AFRICA/SIERRA LEONE - Emergenza ebola: in sole 24 ore il 4 ottobre sono stati registrati 121 morti e 81 nuovi casi

mercoledì, 8 ottobre 2014

Freetown (Agenzia Fides) - Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità aggiorna i dati sulle vittime di Ebola in Africa Occidentale in un tragico conteggio che vede salire a 3439 i morti su un totale di 7492 casi, Medici con l’Africa Cuamm invia due operatori italiani a rinforzo degli altri 4 presenti a Pujehun che coordinano un gruppo di circa 200 operatori locali (vedi Agenzia Fides 11/9/2014). Si tratta del dott. Potuto, responsabile Programmazione Cuamm e del dott. Bottecchia, inviato con funzioni di assistente al capo progetto. Nel comunicato inviato dal CUAMM all’Agenzia Fides si legge: “È come un’ossessione insopprimibile che non ti abbandona e non ti dà pace. Non la vedi, ma è dappertutto che ti insegue e ti perseguita” dichiara il dott. Potuto all’arrivo nel Paese. “I dati si rincorrono uno dopo l’altro e sono sempre più negativi. I casi aumentano senza disuguaglianze sociali, di genere o di generazione. Le vittime sono uomini e donne, bambini e anziani, laici e chierici, ricchi e poveri, contadini o abitanti delle città. Tutti indistintamente cercano un segno di speranza, un segno positivo, una prospettiva semplice: tornare ad una vita normale, dignitosa, pacificata con la natura” conclude il medico.
Ed ecco come si è presentata Freetown, la capitale della Sierra Leone, agli occhi di Bottecchia: “È un Paese disorientato, la presenza di Ebola si legge fin dai primi passi fuori dall’aeromobile, accolti da acqua clorinata per lavarsi le mani, materiale informativo sull’infezione, check point sanitari appena dopo i controlli doganali. L’infezione ha trovato una breccia tra le ferite di un Paese sovrastato da problemi profondi, con un sistema sanitario fragile e impreparato ad un compito così grande come combattere quest’epidemia senza precedenti. Nelle aree più periferiche come Pujehun le vie di collegamento tra una miriade di piccoli centri sparsi sul territorio sono al limite della praticabilità, e il materiale di protezione e trattamento per il Centro di Salute di Zimmi, il più vicino all’attuale focolaio, arriva solo attraversando il fiume Moa a bordo di una barca a remi. Sembra una lotta impari, quella tra la rapidità di diffusione del virus e la lentezza a cui si è costretti anche per fornire servizi sanitari di base”. Il Cuamm continua dunque a sostenere i due centri di isolamento: uno nell’ospedale di Pujehun, l’altro a Zimmi, una delle aree focolaio dove è stato fatto uno sforzo logistico considerevole per costruire l’isolamento e dotarlo di acqua corrente, toilette e inceneritore.
(AP) (8/10/2014 Agenzia Fides)


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