ASIA - La prossima frontiera per lo sviluppo umano: lavorare “con” e non “contro” la natura

giovedì, 17 dicembre 2020 diritti umani   sviluppo   sviluppo sostenibile   sfollati   disastri naturali  

Bangkok (Agenzia Fides) - Il numero degli sfollati per cause legate ai disastri ambientali nel mondo è destinato a crescere sino a quasi 14 milioni di individui, il 72% dei quali colpiti da inondazioni. La maggior parte degli sfollati si troverà nell’Asia meridionale e nella regione dell'Asia-Pacifico. Lo spiega il Programma per lo sviluppo dell’Onu (Undp) nel 30° rapporto “The next frontier Human development and the Anthropocene”, appena pubblicato. La parte dedicata alle alluvioni è solo uno dei tanti aspetti presi in esame dal documento, consultato dall’Agenzia Fides. Il testo rileva che ad essere maggiormente colpite sono le donne: lo furono per oltre il 90% durante il ciclone Gorky del 1991 in Bangladesh, così durante lo tsunami del 2004 o per gli effetti del ciclone Nargis del 2008 in Myanmar. Le alluvioni sono solo una delle tante sfide di una natura che appare la prima vittima dell’ “Antropocene”, l’era dell’uomo.
La pandemia è l'ultima crisi che il mondo deve affrontare ma non sarà l'ultima, nota il Rapporto, se gli umani “non lasceranno la presa sulla natura”. Focalizzandosi sia sull’ambiente sia sulla disuguaglianza, il documento riecheggia quanto Papa Francesco ha ricordato nell’enciclica "Laudato si’ " del 2015, in cui si auspica che “l’ecologia integrale” possa diventare un nuovo paradigma di giustizia, perché la natura non è una “mera cornice” della vita umana. Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, in sintonia con le parole del Papa, delinea nel suo ultimo rapporto la necessità di una scelta netta per i leader mondiali: urge compiere passi coraggiosi per ridurre l'immensa pressione esercitata sull'ambiente, o il progresso dell'umanità si fermerà. Il testo pone accanto al tradizionale Indice di sviluppo umano (Hdi) – che misura la salute, l'istruzione e il tenore di vita di una nazione – altri due elementi: le emissioni di anidride carbonica e l’impronta ecologica di ogni paese.
L’Undp auspica che quella attuale possa essere la prima generazione a correggere la rotta. Nell’epoca dell’Antropocene, è tempo che l’uomo ridisegni i suoi percorsi “tenendo pienamente conto delle pericolose pressioni che esercitiamo sul pianeta” e smantellando “i grossolani squilibri di potere e opportunità che impediscono il cambiamento”, si afferma.
La prossima sfida per lo sviluppo umano, sostiene il rapporto, sarà quella in cui diventa necessario lavorare “con” e non “contro” la natura, trasformando le norme sociali, i valori e gli incentivi governativi e finanziari. L'azione pubblica, conclude Undp, può affrontare il tema della disuguaglianza, all'interno e tra i diversi Paesi con politiche mirate: tassazioni progressive; la protezione delle comunità rivierasche attraverso misure preventive, investimenti e assicurazioni (il che potrebbe salvaguardare la vita di 840 milioni persone); la scelta di non sovvenzionare i combustibili fossili. “Affrontando la disuguaglianza, capitalizzando l'innovazione e lavorando con la natura, lo sviluppo umano potrebbe fare un passo in avanti che sostenga, assieme, il pianeta e le comunità che lo abitano”, concludono i curatori del testo
(MG-PA) (Agenzia Fides 17/12/2020)


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