispondere sinceramente alle richieste della Chiesa cattolica coreana e del popolo coreano”, conclude la lettera. <br />Wed, 04 Dec 2024 10:09:37 +0100AFRICA/NIGERIA - Rapito un padre spiritano nel sud-est della Nigeriahttps://www.fides.org/it/news/75754-AFRICA_NIGERIA_Rapito_un_padre_spiritano_nel_sud_est_della_Nigeriahttps://www.fides.org/it/news/75754-AFRICA_NIGERIA_Rapito_un_padre_spiritano_nel_sud_est_della_NigeriaAbuja – Un padre spiritano è stato rapito in Nigeria. Si tratta di padre Gerald Ohaeri, sequestrato la sera del 30 novembre. Secondo quanto riporta una nota della Provincia sud-orientale della Nigeria della Congregazione Spirito Santo , p. Ohaeri è stato catturato nei pressi di Opi, Nsukka lungo la strada Ugwogo Nike-Opi mentre era di ritorno a Isienu dopo aver celebrato una messa a Enugu, capitale dell’omonimo Stato nella Nigeria sud-orientale.<br />Secondo la stampa nigeriana la stessa banda che ha rapito il religioso avrebbero anche tentato di rapire un esponente del Peoples Democratic Party , uno dei maggiori partiti nigeriani.<br />La strada Ugwogo Nike-Opi è presa di mira da tempo da bande di rapitori che, nonostante il massiccio dispiegamento di forze di sicurezza nell’area, continuano ad agire impunemente <br />P. Ohaeri è docente alla scuola spiritana di Filosofia a Isienu, Nsukka. Si tratta del seminario maggiore degli Spiritani fondato nel 1965 nella diocesi di Nsukka. <br />Wed, 04 Dec 2024 08:40:28 +0100AFRICA/GHANA - Elezioni presidenziali; i Vescovi auspicano un voto “libero, giusto e pacifico”https://www.fides.org/it/news/75753-AFRICA_GHANA_Elezioni_presidenziali_i_Vescovi_auspicano_un_voto_libero_giusto_e_pacificohttps://www.fides.org/it/news/75753-AFRICA_GHANA_Elezioni_presidenziali_i_Vescovi_auspicano_un_voto_libero_giusto_e_pacificoAccra – “Se un partito dovesse distinguersi e dire "non voglio la pace", allora non merita di essere votato, quindi è nel suo interesse che firmi e accetti questo accordo di pace", ha affermato Mathew Kwasi Gyamfi, Vescovo di Sunyani, Presidente della Conferenza Episcopale del Ghana, alla vigilia della firma del “patto di pace” per le elezioni presidenziali del 7 dicembre.<br />Il Presidential Election Peace Pact è stato in effetti firmato il 28 novembre dai 12 candidati alla presidenza. Con questo accordo i candidati si impegnano a mantenere la pace e la stabilità durante e dopo le elezioni e a condurre le loro campagne in modo da promuovere l'unità e la stabilità nazionale.<br />Il patto è stato sottoscritto anche dall’ex Presidente John Mahama candidato del National Democratic Congress nonostante le riserve espresse in precedenza sull’iniziativa. Hanno aggiunto la loro firma personaggi chiave del governo, come il Presidente Nana Addo Dankwa Akufo-Addo , l'Ispettore generale della polizia, il Presidente della Corte Suprema, il Coordinatore della sicurezza nazionale e il Procuratore generale.<br />Il Presidential Election Peace Pact è promosso dal National Peace Council e dall’Institute for Democratic Governance . Il primo è un ente stabilito con una legge nazionale, nel cui Consiglio, composto da tredici personalità nominate dal Presidente, figura pure Emmanuel Kofi Fianu, Vescovo di Ho. Tra le sue funzioni vi sono la prevenzione e la risoluzione dei conflitti.<br />Il secondo è un istituto privato istituito in Ghana nel 2000 per contribuire alla "creazione di una società giusta e libera”.<br />Nel loro messaggio di Avvento i Vescovi ghaniani esortano “i cattolici a impegnarsi responsabilmente nel processo elettorale, guidati dai valori del Vangelo e a partecipare alle elezioni non solo come elettori, ma anche come cittadini attivi che contribuiscono al bene comune della nazione”. I Vescovi invitano inoltre a non farsi “influenzare dalla retorica divisiva o dalle promesse vuote, ma di promuovere candidati che lavoreranno per il benessere di tutti, in particolare dei poveri, degli emarginati e dei vulnerabili".<br />"Siamo vigili nell'assicurare che le elezioni siano libere, giuste e pacifiche. In tutto ciò che facciamo durante questo periodo elettorale, assicuriamoci di mettere il nostro caro Paese, il Ghana, al di sopra dei nostri interessi e ambizioni politiche, in modo che la vera pace prevalga in Ghana prima, durante e dopo le elezioni” concludono.<br />L’economia è al centro della campagna elettorale di quest’anno, in un Paese dove l’inflazione rimane alta dopo il picco del 54,1% nel 2022. I due principali sfidanti sono l’attuale vicepresidente Mahamudu Bawumia, candidato del New Patriotic Party e John Mahama dell’NDC. <br />Wed, 04 Dec 2024 08:13:13 +0100AFRICA/ETIOPIA - “La forza della nostra gente è una fede radicata”: il vicario apostolico di Soddohttps://www.fides.org/it/news/75752-AFRICA_ETIOPIA_La_forza_della_nostra_gente_e_una_fede_radicata_il_vicario_apostolico_di_Soddohttps://www.fides.org/it/news/75752-AFRICA_ETIOPIA_La_forza_della_nostra_gente_e_una_fede_radicata_il_vicario_apostolico_di_Soddodi Antonella Prenna<br /><br />Roma – “La nostra forza, la forza della nostra gente, del nostro vicariato e della nostra diocesi è la fede. Abbiamo una fede molto radicata, le persone confidano in Dio, ripongono la speranza in Dio che il futuro riserverà loro qualcosa di buono.” Il neo eletto Vicario apostolico di Soddo, Dejene Hidoto Gamo, O.F.M. Cap., in un incontro con l’Agenzia Fides condivide priorità, impegno, ed entusiasmo dopo la sua nomina proprio in quella che è la sua diocesi di origine. <br /><br />“La reazione alla mia nomina è stata travolgente. Quando il Nunzio mi ha chiesto di incontrarlo per comunicarmela sono rimasto sopraffatto perché non me lo sarei mai aspettato. Dio voleva che rendessi il mio servizio in questo modo e così ho pregato e ho accettato la sua volontà” – rimarca il Cappuccino.<br /><br />“Celebrerò la mia prima messa come vescovo il 9 febbraio 2025 a Dubbo proprio presso il santuario Nostra Signora di Lourdes a cui sono molto legato e dove sono stato parroco dal 2000 al 2006. Prima della mia nomina episcopale sono stato coordinatore pastorale per sette mesi, durante i quali ho cercato di studiare il contesto e ho realizzato che le necessità pastorali per i giovani, i bambini piccoli dai 13 ai 14 anni sono diverse. Ho organizzato incontri con i sacerdoti per scoprire quali fossero le priorità nelle varie parrocchie, per poi scoprire che le necessità sono quasi le stesse e variano a seconda della regione.”<br /><br />“Il nostro vicariato è molto vasto e comporta un grande impegno sia a livello culturale che politico - prosegue il vescovo Dejene. Confiniamo con il Kenya a sud, e a sud-ovest con Jima Bonga, che è un altro vicariato. Politicamente Soddo è il secondo più grande in termini di gruppi etnici, con una conseguente diversità di lingue, culture e purtroppo un numero di sacerdoti molto limitato per servire l’intera area. In tutto abbiamo 25 sacerdoti, la gente ci chiede di aprire una nuova presenza cattolica ma con questi pochi numeri abbiamo grosse difficoltà – rimarca il presule che mette in luce le difficoltà a promuovere la formazione dei giovani. Inoltre, i sacerdoti non hanno una residenza e sono costretti ogni giorno a viaggiare per raggiungere le diverse parrocchie con un grande dispendio economico. “Tuttavia non ci scoraggiamo, le chiese sono piene di ragazzi e, insieme ai parroci e altri sacerdoti, stiamo cercando di lavorare per fare sì che possano fiorire sempre più vocazioni.”<br /><br />“La Chiesa cattolica è molto apprezzata, la stima e l’affetto che ci circondano sono enormi, ci sono grati per le attività sociali che portiamo avanti nelle varie aree. Le autorità politiche ci rispettano, così come pure i diversi gruppi di fede, perché promuoviamo la pace. Siamo molto conosciuti, infatti, per la nostra pacifica convivenza con le altre fedi religiose. Ogni volta che c'è un piccolo conflitto, preferiscono chiamare i cattolici a testimoniare e riconciliare altri gruppi.”<br /><br />“In merito all’istruzione, anche se la situazione è diversa da luogo a luogo, manteniamo il nostro impegno nelle scuole. A Soddo e nella zona del Wolayta, ad esempio, mancava la consapevolezza di quanto fosse importante mandare i figli a scuola, ma ora quasi tutti lo fanno. Il che non accade se si va al sud, vicino al confine con il Kenya, dove i bambini non sono ancora incoraggiati a studiare, in particolare le donne. In alcune zone la maggior parte dei giovani non si iscrive all'università, il tasso di disoccupazione è molto elevato e mancando il lavoro i ragazzi emigrano. Le ragazze vanno prevalentemente nei paesi arabi e molto spesso diventano musulmane. I ragazzi emigrano in Europa o in altri paesi, e purtroppo spesso capita che muoiano durante il viaggio, in particolare nel Mediterraneo.”<br /><br />“L'intera popolazione dell'Etiopia è ora vicina ai 120 milioni di persone e noi siamo una minoranza, circa il 2%. Tuttavia, ben radicati nella fede e nella speranza continuiamo a lavorare insieme alla gente” conclude il Vicario apostolico. <br /><br /> <br />Wed, 04 Dec 2024 15:06:30 +0100ASIA/SIRIA - Jacques Mourad, Arcivescovo di Homs: Vogliono far finire la grande storia dei cristiani di Aleppohttps://www.fides.org/it/news/75751-ASIA_SIRIA_Jacques_Mourad_Arcivescovo_di_Homs_Vogliono_far_finire_la_grande_storia_dei_cristiani_di_Aleppohttps://www.fides.org/it/news/75751-ASIA_SIRIA_Jacques_Mourad_Arcivescovo_di_Homs_Vogliono_far_finire_la_grande_storia_dei_cristiani_di_Aleppodi Gianni Valente<br /><br />Homs – “Siamo veramente stanchi. Siamo veramente sfiniti, e siamo anche finiti, in tutti i sensi”. Le parole di padre Jacques, come sempre, vibrano della sua fede e della sua storia. <br />Jacques Mourad, monaco della Comunità di Deir Mar Musa, dal 3 marzo 2023 è Arcivescovo siro cattolico di Homs, la città dove continuano a arrivare i profughi in fuga da Aleppo, tornata in mano ai gruppi armati dei “ribelli” jihadisti. Lui ad Aleppo c’è nato, li ha alcuni tra i ricordi e i compagni di destino più cari. Lui, figlio spirituale di padre Paolo Dall’Oglio nel maggio 2015 era stato sequestrato da un commando di jihadisti e aveva vissuto lunghi mesi di prigionia, dapprima in isolamento e poi insieme a più di 150 cristiani di Quaryatayn, presi anche loro in ostaggio nei territori allora conquistati da Daesh. Anche per questo padre Jacques sa cosa dice, quando ripete che “non possiamo sopportare tutta questa sofferenza delle genti che arrivano qui distrutte, dopo 25 ore di strada. Assetati, affamati, infreddoliti, senza più niente”. Il racconto che condivide con l'Agenzia Fides è come sempre una testimonianza di fede. Una fede che domanda “perché tutto questo, perché dobbiamo sopportare questa sofferenza”, E intanto si muove con sollecitudine operosa, verso le vite che fuggono da Aleppo di nuovo straziata. <br /><br />“La situazione a Homs” racconta padre Jacques “è pericolosa. Tanti profughi di Aleppo, anche cristiani, sono arrivati da noi nei primi giorni dopo l’assalto dei gruppi armati, passando per la strada vecchia. Non eravamo pronti per tutto questo, abbiamo fatto subito un incontro tra i Vescovi e abbiamo organizzato due punti di accoglienza con l’aiuto dei Gesuiti e anche contando sulla disponibilità di sostegno espressa da Œuvre d’Orient e da Aiuto alla Chiesa che Soffre. Per aiutare i profughi serve cibo, materassi, coperte e diesel”.<br /> <br />La carità operosa si coniuga con un giudizio lucido e incalzante su quello che sta succedendo. “E’ una sofferenza immensa, i siriani sono sconvolti per quello che è stato fatto. Chi e come ha deciso di fare questa azione dei gruppi armati, quando tutti conosciamo quello che abbiamo visto per anni, quello che accade quando un gruppo armato entra in un paese, e subito la reazione del governo e dei russi è quella di bombardare le città e i villaggi occupati… Perché fanno questo strazio di Aleppo? Perché vogliono distruggere questa città storica, simbolica, importante per tutto il mondo? Perché il popolo siriano deve pagare ancora, dopo 14 anni di sofferenza, di miseria, di morte? Perché siamo così abbandonati in questo mondo, in questa ingiustizia insopportabile?”<br /><br />L’Arcivescovo di Homs dei siri cattolici non ha remore a chiamare in causa “la responsabilità delle potenze straniere, America, Russia, Europa… Hanno tutti responsabilità diretta di quello che è successo a Aleppo”. Un “crimine” prosegue padre Jacques “che è un pericolo per tutta l’area, per Hama, per la regione di Jazira”, e dove la “responsabilità diretta non ricade solo sul regime o sui gruppi armati ribelli, ma sulla Comunità internazionale”, e sui “giochi politici che tutti stanno facendo in quest’area”. <br /><br />Padre Jacques, che nella sua diocesi stava lavorando a rilanciare i corsi di catechismo dei bambini e dei ragazzi come punto reale di ripartenza per le comunità cristiane dopo gli anni di dolore della guerra, ha ben presente i sentimenti che ora cominciano a attraversare i cuori di tanti fratelli e sorelle nella fede: “Dopo l’azione di questi gruppi armati” dice all’Agenzia Fides “i cristiani di Aleppo saranno convinti che non si può rimanere a Aleppo. Che per loro è finita. Che non hanno più una ragione per rimanere. Questa cosa che si sta facendo a Aleppo è per far finire la storia ricca, grande e unica dei cristiani di Aleppo”. .Tue, 03 Dec 2024 14:00:47 +0100ASIA/MYANMAR - Rinuncia e nomina del Vescovo di Pyayhttps://www.fides.org/it/news/75750-ASIA_MYANMAR_Rinuncia_e_nomina_del_Vescovo_di_Pyayhttps://www.fides.org/it/news/75750-ASIA_MYANMAR_Rinuncia_e_nomina_del_Vescovo_di_PyayCittà del Vaticano - Papa Francescoha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Pyay , presentata da S.E. Mons. Alexander Pyone Cho. Il Pontefice ha nominato Vescovo della medesima Diocesi il Rev. Sac. Peter Tin Wai, del clero della Diocesi Pyay, finora Parroco della St. John the Baptist Catholic, Kyaukpyu.<br /><br />S.E. Mons. Peter Tin Wai è nato il 2 luglio 1965 a Natshinchaung. Ha studiato Filosofia presso il Seminario Maggiore di Pyin Oo Lwin e Teologia presso il Seminario Maggiore di Yangon. È stato ordinato sacerdote il 21 marzo 1999 per il clero di Pyay.<br /><br />Ha ricoperto i seguenti incarichi e svolto ulteriori studi: Vicario Parrocchiale di Sacred Heart, Rakhine ; Licenza in Teologia Morale presso la Pontificia Accademia Alfonsiana a Roma ; Parroco di St. Mary’s, Natshinchaung, Minbya Township ; Professore di Teologia Morale presso l’Istituto di Teologia del Seminario Maggiore St. Joseph, Yangon ; Rettore del Seminario Minore St. Paul, Pyay ; Cancelliere Diocesano di Pyay ; dal 2017, Parroco di St. John the Baptist Catholic, Kyaukpyu. Tue, 03 Dec 2024 12:52:43 +0100ASIA/INDIA - Festa di San Francesco Saverio, il Cardinale Tagle a Goa: I veri messaggeri di Dio non pubblicizzano se stessi e non “creano” il loro messaggiohttps://www.fides.org/it/news/75749-ASIA_INDIA_Festa_di_San_Francesco_Saverio_il_Cardinale_Tagle_a_Goa_I_veri_messaggeri_di_Dio_non_pubblicizzano_se_stessi_e_non_creano_il_loro_messaggiohttps://www.fides.org/it/news/75749-ASIA_INDIA_Festa_di_San_Francesco_Saverio_il_Cardinale_Tagle_a_Goa_I_veri_messaggeri_di_Dio_non_pubblicizzano_se_stessi_e_non_creano_il_loro_messaggioGoa – “I veri messaggeri di Dio si rallegrano di non essere gli unici ad essere stati chiamati: hanno compagni, non concorrenti, nel cammino”. Nel giorno in cui la Chiesa universale commemora San Francesco Saverio, Patrono delle missioni cattoliche, il cardinal Luis Antonio Gokim Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione nella città vecchia di Goa celebrare messa nella Cattedrale dove, da oltre una settimana, è in corso l’ostensione del corpo del grande missionario gesuita.<br /><br />L’evento, che si ripete ogni dieci anni, ed è caratterizzato da una solenne processione con le spoglie del Santo , traslate nella Cattedrale di Goa. <br /><br />“L'esposizione delle sue sacre reliquie aggiunge un significato speciale alla celebrazione di quest'anno del grande santo”, sottolinea il Cardinale Tagle durante la solenne celebrazione eucaristica. L’ostensione del corpo San Francesco Saverio, "in carne e ossa, sembra ora ricordarci: siamo messaggeri della Buona Novella”. Ed è proprio su questi due termini – messaggeri e Buona Novella - che il Pro-Prefetto del Dicastero missionario ha intessuto le considerazioni della sua omelia.<br /><br />“Nella nostra vita quotidiana, un messaggero è colui che porta un messaggio o svolge una commissione per un superiore o per qualcuno che lo ha assunto per quel compito”. E così è anche nella Bibbia, dove “gli angeli, i profeti e gli apostoli sono esempi fulgidi di messaggeri di Dio”. Gesù stesso, ha fatto notare il Cardinale, “è il messaggero supremo del Padre”. <br /><br />Tutti i messaggeri biblici, ha proseguito il Cardinale prendendo come esempi il Profeta Geremia e l’Apostolo Paolo, “sono chiamati a trasmettere il messaggio di Dio agli altri e alle nazioni”. Per loro “tutto inizia con la chiamata benevola di Dio”. Geremia “fu sopraffatto dalla chiamata di Dio e protestò, invocando la sua giovinezza come limitazione. Non disse: Grazie per aver scelto me e non gli altri, sono veramente il migliore. Anche San Paolo ammise di essere il più piccolo di tutti i santi, poiché in passato perseguitava la Chiesa, ma fu comunque chiamato”. <br /><br />I messaggeri chiamati da Dio – ha voluto rimarcare il Cardinale Filippino – “vedono la loro piccolezza davanti alla grandezza del Signore che chiama e alla grandezza della missione”. Essi “non si presentano, promuovono o pubblicizzano se stessi, né cercano di essere scelti, né creano il proprio messaggio. I veri messaggeri sono sorpresi di essere stati notati da Dio, rimangono umili mantenendo uno stile di vita semplice e un atteggiamento mite. I veri messaggeri affrontano rifiuti, minacce e persecuzioni”. Sono “come colombe, non come lupi, perché dipendono dalla bontà di Dio. I veri messaggeri si rallegrano di non essere gli unici ad essere stati chiamati da Gesù: hanno compagni, non concorrenti, nel cammino”.<br /><br />Nella storia, invece, fa notare Tagle, “anche ai nostri giorni, abbiamo assistito e assistiamo all'esistenza di falsi messaggeri”, persone che “pretendono di essere dèi, portando disastri alla società” poiché animati “dai falsi dèi della superiorità, dell'ambizione, dell'avidità, della discriminazione, dell'ingiustizia, dell'indifferenza e della violenza”. <br /><br />Il Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione. passando a descrivere che cosa è la Buona Novella, seconda realtà al centro della sua riflessione, ha citato nuovamente San Paolo, secondo il quale “la Buona Novella è il mistero di Cristo, ‘che non è stato rivelato agli esseri umani in altre generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito, che i gentili sono co-eredi, membri dello stesso corpo e co-partecipi della promessa in Cristo Gesù mediante il Vangelo’”. La Buona Novella, dunque, “è che Dio offre il Suo Regno attraverso Gesù nello Spirito Santo. Dove Dio regna, i muri e le barriere che separano le persone l'uno dall'altro vengono abbattuti. Coloro che permettono a Gesù di regnare nei loro cuori non vedranno più gli altri come estranei, minacce e nemici, ma come fratelli e sorelle”.<br /><br />La Buona Novella, ha rimarcato il Cardinale Tagle, “non è una promessa vuota, un sogno irraggiungibile. La Buona Novella è Gesù” che oggi “ci chiama a essere i Suoi messaggeri”. E per esserlo Tagle invita a guardare a San Francesco Saverio “come ispirazione e modello”. <br /><br />“Inizialmente – ha ricordato il Pro-Prefetto del Dicastero missionario – Francesco Saverio “era scettico riguardo a Ignazio di Loyola e alla sua visione” ma poi “divenne uno dei primi compagni di Ignazio e cofondatore della Compagnia di Gesù. Non era il primo scelto da Ignazio per essere inviato nelle Indie Orientali. Ma quando il piano originale non si concretizzò, Ignazio acconsentì a malincuore che Francesco ne prendesse il posto”. Del resto, “Dio può chiamare anche le seconde scelte”. <br /><br />Giunto in Asia Francesco Saverio “proclamò il Vangelo con zelo in mezzo alle difficoltà, portando solo i libri essenziali per la preghiera e il catechismo. Non fu l'ambizione né la conquista che gli diedero energia. Fu l'amore per Gesù che lo aveva amato per primo. Solo l'amore, questo è tutto ciò che contava. Il messaggio diede coraggio al messaggero. Il messaggero incarnò il messaggio”, ha concluso il Cardinale Tagle. <br /><br />Alla vigilia della festa di San Francesco di Sales, il Pro-Prefetto dei Dicastero per l'Evangelizzazione ha partecipato all'inaugurazione Meeting of the International Societies of Apostolic Life a Pilar , evento che si svolge ogni due anni e che quest'anno è ospitato dalla Società Missionaria di San Francesco Saverio, conosciuta anche come Società del Pilar, fondata a Goa nel 1887 dal padre Bento Martins. All'evento, che si svolgerà fino 6 dicembre 2024 e che ha come tema "Camminare insieme: incontrare nuove frontiere", stanno partecipando delegati provenienti da ogni parte del mondo in rappresentanza di 29 Istituti di vita apostolica.<br /><br />Nel suo discorso, il cardinale Tagle ha parlato del concetto di "frontiera" in relazione all'evangelizzazione. Frontiera, ha detto, non è solo "un confine fisico" ma spesso è anche "un insieme di dimensioni civili, storiche, culturali ed etniche". Per il Pro-Prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione, è "necessario essere consapevoli di queste frontiere" per dare "una vera testimonianza delle frontiere universali dell'amore cristiano". <br />Tue, 03 Dec 2024 11:34:44 +0100ASIA/CAMBOGIA - Il "Cristo mutilato" di Battambang, che abbraccia il dolore dei disabili di guerrahttps://www.fides.org/it/news/75748-ASIA_CAMBOGIA_Il_Cristo_mutilato_di_Battambang_che_abbraccia_il_dolore_dei_disabili_di_guerrahttps://www.fides.org/it/news/75748-ASIA_CAMBOGIA_Il_Cristo_mutilato_di_Battambang_che_abbraccia_il_dolore_dei_disabili_di_guerraBattambang - "Ci sono molti disabili in Cambogia: molti sono vittime della guerra civile e delle mine antiuomo disseminate sul territorio cambogiano. Nel mio cammino ho avuto una ispirazione dal Signore: in un casa di ritiro per esercizi spirituali in Portogallo ho visto l'immagine di un Cristo mutilato. Da allora quella immagine è divenuta ma mia croce pettorale", racconta all'Agenzia Fides il gesuita Enrique Figaredo Alvargonzález, Prefetto Apostolico di Battambang, missionario da 40 anni in terra cambogiana, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, che si celebra oggi, 3 dicembre. Indetta dalle Nazioni Unite dal 1981, la Giornata intende aumentare la consapevolezza e la comprensione dei problemi connessi alla disabilità e l'impegno per garantire dignità, diritti, opportunità e benessere delle persone con disabilità.<br />Il Prefetto Apostolico spiega tre significati profondi del "Cristo mutilato" che "danno motivazione, luce e gioia alle persone disabili": "Il primo significato: a Cristo manca una gamba, come accade ai tanti disabili in Cambogia. Gesù, nostro Signore, si identifica con le loro sofferenza, è come loro ed è con loro, vive la loro stessa sofferenza per redimerla. La gente può dire: Gesù è uno di noi, non siamo soli, Gesù soffre con noi. Il secondo significato: con le loro sofferenze, i disabili sono uniti alla sofferenza di Cristo per la salvezza del mondo. Vedono e comprendono un senso nel loro soffrire, e questo dona una luce nuova. Si uniscono a Cristo che soffre in tutti i poveri e in tutte le ingiustizie del mondo: sono accanto a Lui e con Lui offrono le loro sofferenze per la salvezza dell'umanità". Il terzo significato, prosegue, "è che il Corpo mistico del Signore è incompleto: nel corpo mistico di Cristo noi siamo le membra, mani, braccia, gambe, ma qualcosa manca; manca una gamba a causa della non-conoscenza e della non-accoglienza dell’amore di Dio. Il Signore è rifiutato da tanta umanità. La nostra missione è essere la parte che manca: questa è una missione che Cristo mutilato ci consegna, siamo chianti a completare il corpo mistico di Cristo per l'umanità. E', allora, un Cristo missionario, come dico sempre durante la messa. Noi siamo il Corpo di Cristo. Noi siamo chiamati a esprimere ed essere quello che manca per la pienezza del Corpo mistico, a renderlo completo. Questa missione accompagna e dà gioia anche alla vita dei disabili"<br /> Tue, 03 Dec 2024 10:39:29 +0100ASIA/IRAN - Francescano, astronomo, Cardinale un po’ per caso. Chi è Dominique Joseph Mathieu, primo porporato in terra iranianahttps://www.fides.org/it/news/75747-ASIA_IRAN_Francescano_astronomo_Cardinale_un_po_per_caso_Chi_e_Dominique_Joseph_Mathieu_primo_porporato_in_terra_iranianahttps://www.fides.org/it/news/75747-ASIA_IRAN_Francescano_astronomo_Cardinale_un_po_per_caso_Chi_e_Dominique_Joseph_Mathieu_primo_porporato_in_terra_iranianadi Gianni Valente<br /> <br />Papa Francesco lo ha chiamato a guidare l’antica sede episcopale di Ispahan, eretta già nel 1629, dopo averle cambiato il nome in Arcidiocesi di Teheran- Ispahan dei Latini. Poi ha deciso di crearlo Cardinale, nel Concistoro di sabato 7 dicembre. <br />Padre Dominique Joseph Mathieu, 61 anni, Francescano Conventuale, sarà per sempre il primo Cardinale titolare di una sede episcopale in terra iraniana. Non vanta “titoli” specifici che lo abbiano in qualche modo predestinato a tale incarico. Non ha studiato e non si è preparato tutta la vita in vista di assumere quella singolare missione, così delicata. <br />Eppure, se adesso si guarda indietro, tutto si ricompone e si riallinea, nella sua vita piena di cose. Nel flusso dei ricordi, dettagli a prima vista secondari gli appaiono adesso come snodi chiave del percorso. E ogni passo – confida oggi - «sembra avermi preparato in qualche modo alla condizione che sto vivendo adesso».<br /><br />ABBAZIE, MONASTERI E TERRE DI CONFINE<br />Dominique Joseph nasce a Arlon, nel Belgio francofono, e cresce nella fiamminga Bruges, la “Venezia del Nord”. Delle terre della sua infanzia e adolescenza ricorda anche i Monasteri e le grandi Abbazie, come quelle di Orval e Zevenkerken, visitate spesso con la famiglia. E fa i conti da subito con i crinali invisibili, linguistici e culturali, che dividono anche genti e ceti posti dalla storia a condividere lo stesso angolo di mondo. <br />La domenica, a Bruges, Dominique serve messa da chierichetto fino a 20 anni, anche in cattedrale. Partecipa alla messa quotidiana, insieme a qualche compagno di scuola. All’inizio sono una decina, e alla fine dei suoi corsi ne sono rimasti un paio. A un certo punto, per mancanza di partecipanti, la messa non si fa più. «Avevo 13 o 14 anni» ricorda oggi l’Arcivescovo Mathieu «e sono andato dal direttore della scuola per chiedere se si poteva ripristinare la celebrazione quotidiana. Il sacerdote tornava apposta nel pomeriggio, quando erano finite le lezioni, per celebrare una messa apposta per gli studenti. Ha fatto così per diversi anni, e spesso l’unico presente alla messa ero io. Questa cosa, quando ci penso, mi colpisce ancora adesso. È stata una testimonianza fortissima. Ora capita anche a me di celebrare da solo. E allora ripenso a quel prete, che per tanti anni ha celebrato messa solo per una persona, e lo ha fatto per me. Ripeto a me stesso che né io né lui abbiamo mai celebrato da soli, perché si celebra sempre la messa in comunione con tutta la Chiesa universale. E questa è la Chiesa»<br /><br />GESU’ E LE STELLE <br />A Bruges, già da giovanissimo, il futuro Arcivescovo di Teheran intreccia il suo cammino cristiano con la passione per l’astronomia. Il suo primo cannocchiale arriva quando ha 12 anni. Di notte scruta cielo e stelle. «Ma erano come due parallele che procedevano separate. Fino al giorno in cui ho percepito che anche scrutando lo spazio ero pieno di stupore e gratitudine per le meraviglie di Dio». <br /> Da quando è Vescovo, padre Mathieu ha messo un po’ da parte l’astronomia. Troppo poco tempo, e troppo complicato portare con sé gli strumenti per guardare e fotografare le stelle. Ma lo sorprende il destino di vivere oggi nella terra dove antichi sacerdoti scrutavano il cielo dall’alto degli Ziggurat. E per i battezzati che ora sono con lui, mette a frutto l’altra sua passione, la gastronomia, preparando dolci e cose buone da mangiare.<br /><br /><br />L’ORDITO FRANCESCANO<br />«Sono nato il 13 giugno, nel giorno di Sant’Antonio di Padova» rimarca padre Dominique. E per lui è solo il primo accento con cui il Santo di Assisi a voluto attirare la sua vocazione verso la grande famiglia dei figli di San Francesco. Monasteri, incontri con storie e epopee francescane, come quella dei Frati Cappuccini che a Arlon, la sua città natale, e in altri posti sceglievano di abitare sulle colline per vegliare e lanciare l’allarme in caso di incendi. Nella stanza della casa del nonno, trova i libri di un lontano parente che era stato missionario Cappuccino in Congo. «Leggevo con passione le storie degli Oblati di Maria Immacolata in Canada, e quelle dei missionari Gesuiti in Cina. Ma il libro che mi colpì di più fu un vecchio volume su San Francesco, con le pagine ingiallite». Un padre di origine olandese gli fa arrivare materiale informativo sul Francescano Conventuale Massimiliano Kolbe, martirizzato dai nazisti. Così, a 16 anni, Dominique trascorre la Settimana Santa nel Convento dei Francescani Conventuali di Lovanio. <br />Sono gli anni seguiti al Concilio Vaticano II, quando anche la vita religiosa sta cercando una nuova identità. Ci sono anche tensioni e dialettiche accese. «In refettorio mi capitò di vedere padri che litigavano tra loro, e questo non mi scandalizzò, anzi: voleva dire che eravamo con i piedi per terra, e i padri si mostravano per quello che erano, non volevano offrire di sé e della vita in convento un’immagine edulcorata». <br /> Quando entra in comunità, padre Mathieu sceglie proprio i Francescani Conventuali. Nel periodo di formazione trascorso in Belgio, non mancano problemi. Nelle Fiandre di allora si avverte la crescente ostilità verso i fiamminghi di lingua francofona, identificati come una aristocrazia che in passato aveva fatto soffrire gli altri conterranei. «Col tempo» aggiunge l’Arcivescovo di Teheran «mi sono riconciliato anche con quel periodo pieno di tensioni, che mi ha aiutato a prendere atto delle diversità e anche delle conflittualità senza coltivare pregiudizi verso i popoli e le culture».<br />Dominique Joseph è il primogenito maschio con due sorelle femmine. «I miei genitori mi dicevano che erano felici della mia vocazione, non mi hanno mai bloccato, ma mi ripetevano: se vedi che le cose non vanno, ricordati che puoi sempre tornare a casa. Questo all’inizio mi disturbava un poco. Poi ho compreso che il segno più grande del loro amore era proprio quel lasciare sempre aperta la loro porta».<br /><br />Dopo il Noviziato in Germania, del periodo di studio vissuto a Roma padre Dominique ricorda anche il tempo trascorso nel carcere di Regina Coeli, dove era Cappellano il suo confratello Vittorio Trani, da 50 anni grande testimone della missione tra i carcerati. «C’erano diversi detenuti musulmani» ricorda l’Arcivescovo Mathieu «e volevamo fare qualcosa per permettere loro di avere un luogo per pregare in prigione. Era un problema nuovo. Trovammo i tappetini e il Corano offerto dalla Moschea degli etiopi. Funzionò per qualche settimana, poi iniziarono i litigi. Chi doveva gestire logisticamente l’iniziativa allora non conosceva bene la differenza tra sciiti e sunniti…. Tornando in Belgio, anche lì mi interessai della pratica religiosa dei detenuti musulmani, ma lì il problema era affrontato da tempo, tutto era già rigorosamente regolato, e noi cristiani non potevamo nemmeno avere contatti coi musulmani per aiutarli. Fu allora che andai a studiare arabo letterario nella Moschea…». <br /><br />LA MISSIONE AL TEMPO DELLA SECOLARIZZAZIONE<br /><br />Ordinato sacerdote, padre Mathieu torna in Belgio e vive più di vent’anni la connotazione missionaria della sua vocazione religiosa in terre di secolarizzazione, dove si avverte forte la «deforestazione della memoria cristiana», come diceva il Cardinale belga Godfried Danneels. Oggi ricorda: «Da tempo non c’erano state vocazioni, e c’era un grande divario tra me e la generazione prima di me. In quella situazione, sapevo che non avrei mai ricevuto incitamenti a partire in missione. La missione era lì». <br />Si tratta di accettare la realtà delle cose. Le circostanze date. Padre Dominique diventa Vicario provinciale, e poi Provinciale, mentre il numero dei Frati diminuisce. Si susseguono accorpamenti, spostamenti, chiusure di case religiose. Si decide di concentrare i Francescani Conventuali nella casa di Bruxelles, dove loro hanno il convento immerso nei quartieri dell’immigrazione. Per non chiudere la Provincia belga, si chiede il sostegno delle altre Provincie conventuali in Europa. «Cercavamo le strade per operare facendo i conti con le conseguenze della secolarizzazione e della globalizzazione». Intorno a Padre Dominique si aggregano laici e laiche. Una comunità che già allora «mostrava di avere bisogno della sua libertà» per continuare a crescere lungo il cammino. <br /> <br />LA SORPRESA LIBANESE<br /> <br />Nel 1993, il futuro Arcivescovo di Teheran compie un viaggio in Libano per l'ordinazione sacerdotale di César Essayan, suo compagno di studio, attuale Vicario apostolico di Beirut per i cattolici di rito latino. Dopo la guerra civile, Beirut è ancora piena di macerie, carri armati dovunque. Eppure lo colpisce la forza di ripartire dei più poveri, rimasti nel Paese a soffrire tutto il dolore senza poter espatriare, e la fede del popolo che incontra nei santuari. Dieci anni dopo, e dopo il lungo tempo di lavoro pesante in Belgio, la sua vita volta pagina, quando lui si rende disponibile per andare proprio nel Paese dei Cedri. «Nel mio viaggio del 1993 avevo visto che in Libano c'era un potenziale di giovani da accompagnare nella loro crescita. A Beirut, mi sono ritrovato a operare in una parrocchia francofona, dove potevo immediatamente coinvolgermi nelle opere pastorali». In Libano assume anche l’incarico di Maestro dei novizi. E vive la gioia di poter riprendere i ritmi propri della vita comunitaria, a cui aveva dovuto rinunciare negli anni della missione in Belgio.<br /> In Libano è testimone delle tensioni tra il Paese in particolare Hezbollah-Amal, e Israele . Sempre in Libano, per la prima volta viene a sapere che nei Palazzi Vaticani si comincia a valutare la possibilità di chiedere a un francescano di andare come Vescovo in Iran.<br /><br />UN NOME PER L’IRAN<br />Nel 2019, il Generale dei Francescani Conventuali chiede a padre Mathieu di tornare a Roma, nella Curia generalizia presso la Basilica dei Santi XII Apostoli, come Assistente generale. <br />In quegli anni, dopo che in Iran è venuta meno tra il 2015 e il 2018 una esigua presenza di religiosi di rito latino, la proposta della Santa Sede ai Francescani Conventuali di indicare uno dei Frati da inviare in Iran rimane sul tavolo, finché il Padre generale dei Conventuali gli comunica di avere fatto il suo nome per rispondere alle sollecitazioni della Santa Sede. Ma sono i primi mesi della pandemia da Covid 19, e padre Dominique Joseph viene colpito dall’infezione polmonare in forma grave. Oggi racconta: «Avevo con me una reliquia di San Charbel portata dal Libano. Mi sono detto: se muoio e il Signore mi accoglie, non avrò più da pensare a tutto questo. Quindi, in ogni caso, non sono io che decido».<br /> <br /> <br />Invece padre Joseph Dominique guarisce. Ancora malmesso, va alla Congregazione per le Chiesa orientali, dove i superiori lo ringraziano e gli comunicano che «il Santo Padre è molto contento» per la sua disponibilità ad andare in Iran. «A dire il vero» confida oggi l’Arcivescovo di Teheran - Isfahan «io non avevo comunicato ufficialmente nessuna accettazione da parte mia. Non avevo detto si, e non avevo detto no. C’era solo quel pensiero che avevo avuto mentre immaginavo di poter morire, e avevo messo ogni decisione nelle mani del Signore».<br /> <br />FUORI DAI CONFORMISMI <br />Dominique Joseph Mathieu viene nominato Arcivescovo di Teheran-Ispahan dei Latini l’8 gennaio 2023. Nella sua nuova avventura, percepisce che dietro di sé, a sostenerlo, c’è la fraternità dei Francescani Conventuali: «Spesso» riconosce padre Mathieu «quando si parla di Frati Minori Conventuali si dà più importanza alla “minorità” e alla povertà. In realtà dovremmo far battere l’accento anche sulla fraternità. Prima di tutto siamo una fraternità». A Teheran, adesso, non ha nessun sacerdote che lo affianchi nella sua opera pastorale. E a differenza delle Chiese cattoliche di altro rito, quella di rito latino non ha alcun riconoscimento legale e nessuno status giuridico definito. Anche per questo gli incontri con i funzionari dei dipartimenti governativi possono a volte diventare estenuanti. <br />Per costituire una associazione riconosciuta dal punto di vista giuridico servono almeno 15 iraniani cattolici latini, e adesso gli appartenenti alla comunità cattolica di rito latino presenti in Iran sono soprattutto stranieri, personale di Ambasciata, donne arrivate da Filippine, Corea e altri Paesi.<br />Per questo, oggi, padre Dominique Joseph si augura che il cardinalato ricevuto sia utile soprattutto a aprire porte e intensificare la sua considerazione da parte degli apparati iraniani, accrescendo relazioni e contatti anche attraverso i canali tra Iran e Santa Sede, sempre rimasti aperti dopo la rivoluzione khomeinista. <br />C’è una specifica continuità nei rapporti tra la Repubblica islamica d’Iran e la Santa Sede che resiste a tutte le campagne e propagande anti-iraniane dilaganti in Occidente. <br /> <br /> <br />«In tutta la mia vita» fa notare l’Arcivescovo di Teheran «ho imparato a vivere in situazioni di confine, a riconoscere le diversità e a liberarmi dagli stereotipi e dai luoghi comuni nel guardare persone e popoli. Sicuramente - prosegue padre Dominique - la popolazione in Iran è molto accogliente, e mi rendo conto che è un Paese pieno di contrasti, lontano dalle caricature in circolazione».<br /><br />LE PORTE CHIUSE POSSONO APRIRSI<br />In Iran i cattolici di rito latino sono davvero un piccolo gregge. Circa 2000 persone, di cui almeno 1300 vengono dalle Filippine. Realtà esigue, che aprono domande sul senso e l’orizzonte della missione, sulla scelta di custodire comunque una presenza e anche una diocesi in quella situazione. L’Arcivescovo di Teheran- Ispahan, non ha esitazioni. Racconta: «un mio confratello mi ha raccontato di una persona che prima di diventare cristiana aveva pregato per più di 10 anni davanti alla porta chiusa di una chiesa armena nel nord dell’Iran. Pregare davanti a una porta fa capire l’importanza di esserci. Una porta è una porta, anche se rimane chiusa, e prima o poi potrebbe aprirsi per mostrare l’amore di Cristo per tutti, con i gesti più che con le parole, come suggeriva San Francesco». <br /> Intanto, l’opera a cui dedicare tempo e energie è tutta racchiusa nelle dinamiche elementari della vita ecclesiale: le messe, il catechismo, la celebrazione dei sacramenti, le opere di carità. Le stesse dinamiche che nella ordinarietà dei giorni si vivevano e condividevano nei monasteri e nei beghinaggi del Belgio, tra i quali padre Dominique è cresciuto. <br />Tue, 03 Dec 2024 09:39:27 +0100AMERICA/NICARAGUA - Il Papa scrive al Popolo di Dio del Nicaragua: "Fede e speranza fanno miracoli"https://www.fides.org/it/news/75746-AMERICA_NICARAGUA_Il_Papa_scrive_al_Popolo_di_Dio_del_Nicaragua_Fede_e_speranza_fanno_miracolihttps://www.fides.org/it/news/75746-AMERICA_NICARAGUA_Il_Papa_scrive_al_Popolo_di_Dio_del_Nicaragua_Fede_e_speranza_fanno_miracoliCittà del Vaticano - "Abbiate la certezza che la fede e la speranza compiono miracoli". Lo scrive Papa Francesco in una lettera indirizzata al popolo di Dio in pellegrinaggio in Nicaragua in occasione della celebrazione della novena dell'Immacolata Concezione.<br /><br />Nella missiva, scritta e pubblicata in lingua spagnola, il Pontefice, consapevole della situazione che sta vivendo il Nicaragua, rivela che "da tempo" desiderava scrivere "una lettera pastorale per ribadire, ancora una volta, l'affetto che nutro per il popolo nicaraguense, che si è sempre distinto per un amore straordinario verso Dio". <br /><br />"Sono con voi, specialmente in questi giorni in cui state celebrando la novena dell'Immacolata Concezione", aggiunge il Vescovo di Roma ricordando che "la Provvidenza amorevole del Signore è l'unica guida sicura. Proprio nei momenti più difficili, quando umanamente diventa impossibile capire cosa Dio voglia da noi, siamo chiamati a non dubitare della sua cura e misericordia. La fiducia filiale che avete in Lui e la vostra fedeltà alla Chiesa sono i due grandi fari che illuminano la vostra esistenza".<br /><br />Il Papa invita tutti i nicaraguensi a guardare all'Immacolata, "testimonianza luminosa di questa fiducia. Voi avete sempre sperimentato il suo abbraccio materno in tutte le vostre necessità" e per questo, sottolinea il Pontefice "desidero che questa celebrazione dell'Immacolata vi procuri il respiro necessario nelle difficoltà, nelle incertezze e nelle privazioni. In questa festa non dimenticate di abbandonarvi tra le braccia di Gesù con la giaculatoria "Dios primero", che ripetete spesso".<br /><br />"Camminare insieme, sostenuti dalla tenera devozione a Maria, ci fa seguire con determinazione la via del Vangelo e ci porta a rinnovare la nostra fiducia in Dio", prosegue il Vescovo di Roma, sollecitando il popolo del Nicaragua a pregare il Rosario, i cui "misteri attraversano l'intimità del nostro cuore, là dove si rifugia la libertà delle figlie e dei figli di Dio, che nessuno può toglierci. Quante grazie riceviamo dal Rosario, è una preghiera potente".<br /><br />Infine, l'affidamento all'Immacolata Concezione, scelta come patrona del Nicaragua, e l'invito a pregare con la preghiera che lo stesso Pontefice ha composto in vista del Giubileo affinché il Signore "ci dia la pace e tutte le grazie di cui abbiamo bisogno". Mon, 02 Dec 2024 13:05:42 +0100