Elenco degli operatori pastorali uccisi nel 2001

lunedì, 31 dicembre 2001

L’anno che si chiude porta con sé un terribile bagaglio di violenza e disprezzo verso l’uomo e verso Dio. È l’anno dell’attacco alle Torri Gemelle, della campagna militare in Afghanistan, delle violenze fondamentaliste in Pakistan, Nigeria, Indonesia, India. I farneticanti messaggi di Bin Laden che assaporano come per gioco la distruzione totale dell’altro, rischiano d’essere l’immagine dominante di questo inizio millennio. Procurare la morte, progettarla, gustare l’annientamento degli uomini e del mondo sembra essere ormai l’unico orizzonte percepibile, che incute paura, avvilimento, disperazione.
I mesi trascorsi – con le rovine fumanti del Ground Zero - ci hanno messo sotto gli occhi la capacità dell’uomo di volere la morte per sé e per gli altri, magari in nome di Dio. I 33 sacerdoti, suore, seminaristi e laici che presentiamo sono invece morti in nome di Dio per donare la vita. Erano andati in missione per predicare il Vangelo, edificare comunità, aiutare giovani, difendere i diritti umani. Il loro slancio d’amore è stato apparentemente stroncato.
La maggior parte di loro sono morti proprio a causa del fondamentalismo religioso o etnico. Ben 8 persone sono morte in India, 1 nelle Filippine, 1 in Burundi, 1 in Uganda, 1 nel Senegal per motivi intrecciati al fanatismo religioso o alla pulizia etnica.
Diversi di loro sono morti per cause che possiamo definire banali: per rapina, estorsione, furto. Spesso l’apparenza nasconde motivi più profondi. Suor Barbara Ann Ford, americana, lavorava in difesa degli indios ed era stata stretta collaboratrice di mons. Juan Gerardi, il vescovo guatemalteco assassinato 3 anni fa. P. Ettore Cunial, italiano, cercava di strappare i giovani alla mafia albanese, per salvarli dal commercio della droga e di organi.


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