“Aspettare insieme”, storia di un’amicizia tra un cattolico e un ebreo

venerdì, 6 giugno 2008

Roma (Agenzia Fides) - È uscito in questi giorni il libro “Aspettare insieme” (pag. 157, Marietti 1820 editore), la storia di due giovani amici, uno americano di origini irlandesi, Jonah Lynch, e l’altro francese con radici ebraiche, David Gritz, che s’incontrano alla McGill, università di Montréal, suonando la chitarra e il violino. Ne scaturisce un affetto profondo, scandito da un fitto scambio di lettere lungo sei anni, in cui si raccontano i loro amori, musica e vita, sigillato dalla continua ricerca della verità. «Ma le stelle si possono raggiungere?», scrive David da Parigi nella primavera del ‘98. Pochi anni dopo, sarà ucciso, a soli 24 anni, da una bomba nella caffetteria dell’università ebraica di Gerusalemme, il 31 luglio 2002. Pur partendo da una iniziale e comune posizione agnostica, le loro strade si erano divise, sebbene il legame di amicizia fosse rimasto fortissimo: le domande del primo, però, erano diventate nel frattempo certezza, tanto da portarlo a Roma, a diventare sacerdote cattolico, mentre quelle del secondo lo avevano condotto ad approfondire le proprie radici ebraiche a Gerusalemme, la terra dei padri. «Qualsiasi cosa tu diventerai, qualsiasi cosa diventerò io, resterai per me il Jonah che amo e per il quale combatterei qualsiasi battaglia», è la lettera di David dell’ottobre ’99. «Adesso non c’è più un muro tra di noi perché lui vede Dio», scrive Jonah Lynch nella prefazione del libro. E così anche il dolore inconsolabile per la perdita di un amico caro può trovare speranza nella consapevolezza dettata dalla fede: «Tu non morrai». Ma, nello stesso tempo quell’amicizia, mai interrotta, può diventare motivo di speranza per un intero popolo, «anche nella sempre difficile situazione di Israele, indicando forse, una strada per la convivenza», dice ancora Jonah. La morte di David non può lasciare indifferenti. «La divisione che è nata intorno a Gerusalemme rimane come una spada nel nostro animo e diventa supplica perché gli occhi di tutti si aprano», scrive nella postfazione don Massimo Camisasca, superiore della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, di cui Jonah Lynch fa parte. E l’amicizia tra un cattolico e un ebreo, in una terra contesa e dilaniata dalle divisioni, è la semplice testimonianza che una via alla pace c’è. «Credo che la verità e l’amore siano una cosa sola e che, nella nostra relazione, se uno dei due dovesse venir meno, l’altro appassirebbe», sono le parole di Jonah all’amico il 29 maggio 2002, pochi mesi prima dell’attentato. Parole che sembrano dare ancora più forza alla domanda di David: «Questa attesa di qualcosa - che includa un’apertura - è forse l’iscrizione concreta di Dio nella nostra carne terrena?». (S.L.) (Agenzia Fides 6/6/2008)


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