AFRICA/SIERRA LEONE - “Resta alto il livello di guardia contro l’ebola, villaggi in quarantena, fame e denutrizione”: il Direttore del CUAMM appena rientrato dal Paese

giovedì, 11 settembre 2014

Padova (Agenzia Fides) - In Sierra Leone l’ebola continua a mietere vittime. Don Dante Carraro, Direttore dell’ong Medici con l’Africa CUAMM, rientrato da pochi giorni dal Paese africano, dove sono impegnati i volontari dell’ong, ha tracciato un resoconto della grave emergenza in corso, pervenuto all’Agenzia Fides.
“Sono arrivato a Freetown, dove oltre al passaporto e all'entry permit ti controllano anche le febbre e subito ti intimorisci perché lo fanno con una sorta di ‘pistola laser’ che ti puntano alla tempia - racconta il direttore del CUAMM -. La mattina ci siamo trasferiti a Pujehun, distretto rurale nel Sud del Paese, dove stiamo lavorando. Nel compound dell'ospedale si ritrova il District Health Management Team (DHMT) di cui il Cuamm fa parte. Ogni giorno si fa il punto sulla situazione dell'epidemia nel distretto, uno dei più popolosi ed estesi del Paese, con più di 300 mila persone. Finora sono 9 i morti per Ebola, quasi tutti provenienti da Zimmi, focolaio più acuto della malattia, cittadina oltre il fiume Moe. Anche se non è ufficialmente in quarantena, in pratica è chiusa, gli spostamenti della popolazione sono vietati e raggiungerla via strada è impossibile. Rimane la solita via con il fiume da attraversare ma per ora è impossibile e continuerà ad esserlo ancora per settembre e forse, se le piogge continuano con questa intensità, anche ottobre. C’è bisogno in tutte le componenti logistiche e assistenziale, ma anche di aiuto per la carenza, sempre più evidente, di cibo e derrate alimentari”.
“A Pujehun si fa il punto sui materiali: guanti, stivali, tute, occhiali, maschere, clorina; e poi la formazione del personale, i contact tracers (coloro che studiano come e dove sono avvenuti i contatti e si spostano nelle comunità per identificare i casi sospetti), l'isolation unit con acqua corrente e luce fino ai burial team (gruppi di 8 persone incaricate della corretta sepoltura dei corpi). Ci siamo poi spostati all'ospedale di Kenema, nel distretto vicino al nostro, cuore dell'epidemia - prosegue don Dante -. Entriamo nella struttura completamente vuota se non fosse per gli ammalati di Ebola. É un campo di concentramento: guardie in tuta bianca, percorsi obbligati, regole rigide, check-point ovunque. La gente ha paura e anche noi! Senti di essere davanti ad una ‘bestia’ invisibile, impalpabile eppure mostruosa e mortale. Mentre aspettiamo, due ‘marziani’ con stivali, tuta ed elmetto trasportano fuori dal reparto ‘Ebola’ un corpo nascosto in un telo bianco, lo depositano in una barella per portarlo nell’obitorio. Dopo mezz’ora ne vediamo un altro. E ogni giorno così! Finora, solo a Kenema, ci sono stati 158 morti di Ebola, di cui 27 tra medici e infermieri. Solo negli ultimi 3 giorni hanno perso la vita 4 tecnici di laboratorio”.
“Abbiamo concluso la giornata accompagnando il pick-up dell'ospedale fino ad un campo adibito a cimitero: altri tre corpi sepolti. L’ultimo giorno siamo stati a Zimmi, cittadina di 10 mila abitanti. Da lì sono venuti i casi di Ebola che abbiamo avuto nel nostro distretto, 9 casi, gli ultimi due morti poco prima che arrivassimo. Sono abbandonati perché non esiste una isolation unit, e sepolti dopo la morte in una fossa comune dietro questo edificio. Manca tutto, in particolare il materiale di protezione per il personale sanitario. Abbiamo poi visitato la scuola dove ci sono 46 mamme, bambini e qualche adulto maschio, messi in quarantena, isolati dalla comunità, perché c’è paura che diffondano il contagio” conclude don Dante. (AP) (11/9/2014 Agenzia Fides)


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