AMERICA/ECUADOR - Le altre vittime dello sciopero nazionale di cui nessuno parla

mercoledì, 6 luglio 2022 situazione sociale   indigeni   chiese locali  

Quito (Agenzia Fides) - Il 13 giugno è iniziato in Ecuador uno sciopero nazionale degli indigeni che ha bloccato tutte le strade del paese. Migliaia di indigeni arrivavano a Quito, che è diventata il centro di tutte le azioni di protesta. Ci sono stati molti atti di violenza, saccheggi, incendi di pneumatici e nel giro di poche ore gli abitanti della capitale si sono ritrovati completamente imprigionati e assediati (vedi Fides 22/6/2022; 24/6/2022; 1/7/2022).
Sono stati consegnati i dati sulla povertà e fissati 10 punti per la trattativa con il governo. Per 18 giorni, fino all’accordo di pace, nessuno ha potuto circolare con calma nelle varie città. I prodotti hanno cominciato a scarseggiare e, quando erano disponibili, si trovavano a prezzi esorbitanti. Pochi potevano pagarli e qui è iniziato il calvario per molte vittime di cui pochi o nessuno vuole parlare.
Amparito Medina, Coordinatrice di un progetto di assistenza per le madri in gravidanza che vivono in situazioni di estrema vulnerabilità, “Proyeto SOS Mamà” dell'Arcidiocesi di Quito, ripercorre per Fides le vicende delle ultime settimane mettendo in luce una realtà poco nota. Un'alta percentuale dei beneficiari del Progetto trascorre le giornate per strada, sono venditori ambulanti o svolgono lavori informali per sopravvivere, letteralmente. In questa situazione, un giorno in cui non possono vendere i loro prodotti o in cui non possono andare a lavorare, per loro significa non poter mangiare, non poter comprare i pannolini, non poter caricare il proprio cellulare telefonico e non poter nemmeno prendere un autobus.
Per noi che siamo dediti al Progetto, prosegue, questa situazione ha significato ricevere le loro disperate chiamate di aiuto: non avevano più il gas per cucinare e vivono in stanze dove non possono nemmeno cucinare con la legna, non avevano nemmeno un chilo di riso o un pomodoro, un ortaggio per sfamare i propri figli… Abbiamo cercato per una settimana di raggiungere i loro quartieri con un aiuto, ma era impossibile, la folla in strada ha minacciato di sfondare la nostra auto con dei sassi. Abbiamo spiegato loro che stavamo trasportando aiuti umanitari e abbiamo quasi subito un assalto, abbiamo dovuto consegnare loro parte degli aiuti per poter passare.
Infine, con l'aiuto dei sacerdoti e approfittando di uno spazio di tregua, al mattino molto siamo riusciti a far arrivare le madri, con grande fatica, nelle parrocchie vicine alle loro case, dove hanno potuto ricevere quanto eravamo riusciti a raccogliere dalle donazioni. Se i nostri benefattori non possono produrre, non possono vendere, e se non hanno reddito, non potranno nemmeno aiutarci, e in tale situazione il Progetto non potrebbe sopravvivere.
“Questa è la realtà delle altre vittime di questo sciopero nazionale conclude Amparito -, vittime per le quali, senza l'aiuto della Chiesa cattolica, la vita quotidiana è molto difficile. Vogliono solo lavorare, vivere in una società senza violenza ed educare i propri figli senza rancore o odio tra fratelli.”
(SL) (Agenzia Fides 06/07/2022)


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