ASIA/ISRAELE - Il gesuita David Neuhaus: il nuovo governo confermerà i forti legami con i cristiani evangelici sionisti

giovedì, 17 giugno 2021 medio oriente   politica   geopolitica   gerusalemme   ebraismo   discriminazione   evangelici  

Gerusalemme (Agenzia Fides) – In Israele c’è un nuovo governo, ma la coalizione che lo sostiene “ha ben poco che la tenga insieme”, e raggruppa forze con posizioni antitetiche riguardo “alla questione dei palestinesi e alla possibilità di stabilire uno Stato palestinese”. Parte da questa semplice e decisiva constatazione l’analisi sui nuovi scenari politici della Terra Santa proposta in un’intervista all’Agenzia Fides da padre David Neuhaus sj, Superiore dei Gesuiti in Terra Santa .
Nato in Sudafrica da genitori ebrei tedeschi fuggiti dalla Germania negli anni Trenta del secolo scorso, padre David è stato in passato anche Vicario patriarcale del Patriarcato latino di Gerusalemme per I cattolici di espressione ebraica. Nell’intervista, il sacerdote offre spunti di riflessione concreti e articolati sulla reale consistenza della cosiddetta “svolta politica” avvenuta in Israele, e tra le altre cose considera scontata la conferma di rapporti saldi tra i settori più influenti della leadership israeliana e i gruppi di “cristiani evangelici sionisti” che sostengono Israele “sulla base di una lettura fondamentalista della Scrittura e a partire dalla convinzione che Dio abbia scelto Israele (inteso come il moderno Stato d’Israele) e gli abbia promesso la vittoria”.
Il nuovo governo Bennett/Lapid vuole presentarsi come “governo del cambiamento”, ma a giudizio di padre David Neuhaus “il cambiamento principale è che Benjamin Netanyahu non è più il Primo Ministro. La coalizione che lo ha sostituito ha ben poco che la tenga insieme, a parte il desiderio di cacciare Netanyahu”. La nuova compagine governativa “mette insieme Partiti di destra e di sinistra che hanno visioni radicalmente diverse riguardo al tipo di società che vorrebbero promuovere. Ciò è vero soprattutto riguardo al loro approccio alla questione dei palestinesi e alla possibilità di stabilire uno Stato Palestinese”.
La posizione delle figure di spicco del nuovo governo, incluso il Primo Ministro Naftali Bennett, “non si discosta molto dalla posizione di Netanyahu. Hanno cacciato Netanyahu perché non permetteva loro di accedere a posizioni di potere e ha cercato di schiacciarli quando sono diventati troppo popolari. La loro vendetta contro di lui è stata personale e organizzativa”. Per realizzare la loro rivalsa su Netanyahu – fa notare il gesuita – “hanno stretto un'alleanza con Partiti di centro e di sinistra che si oppongono radicalmente alla visione politica di Netanyahu, sono più aperti a negoziare con i palestinesi e ad avanzare verso la creazione di uno Stato palestinese. La domanda cruciale in questo momento è se la coalizione si sgretolerà, dopo essere riuscita a spodestare Netanyahu, o se la collaborazione allacciata per spodestarlo riuscirà a riunire queste componenti così diverse in una maniera sufficiente per governare il Paese. Finché Netanyahu rimarrà una minaccia politica, potrebbero davvero investire energie nel rimanere uniti in modo da poter bloccare ogni possibilità del suo ritorno al potere.
Diversi media occidentali hanno rimarcato con enfasi l'ingresso nella coalizione di governo di un Partito arabo, presentando tale evento come un fattore di forte discontinuità rispetto al passato. Padre David Neuhaus ricorda che “Questa non è la prima volta che i Partiti arabi fanno parte di un governo in Israele, ma la cosa interessante è che questa volta Mansour Abbas (Il capo del Partito Ra’am, l’unica formazione araba entrata nella coalizione governativa, ndr) afferma di essere un nazionalista palestinese e un musulmano tradizionale”. Su Abbas, il gesuita esprime valutazioni articulate e attendiste: “Il Partito da lui fondato” fa notare padre David “è conservatore su tutte le questioni sociali, ed è in contrasto con gli elementi più progressisti della società palestinese in Israele, in particolare con le forze politiche arabe più di sinistra con cui un tempo era alleato. Abbas è un politico relativamente giovane, è nato nel 1974, e proviene da Maghar, una città della Galilea dove i drusi sono la maggioranza e dove i cristiani sono più numerosi dei musulmani. Ha sostenuto che è giunto il momento di promuovere gli interessi dei cittadini arabi palestinesi di Israele, spingendo per l'uguaglianza piuttosto che connettere tutto con la questione dell'occupazione nei Territori palestinesi conquistati da Israele nel 1967, ome tendono a fare i raggruppamenti politici arabi suoi ex alleati. Resta da vedere se Abbas sarà in grado di migliorare la sorte dei cittadini arabi palestinesi di Israele, e se il suo sostegno a questa coalizione durerà. Non è ancora chiaro se Abbas sia un ingenuo, che non si rende conto della reale entità del razzismo presente nel sistema politico israeliano e della natura sistemica della discriminazione, o se sia un politico navigato, che combatte per il suo popolo. Per ora, molti cittadini arabi palestinesi di Israele sono preoccupati per il fatto che Mansour Abbas si sia associato a Partiti che sono visti come fautori dell'occupazione dei territori palestinesi e della discriminazione contro i palestinesi cittadini di Israele”. Rispetto ai fenomeni discriminatori in atto in Israele, il Professore dell’Istituto Biblico di Gerusalemme esprime considerazioni nette: “La discriminazione in Israele nei confronti dei cittadini arabi palestinesi tocca ogni ambito della vita, in quello che si definisce ‘Stato ebraico’. In effetti, lo Stato di Israele è definito legalmente, politicamente e ideologicamente come uno Stato ebraico e promuove l'esclusività ebraica in vari settori, in particolare nel campo dello sviluppo. I cittadini palestinesi di Israele possono votare alle elezioni, ma la discriminazione si manifesta con evidenza nella distribuzione delle risorse al settore palestinese. Questo si vede perfettamente quando si paragonano le città e i villaggi arabi a quelli ebraici, in termini di infrastrutture, sviluppo, servizi municipali, scuole, parchi, biblioteche, ospedali e via dicendo. Lo Stato che è definite Stato ebraico riserva agli ebrei la parte del leone in termini di risorse. Nel 2018 è stata approvata una legge, la Legge dello Stato Nazionale, che ha sottolineato ancora una volta che Israele è lo Stato del popolo ebraico, la sua lingua è l'ebraico e il suo obiettivo principale è promuovere gli interessi ebraici. Ciò ha indotto alcuni a supporre che Israele sia in realtà uno Stato di "apartheid”, come suggerisce in particolare Betselem, un'importante organizzazione israeliana per i diritti umani”. I contrasti etnico-religiosi che lacerano la società israeliana, fomentati e alimentati da logiche diutilitarismo politico, hanno avuto nei giorni scorsi l’ennesima manifestazione emblematica nella vicenda della ‘Marcia delle Bandiere’: “Si tratta” – spiega padre David Neuhaus “di un evento annuale che celebra la conquista della Gerusalemme araba da parte di Israele, avvenuta nel 1967. Coloro che marciano provengono prevalentemente dai Partiti religiosi di destra (compresi i coloni) e la marcia è un evento che ai loro occhi enfatizza il controllo ebraico di Gerusalemme, l'unità della città e il suo carattere ebraico. La marcia provoca sempre tensioni mentre si snoda attraverso i quartieri palestinesi della Città Vecchia di Gerusalemme, e alcuni manifestanti inevitabilmente intonano slogan razzisti contro gli arabi e lanciano provocazioni alla gente che vive in quei quartieri. Quest'anno, 2021, la marcia era stata annullata all’ultimo minuto perché Hamas aveva iniziato a sparare missili su Israele da Gaza. Naturalmente, questo è stato solo un ulteriore sviluppo di una serie di eventi iniziati un mese prima, all'inizio del Ramadan, quando Israele ha preso provvedimenti unilaterali per mostrare chi comanda nella Gerusalemme araba e ha proibito ai palestinesi di riunirsi, come è consuetudine, alla Porta di Damasco. Gerusalemme è come una polveriera, sempre pronta ad esplodere, e questa marcia inevitabilmente aggiunge ogni volta ancora più benzina sul fuoco. L'estrema destra, alleata di Netanyahu, alla luce del precedente annullamento della marcia che si sarebbe dovuta tenere il 10 maggio, ha insistito affinché essa si tenesse il 15 giugno. Netanyahu, ben sapendo che ciò avrebbe potuto provocare una prima crisi nel nuovo governo, ha lasciato al suo successore la decisione sul da farsi. Non volendo provocare immediatamente la destra, la marcia è stata autorizzata. Tuttavia, il suo percorso è stato modificato in modo che non ci fossero troppi attriti tra i manifestanti ei palestinesi. Inoltre, gli USA e l'Egitto si sono mobilitati per cercare questa volta di smorzare le fiamme.
Israele ha impedito che i seggi per le elezioni palestinesi fossero aperti nella parte araba di Gerusalemme, e questo ha giustificato il rinvio della tornata elettorale attesa da lunghi anni per decider quali siano gli attuali rapporti di forza tra le forze politiche palestinesi. Secondo padre Neuhaus, “E’ improbabile che il nuovo governo cambi posizione sulle elezioni palestinesi a Gerusalemme araba. Le elezioni palestinesi a Gerusalemme sono viste come una minaccia alla sovranità israeliana nella parte araba della città. Ciò potrebbe cambiare solo se si esercita una pressione internazionale sufficiente su Israele (in particolare da parte degli Stati Uniti”.
Riguardo ai rapporti della nuova compagine governativa con la leadership politica e con le influenti lobby USA, a giudizio di pare David Neuhaus “è improbabile che il nuovo governo rinunci ai forti legami con i cristiani evangelici sionisti di cui godeva il governo precedente. Questi amici di Israele, fortemente antiarabi e anti-musulmani, sostengono Israele sulla base di una lettura fondamentalista della Scrittura e a partire dalla convinzione che Dio abbia scelto Israele (intesso come il moderno Stato d’Israele) e gli abbia promesso la vittoria. Questi gruppi non rappresentano solo un’influente lobby politica negli Stati Uniti, ma inviano anche molto denaro e personale per promuovere Israele e i suoi interessi, e il nuovo governo cercherà senza dubbio il loro sostegno, proprio come ha fatto il governo precedente. Conviene però tener conto del fatto che il nuovo governo include elementi di sinistra ferocemente contrari ai tradizionali "valori familiari" promossi dagli evangelici, e questo potrebbe portare a qualche attrito interessante. (GV) (Agenzia Fides 17/6/2021)


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