EUROPA/RUSSIA - “Ecumenismo del sangue„. A Mosca la memoria dei martiri unisce cristiani di diverse confessioni

mercoledì, 26 ottobre 2022 martiri   persecuzioni   ecumenismo   chiese orientali  

Mosca (Agenzia Fides) – “Cosa ha aiutato i credenti a perseverare nella fede in tempi di persecuzione? E la memoria condivisa dei martiri può aiutare a superare barriere confessionali e aiutarsi reciprocamente?”. Con queste domande si sono aperti i lavori della conferenza che ha visto riuniti presso l’Istituto San Tommaso di Mosca - retto dai gesuiti - rappresentanti di diverse confessioni cristiane, che si sono confrontati sul tema in modo aperto e diretto. L’evento, organizzato nella serata di lunedì 24 ottobre dal dipartimento di Scienze religiose dell’Istituto ortodosso moscovita “San Filaret”, ha visto la partecipazione in modalità mista (dal vivo e da remoto) di un nutrito numero di persone interessate. La particolarità del contesto della Federazione russa, dove le persecuzioni del periodo sovietico rimangono ancora vive nella memoria di tanti, ha favorito la riflessione comune anche attraverso la condivisione di storie di martirio vissute in prima persona o nell’ambito familiare di provenienza. Tra gli altri, il pastore Pavel Bak, della Chiesa evangelica pentecostale, ha preso le mosse dal racconto delle memorie della propria famiglia, originaria della Volinia, regione oggi appartenente all’Ucraina. I familiari del pastore Pavel hanno vissuto diverse ondate di persecuzioni a partire dal 1945, e proprio la testimonianza di fede dei suoi nonni e dei suoi genitori – ha confidato lui stesso - lo ha custodito nella fede: “Loro” – ha sottolineato Bak - Mi hanno sempre incoraggiato a mantenere viva la mia relazione personale con Dio, che nessuno avrebbe potuto togliermi, neanche qualora fossi stato privato di tutto”. Sia il pastore che alcuni cristiani ortodossi presenti hanno ricordato nel corso della serata che spesso, durante la detenzione nei campi di lavoro, il riconoscimento della fede condivisa in Gesù Cristo faceva cadere barriere e diffidenze tra appartenenti a diverse comunità confessionali, facendo sperimentare in quella situazione quello che Papa Francesco dal 2014 ha più volte definito “ecumenismo del sangue”. La stessa moderatrice dell’incontro, la professoressa Margarita Shilkina, cristiana ortodossa e decano della facoltà di Scienze religiose, ha parlato della propria conversione dopo gli anni giovanili di militanza nelle file del Komsomol (organizzazione che riuniva la gioventù comunista), conversione avvenuta anche grazie alla testimonianza di chi era stato custodito nella fede durante l’epoca sovietica: “Quando ho letto per la prima volta il Vangelo - ha raccontato la professoressa Shilkina - mi sono accorta che ero stata ingannata. Credevo sinceramente nel comunismo, ma l’incontro con la Chiesa viva di Cristo mi ha fatto capire che ero come un agnello in mezzo ai lupi. A trent’anni di distanza dalla mia conversione, sono pienamente felice nel mio cammino di fede”. I due relatori cattolici presenti – il gesuita Stephan Lipke e la ricercatrice Maria Chiara Dommarco – hanno sottolineato due diversi aspetti del martirio cristiano. Padre Lipke, direttore dell’Istituto San Tommaso, ha ricordato che i martiri sperimentano quanto lo stesso San Paolo ha vissuto: “La forza si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 9). A tal proposito, padre Lipke ha raccontato la storia del Servo di Dio padre Walter Ciszek, gesuita statunitense inviato in missione clandestina in URSS nel 1939: “A volte i perseguitati sono sopravvissuti, così che possiamo avere a disposizione le loro memorie, tramandate oralmente o per iscritto. I due libri che ci ha lasciato padre Ciszek raccontano di come la debolezza del cristiano davanti ai suoi persecutori non è uno svantaggio, ma paradossalmente è la modalità con cui può attraversare i momenti di crisi: i propri tentativi, seppur ingegnosi, di non soccombere agli aguzzini, nel rivelarsi inefficaci, hanno lasciato spazio a Gesù, l’unico veramente in grado di sorreggere padre Ciszek negli anni di detenzione”. Maria Chiara Dommarco, ricercatrice in Storia della Chiesa, ha evidenziato un aspetto essenziale delle vite dei testimoni della fede: l’accettazione di quanto loro accadeva come strada per amare e servire Gesù nelle persone incontrate, come mostra la vicenda di padre Edmund Walsh, gesuita statunitense inviato da Pio XI in missioni ad alto rischio in diverse parti del mondo. “Qualche anno dopo essere tornato dalla Russia – ha raccontato la ricercatrice –, dove aveva diretto la missione pontificia di soccorso tra le popolazioni stremate dalla carestia negli anni Venti, padre Walsh fu inviato in missione segreta in Messico nel 1929, per porre le basi di un’intesa diplomatica tra Stato e Chiesa che avrebbe fatto cessare la guerra civile allora in atto. L’accettazione cordiale, non passiva, delle situazioni estreme in cui era venuto a trovarsi in entrambi i Paesi è stata il suo modo di imparare a voler bene ai propri collaboratori e a servire tutti quelli che incontrava, indipendentemente dalle loro appartenenze confessionali o dall’odio che nutrivano nei confronti della Chiesa, in vista della promozione della pace all’interno di un popolo e tra diversi popoli”.
La conferenza-tavola rotonda sulle esperienze recenti di martirio e persecuzione è stata il primo di una serie di incontri su varie tematiche organizzati dal Dipartimento di Scienze religiose dell’Istituto ortodosso “San Filaret” di Mosca. Agli incontri prenderanno parte, di volta in volta, rappresentanti di diverse Chiese e comunità ecclesiali. (CD) (Agenzia Fides 26/10/2022)


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