AFRICA/UGANDA - Traffici, opportunismi, cambi di “etichetta”. La strana storia delle “Forze alleate democratiche”, il gruppo stragista che terrorizza gli ugandesi

sabato, 24 giugno 2023 guerre   gruppi armati   jihadisti   aree di crisi   terrorismo  

di Luca Mainoldi
Kampala (Agenzia Fides) – Il gruppo responsabile del massacro nella scuola di Lhubiriha (distretto di Kasese nell’Uganda occidentale) nella notte tra il 17 e il 18 giugno (vedi Fides 19/6/2023), ha una storia complessa ad ha pure cambiato denominazione più volte.
Le ADF (Allied Democratic Forces) sono state fondate intorno al 1995, dall’unione di due gruppi ciascuno dei quali aveva basi ideologiche differenti.
I membri iniziali della ribellione dell'ADF erano stati in precedenza membri della setta Tabligh, attiva in Uganda almeno dagli anni '70 e che aveva iniziato a ricevere sostegno finanziario dal Sudan dopo la cacciata di Idi Amin nel 1979. Questa comunità ebbe origine nell'India governata dagli inglesi nel all'inizio del XX secolo come movimento conservatore per rinvigorire i valori e le pratiche islamiche, ponendo una forte enfasi sul lavoro missionario, chiamato tabligh. Mentre la maggior parte degli aderenti Tabligh è contraria al jihadismo, alcuni suoi membri hanno talvolta aderito a gruppi violenti.
In Uganda, alcune componenti della setta Tabligh si sono associate al salafismo al punto che alcuni membri si sono recati in Arabia Saudita per studiare grazie ad apposite borse di studio. Tra questi vi era Jamil Mukulu, poi diventato il leader dell'ADF. Nato in una famiglia cristiana, si è convertito all'Islam in gioventù e si è recato a Riyadh per studiare, tornando con una visione militante dell'Islam.
Dopo essere stato imprigionato dalle autorità locali nel 1994, Mukulu viene rilasciato e fonda il Movimento dei combattenti ugandesi per la libertà (UFFM) a Hoima, nell'Uganda occidentale, ricevendo il sostegno del governo sudanese, all’epoca ai ferri corti con quello ugandese.
Quando i loro accampamenti furono invasi dall'esercito ugandese nel 1995, Mukulu fuggì in Kenya, mentre un altro leader dell'UFFM, Yusuf Kabanda, traferì il gruppo nell’est dell’allora Zaire, l’attuale Repubblica Democratica del Congo. Qui Kabanda ha formato un’alleanza con l'Esercito nazionale per la liberazione dell'Uganda (NALU National Army for the Liberation of Uganda), gruppo ribelle ugandese con un’ideologia differente rispetto alla prima formazione. NALU ha ripreso la precedente ribellione ugandese del Rwenzururu, il cui scopo era ripristinare il potere consuetudinario delle comunità Bakonjo e Baamba nell'Uganda occidentale. Questi gruppi etnici sono affiliati rispettivamente ai gruppi etnici Nande e Talinga dell’est della RDC con i quali condividono idiomi e cultura.
Dall’unione dei due gruppi nacque l’ADF-NALU, che si inserì nelle complesse dinamiche nell’est della RDC, venendo cooptato dal Presidente zairese Mobutu Sese Seko per condurre una guerra per procura contro il regime ugandese di Yoweri Museveni. A seguito della caduta di Mobutu, le ADF-NALU dovettero spostarsi nel raggruppamento Bambuba-Kisika a nord della città di Beni, dove allacciarono rapporti con la popolazione Vuba. Molti Vuba si unirono all'ADF-NALU, mentre i leader ribelli sposarono donne di questa etnia, e avviarono collaborazioni in campo fondiario e nei traffici di oro e legname.
Dopo alterne vicende nel 2007 la componente laica della ribellione ugandese (il gruppo NALU) abbandonò la lotta armata, grazie un accordo con il governo ugandese sul riconoscimento del regno di Rwenzururu. La leadership dell’ADF accentuò la spinta radicale islamista, adottando uno stretto regime basato sulla Sharia all’interno delle proprie file. In reazione alle operazioni dei militari congolesi per cercare di neutralizzare le ADF ormai stabilitesi tra Nord Kivu e Ituri (due provincie congolesi dell’est) queste ultime risposero con atroci rappresaglie contro la popolazione civile. Tra l’altro nel corso dei raid contro i villaggi congolesi diversi bambini vengono rapiti per poi venire reclutati nelle file delle ADF, al punto che il gruppo, sebbene continui ad avere una leadership di origine ugandese, conta nella propria truppa diversi congolesi tra soldati ancora bambini ed altri ormai divenuti adulti.
Nonostante l’accentuazione del carattere “islamista” del loro gruppo le ADF hanno continuato a collaborare opportunisticamente con altri gruppi armati locali, come la milizia Vuba, e persino a volte con l'esercito congolese.
Nel 2019 le ADF annunciano la loro affiliazione allo Stato Islamico, dandosi una nuova sigla Madina a Tauheed Wau Mujahedeen (MTM, "La città del monoteismo e di coloro che lo affermano") e diffondendo video propagandistici in kiswahili, luganda, arabo, francese e kinyarwanda, al fine di raggiungere un’audience più ampia nell'Africa orientale.
I legami tra ADF e lo Stato Islamico non sono solo di tipo propagandistico. Finora si è pensato che quest’ultimo si limitasse a rivendicare alcune delle azioni delle ADF definite come la sua "provincia dell'Africa centrale” (ISCAP in inglese).
Ma un rapporto ONU pubblicato a metà giugno 2023 afferma che lo Stato Islamico ha “fornito sostegno finanziario alle ADF almeno dal 2019, attraverso un complesso sistema di finanziamento che coinvolge individui in diversi Paesi del continente, provenienti dalla Somalia e passando per il Sudafrica, il Kenya e l'Uganda”. Inoltre le ADF "hanno inviato combattenti e/o collaboratori in missione di ricognizione per cercare di estendere la propria area di operazioni oltre le province di Nord Kivu e Ituri" progettando attacchi fino alla capitale congolese, Kinshasa. (Agenzia Fides 24/6/2023)


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