AFRICA/ETIOPIA - Appello per tutelare i profughi eritrei ridotti alla fame nel Tigray

sabato, 14 novembre 2020 diritti umani   rifugiati   povertà   fame  

Addis Abeba (Agenzia Fides) - I profughi eritrei che vivono nel Tigray, la regione settentrionale dell’Etiopia, deve essere riconosciuto uno status giuridico che li tuteli. È quanto chiede abba Mussie Zerai, sacerdote dell’eparchia di Asmara, da sempre impegnato nella tutela dei migranti. «Nel Tigray - spiega all'Agenzia Fides - vagano migliaia di eritrei spesso ridotti alla fame, esposti a ogni forma di sfruttamento e abusi. Questa situazione sta aumentando la disperazione creando le condizioni per coloro che trafficano gli esseri umani, l’esodo verso il Sudan e Libia va aumentando tutto a causa delle pessime condizioni di non accoglienza che trovano oggi in Etiopia».
All’Unione Europea, abba Mussie chiede di «investire risorse per rendere dignitosa l’accoglienza di questi profughi eritrei in Etiopia garantendo accesso al diritto di asilo, accesso allo studio, alle cure mediche, al lavoro». «Questo è il modo migliore - continua - per aiutare e accogliere i profughi vicino a casa loro. Altrimenti l’esodo verso l’Europa aumenterà con il triste conteggio di morti nel deserto e nel Mare Mediterraneo».
Secondo il sacerdote eritreo, servirebbe un intervento diplomatico per sollecitare il governo etiope a tutelare i diritti, rilasciando un permesso di soggiorno a chi vive fuori dai campi profughi. Visto che la nuova policy è di non accogliere i civili nei campi profughi, molte donne e bambini sono senza tutela, senza alloggio in pieno emergenza coronavirus.
«In generale - osserva - il governo locale e le comunità della popolazione locale sono molto accoglienti, solidali e collabora in spirito fraterno con i profughi. Questo deve essere apprezzato. La situazione sul campo è però drammatica».
Molti eritrei soffrono di patologie croniche gravi (diabete, problemi cardiaci, malnutrizione, ecc.). Ci sono molte persone che accusano problemi mentali. Tutti non hanno materiale per proteggersi dal Covid-19. «La situazione più critica - continua il sacerdote - è quella dei bambini e delle bambine. Molti di essi sono abbandonati a se stessi. Non hanno figure che possono aiutarli. Non vanno a scuola, bevono alcolici, fumano, molte ragazze rimangono incinte.
«Oltre alla registrazione e al riconoscimento dello status dei rifugiati, che assicurerebbe ai profughi, sicurezza - osserva abba Mussie - è necessario garantire loro materiali (cibo, ripari, ecc.) per tutelarli e assistenza medica e psicologica. I ragazzi e le ragazze vanno aiutati a crescere secondo principi sani. Faccio appello a tutte le istituzioni dell'Alto Commissariato Onu per il Rifugiati e al governo etiope perché si attivino tutti gli strumenti utili per alleviare le sofferenze di questi profughi molto vulnerabili».
(EC) (Agenzia Fides 14/11/2020)


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