Città del Vaticano(Agenzia Fides) - "Impariamo la pace e la non violenza dalla gente di Okinawa. Queste persone miti ci donano il Vangelo, ci donano un valore pienamente francescano come quello della pace, sia interiore che nella pratica di vita", dice all'Agenzia Fides mons. Wayne Berndt, OFM Cap, Vescovo di Naha, sull'isola nipponica di Okinawa, tra i Vescovi nipponici in Vaticano per la visita ad limina apostolorum.
Il nome Okinawa significa "corda in mare" ed è descrizione abbastanza calzante di un lungo tratto di isole compreso tra le principali isole del Giappone e Taiwan. Composta da un’omonima isola principale più altre isole minori (49 isole abitate e 111 isole disabitate), Okinawa è la prefettura più a sud del Giappone ed è patria di una cultura millenaria e bellezze naturali. Da religioso statunitense, fra Berndt, arrivato come missionario in Giappone nel 1981, ha ricoperto diversi incarichi pastorali nelle diocesi di Naha e Saitama, impegnandosi anche in quest'ultima nell'Open House Center for Migrants . Tornato a Naha, è stato parroco e dal 2017 è vescovo di un territorio diocesano insulare, nella prefettura con circa 1,5 milioni di abitanti un gruppo di circa 6.000 cattolici registrati " ma circa 10mila in realtà", rimarca.
Okinawa è il principale complesso dell’arcipelago delle Ryūkyū che costituiva un Regno autonomo e venne formalmente annesso nel 1874. La popolazione locale conserva peculiarità culturali e linguistiche proprie e, con dialetti e costumi: gli abitanti di Okinawa si considerano diversi dai giapponesi della terraferma (alcuni nutrono ancora un risentimento per come le isole furono trattate durante la Seconda Guerra Mondiale). Gli abitanti di Okinawa si chiamano orgogliosamente "uchinanchu" o "gente del mare".
Spiega il Vescovo: "La cultura è molto differente da quella giapponese. C'è un panorama diverso anche per la religione: se nel resto del Giappone prevale la credenza shinto-buddista, qui la base è il Ryukyuan, il sistema di credenze indigeno. In questo contesto la fede cristiana dialoga con la vita della gente: gli abitanti sono apostoli della non violenza. Anche ai tempi del Regno di Ryūkyū , non c'erano armi ed esercito, c'è una benevolenza verso l'altro che sgorga dal profondo del cuore della gente. E' un valore evangelico e francescno che ogni giorno riscontriamo e riscopriamo", dice. I valori del Vangelo si sposano con la cultura di Okinawa, rimarca. Ad esempio,"Icharibacho-de" significa "se ci incontriamo una volta saremo fratelli" ed esprime la modalità con cui lo stesso Vescovo Berndt - e molti altri - sono stati accolti dagli abitanti di Okinawa poiché è convinzione locale che "quanti scelgono di vivere e stare con loro diventeranno una famiglia". Un altro concetto è quello di "chimugurusan" che si traduce nel "avvertire il dolore degli altri" e condividerlo per diventare più forti nel proprio animo. "La gente ha una profonda spiritualità. E' di Okinawa il famoso Ikigai, la filosofia del trovare la propria ragione di vita, ciò che dà un senso alla vita", ricorda.
A livello ecclesiale, nel 1927, la prefettura di Okinawa e la prefettura di Kagoshima, nel sud del Giappone, furono separate dalla diocesi di Nagasaki e divennero la prefettura apostolica di Kagoshima. Poi vi furono eventi politici che ebbero un'influenza sulla organizzazione della Chiesa : con l'accordo con il "Trattato di pace di San Francisco", alla fine della Seconda guerra mondiale, la prefettura di Okinawa e la prefettura delle isole meridionali di Kagoshima furono sotto l'occupazione militare americana. Per questo motivo i territori di Okinawa e delle Isole del Sud passarono sotto la giurisdizione diretta della Santa Sede e vennero affidati ai Frati Cappuccini americani (Provincia di New York), divenendo l'Amministrazione apostolica delle Ryukyu. Nel maggio 1972, quando il Giappone riprese la sovranità su Okinawa, l'amministrazione apostolica delle Ryukyu fu elevata al rango di diocesi, diventando la diocesi di Naha, con il primo Vescovo cappuccino, padre Tadamaro Ishigami, OFMCap.
"Da 80 anni la gente conosce e apprezza il carisma francescano e lo associa a una predicazione del Vangelo della pace ancora oggi, qui a Okinawa, territorio dove vi sono le basi militari americane ( il 70% delle forze armate americane in Giappone si trova a Okinawa) e dove si avvertono con chiarezza le tensioni per i rapporti con la Cina o la situazione di tensione a Taiwan", osserva il frate.
"Oggi - racconta - la comunità cattolica è variegata: a Naha i fedeli sono in maggioranza anziani ( questa è una famosa 'zona blu' della longevità, ndr) e sono sparsi tra le 14 parrocchie della diocesi. Tra i gruppi internazionali ci sono i filippini, le comunità di lingua spagnola come i peruviani, poi vietnamiti e americani, ma a livello demografico e di battesimi la situazione è stabile. Certo, si avverte la difficoltà di trasmettere la fede alle nuove generazioni: per questo la diocesi promuove iniziative pastorali come un campo estivo annuale per i bambini di Okinawa, organizzato da studenti universitari di ritorno dal Giappone continentale, con l'idea - per i piccoli e anche per i giovani - di 'essere se stessi' come abitanti di Okinawa, con le proprie specificità e sensibilità culturali".
Conclude il Vescovo: "Tra i due giganti all'interno del territorio indigeno, i giapponesi e gli americani, la cultura e la comunità di Okinawa porta avanti la sua identità, che unisce il Vangelo alla promozione della pace e della non violenza".
(PA) (Agenzia Fides 11/4/2024)
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