ASIA/MYANMAR - Un referendum popolare sulla legge anti-conversione

mercoledì, 4 giugno 2014

Yangon (Agenzia Fides) – Il governo birmano sottopone il controverso progetto di legge sulla conversione religiosa, il cui testo è stato ufficialmente diffuso, a una sorta di referendum popolare, cercando il sostegno della popolazione (che potrà esprimersi entro il 20 giugno) prima della discussione in Parlamento. Come appreso da Fides, il disegno di legge è stato elaborato e presentato da una coalizione di monaci buddisti radicali denominata “Organizzazione per la protezione di razza, religione e credo”. Per promuovere una legge di tal genere, a giugno 2013 il movimento avviò una petizione che ha raccolto oltre 1,3 milioni di firme. La petizione è stata trasformata in progetto di legge che dovrà essere portato all’esame del Parlamento. Prima di questo passo, il presidente birmano Thein Sein ha invitato la popolazione a presentare raccomandazioni e emendamenti al testo, per capire quanto la legge sia condivisa.
Il testo attuale prevede forti restrizioni sulla possibilità di conversione dal buddismo a un'altra religione. Per convertirsi un cittadino deve avere 18 anni e ottenere un permesso dalle autorità locali, fornendo informazioni dettagliate sui motivi personali della scelta. Un ufficio preposto avrà tre mesi di tempo per giudicare la sincerità della richiesta e se la conversione è volontaria. Le pene previste per chi non rispetta l’iter prevedono fino a due anni di reclusione.
Secondo gli osservatori, la legge intende anche frenare la crescita demografica e religiosa dei musulmani in Myanmar. Include infatti, nella seconda parte del testo, misure per limitare il matrimonio interreligioso, sul controllo delle nascite per la popolazione musulmana, sull'obbligo della monogamia.
Numerose organizzazioni della società civile birmana e all’estero hanno stigmatizzato il testo, denunciandolo come “legge discriminatoria”, che viola i diritti umani, la libertà di coscienza e di religione. In una nota inviata a Fides, Sua Ecc. Mons. Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon ribadisce il suo dissenso, chiedendo allo stato di “non interferire con il diritto individuale a scegliere la propria religione”. La legge, afferma, “limita la libertà religiosa in Myanmar in un momento in cui i cittadini stanno guadagnando libertà in altri settori. La conversione è un fatto di coscienza, che nessuno può coartare”. (PA) (Agenzia Fides 4/6/2014)


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