ASIA/COREA DEL SUD - “Un lungo viaggio nelle mani di Dio”. L’avventura missionaria di suor Adriana, 62 anni al servizio del popolo coreano

mercoledì, 24 maggio 2023

FMA

Roma (Agenzia Fides) – “Sono arrivata a Seul e tutto era distrutto. C’erano solo la cattedrale e la stazione centrale”. Inizia così il racconto di suor Adriana Bricchi, missionaria delle Figlie di Santa Maria Ausiliatrice (FMA). Oltre 60 anni di missione in mezzo al popolo coreano, un cammino pieno di sorprese che lei racconta nella testimonianza donata all’Agenzia Fides come “il mio lungo viaggio nelle mani di Dio”. Una avventura missionaria che attraversa anche le paure e le speranze, le sofferenze e le attese di pace che hanno segnato gli ultimi decenni della penisola divisa, e del popolo che la abita. Suor Adriana, religiosa salesiana dal 1957, arriva in Asia, ha solo 27 anni quando arriva in Giappone, nell’ottobre 1959. L’ultimo giorno di quello stesso anno, inizia la sua lunga missione in Corea. Il Paese, devastato e dissanguato dalla guerra civile tra nord e sud, vive una situazione sociale che suor Adriana definisce ‘inimmaginabile’: “Ripensando a quel tempo, ogni volta mi stupisco considerando quale miracolo abbia fatto la Corea per rialzarsi”. Le prime consorelle Salesiane erano arrivate a Seul nel 1957, e si erano stabilite in una casa presso la chiesa parrocchiale. Poi ne avevano aperta un’altra a Gwangju, nella parte estrema della Corea del sud. “Quando sono arrivata io” ricorda suor Adriana “eravamo tre suore nella casa parrocchiale dove da poco erano giunti anche i Salesiani. Ricordo il freddo gelido, un gelo senza neve. Nella casa di Gwangju abbiamo iniziato a seguire una scuola media, che poi è cresciuta divenendo anche scuola superiore, mentre nella parrocchia avevamo una scuola materna. Andavamo a fare visita alle famiglie, agli ammalati nell’ospedale vicino. Per via della difficoltà della lingua, abbiamo dovuto aspettare un po’ per poter impartire i corsi di catechismo, iniziati poi grazie ad una suora coreana salesiana che era stata in Giappone per la formazione. Io, all’inizio, non conoscendo la lingua, mi sono dedicata ai bambini dell’oratorio che era veramente fiorente. Da noi i bambini giocavano e avevano anche qualche pezzo di pane e un po’ di latte che noi andavamo a prendere nei campi militari americani che erano ancora presenti nel Paese. Tra quei bambini, alcuni sono diventati preti, altre suore, ed è stata per me una bellissima esperienza. Nonostante non sapessi parlare comunicavamo da cuore a cuore”. Nella parrocchia, dedicata a Giovanni Bosco, già allora i cattolici custodiscono la memoria di un sacerdote coreano rimasto ucciso nel conflitto, e venerato come un martire. Ora quella chiesa è diventata una gande parrocchia, frequentata da almeno un migliaio di cattolici. “Noi” ricorda suor Adriana, riannodando i fili della sua avventura missionaria “siamo rimaste lì fino a quando non ci siamo trasferite in periferia, per poi essere richiamate in quella stessa parrocchia completamente rinnovata. Attualmente, nella nostra casa siamo circa sessanta suore”. Il racconto di suor Adriana espone senza enfasi anche dati eloquenti su come intorno all’opera missionaria delle suore è cresciuto nel tempo un ordito di fede, speranza e carità: ora, in Corea del Sud sono presenti 260 suore salesiane, distribuite in 32 case. Le suore salesiane della Corea hanno aperto anche una casa in Mongolia. Delle quattro case disseminate nella metropoli di Seul, una è dedicata alla scuola materna, un’altra a giovani ragazze tra i 13 e i 20 anni, che dovrebbero essere in prigione e che il governo affida alle religiose affinché curino i loro percorsi di riabilitazione lontano dalla galera. “Ogni giorno” racconta a Fides suor Adriana “io trascorro con loro una mezz’ora, ed è per me un tempo carico di gioia nel vederle rifiorire: circondate dall’amore, ritornano ad essere quelle che sono, secondo il disegno buono di Dio sulle loro vite”. Tra le ragazze sottratte alla vita del carcere dall’opera silenziosa delle suore ci sono cattoliche, protestanti e non cristiane. “E’ capitato che ad alcune chiedessi: se vedeste Gesù, cosa gli chiedereste? Mi hanno risposto che gli direbbero: ‘Gesù perdonami ho sbagliato ma quando uscirò da questa casa mi impegnerò a comportarmi bene. Perdonami e aiutami ad essere una brava donna!’ ” Nella terza casa del centro di Seul le salesiane offrono formazione alle nuove vocazioni (un anno di ‘aspirantato’ e uno di ‘postulato’). Nella quarta casa, funziona un centro giovanile che organizza programmi educativi e di assistenza sociale rivolti a persone in situazioni difficili. “Mi hanno raccontato” riferisce suor Adriana “che arriva anche gente che sembra veramente indemoniata, e loro cercano di aiutare tutti.” Quando era più giovane, suor Adriana ha curato anche la gestione di 3 pensionati di studentesse. Tra queste, c’erano anche ragazze universitarie con le quali ha avviato una scuola gratuita per le giovani che non potevano continuare gli studi per motivi economici. “Ancora oggi queste ex allieve vengono a trovarmi con una grande riconoscenza”. Sull’isola di Jeju, la più grande della Corea, le salesiane hanno anche un centro giovanile dove arrivano ragazze mandate da tutte le scuole del Paese per un corso formativo di tre giorni. “Seul” aggiunge suor Adriana “è oggi una città grandissima dove vivono dieci milioni di persone, attualmente i cattolici sono milioni in tutto il Paese. Quando sono arrivata io negli anni Sessanta si potevano contare 500/600 cattolici. Nonostante il cattolicesimo fosse entrato in Corea nel 1700, dopo l’espulsione dei cattolici, è tornato nel 1800 con missionari americani, italiani, francesi che hanno fatto un lavoro intenso. Il popolo coreano - conclude la missionaria - ha un senso religioso particolare, testimoniato da tanti ammirevoli buddisti che operano per il bene. Tra le giovani che frequentavano i nostri pensionati, tante sono diventate suore cattoliche, e ora operano nelle parrocchie, e quando vengono a trovarci, si vede che in loro è stata custodita la fede che hanno incontrato negli anni trascorsi nel pensionato. Quella esperienza comunitaria, a mio giudizio, è l’esperienza più bella. Certo è importante e bello predicare, ma la vita condivisa insieme nella luce e nel cammino della fede è il modo più intenso di fare missione, e anche di cambiare le strutture e le forme della vita ecclesiale, perché tutto nella Chiesa serva solo a annunciare il Vangelo”.
Suor Adriana adesso ha 91 anni. La passione missionaria mantiene giovane il suo cuore. In questi giorni, si trova a Roma per il Corso di Formazione Missionaria Permanente Ad Gentes, dal 7 al 31 maggio 2023, promosso dall'Ambito delle Missioni Generali dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, insieme ad una quindicina di sorelle provenienti da tutto il mondo. Il Corso si propone di ‘Risvegliare la freschezza originaria della fecondità vocazionale missionaria’. Un ‘ritorno alle sorgenti’ per ravvivare la passione missionaria secondo lo spirito suggerito dalla frase di don Bosco ‘da mihi animas coetera tolle’ (Dammi le persone; i beni prendili per te).

(AP) (Agenzia Fides 24/5/2023)


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