AFRICA/SUDAN -Scheda del Paese

lunedì, 12 dicembre 2005

Roma (Agenzia Fides)- Il Sudan con un’estensione di 2 milioni 505mila 810 chilometri quadrati è il Paese più vasto dell’Africa. In questo ampio territorio vivono 32 milioni 559mila abitanti (con una densità dello 0,07%). Il Sudan confina a Nord con l’Egitto, ad ovest con Libia, Ciad e Repubblica Centrafricana, a Sud con Repubblica Democratica del Congo, Uganda, Kenya, a Sud-Est con Etiopia ed Eritrea, e si affaccia ad est sul Mar Rosso. Dal punto di vista geografico, il Sudan si può dividere in 3 regioni: al nord il deserto, al centro le pianure e al sud le foreste tropicali. La maggior parte della popolazione vive lungo il corso del Nilo, che attraversa il Paese per 1.500 chilometri e sulle cui rive si coltiva il cotone.
In Sudan vi sono oltre 570 gruppi etnici. Al nord e al centro vivono le popolazioni di ascendenza araba, insieme ai Nuba ai Beja. Le popolazione nere abitano il sud, ma da anni diversi milioni di abitanti delle regioni meridionali si sono rifugiati al nord, in particolare nella capitale Khartoum, per sfuggire le violenze della guerra civile. Tra le etnie meridionali più importanti vi sono i nilotici, i nilo-camitici e alcuni gruppi bantu. Il 44,2% della popolazione è compreso in una fascia di età da 0 a 14 anni.
I conflitti del Sudan. Il principale conflitto è quello che nella parte meridionale, scoppiato nel 1983 quando l’allora Presidente sudanese Gaafar al-Nimeiry pone fine allo statuto di autonomia del sud e instaura la sharia (la legge islamica). Questi provvedimenti rilanciano il conflitto che si era concluso nel 1972. Il colonnello John Garang, inviato nel sud per sedare la ribellione, passa invece nelle file della guerriglia e fonda l’Esercito per la Liberazione del Popolo Sudanese (SPLA, il cui braccio politico è il Movimento per la Liberazione del Popolo Sudanese, MPLA).
La guerra, se da un lato oppone il SPLA all’esercito regolare sudanese, dall’altro ha creato una serie di conflitti minori che si confondono con la lotta condotta contro il governo centrale. Sia l’esercito di Khartoum sia l’SPLA infatti sfruttano le divisioni etniche esistenti tra le popolazioni locali, sostenendo diverse milizie che commettono atrocità contro i civili, che diventano il bersaglio principale delle diverse fazioni in campo.
In oltre 20 anni, il conflitto ha provocato almeno 2 milioni di morti e la fuga di milioni di persone. Secondo dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Profughi (UNHCR) oltre 2 milioni di sfollati interni e circa 500mila rifugiati nei Paesi limitrofi sono fuggiti a causa della guerra nel Sudan meridionale.
Dopo anni di trattative nel gennaio 2005 è entrato in vigore l’ accordo di pace tra il governo di Khartoum e il M/SPLA.
Punto centrale delle intese è il periodo di transizione con un governo di unità nazionale che durerà 6 anni e mezzo. A metà del percorso, dopo 3 anni dall’inizio del periodo di transizione, sono previste libere elezioni. Dopo questi sei anni e mezzo le popolazioni del sud potranno decidere, mediante referendum, se rimanere all’interno di uno stato federale o per la piena indipendenza.
Gli accordi prevedono che il presidente sia espressione del governo di Khartoum, mentre il primo vicepresidente sarà espressione dell’SPLA. Il primo vicepresidente sarà però privo dei pieni poteri in caso di assenza del presidente. Un secondo vicepresidente sarà in rappresentanza del nord. Le cariche a livello nazionale (governo, parlamento) verranno così distribuite: 70 per cento al Nord, 30 per cento agli indipendentisti. Per le regioni speciali il ruolo fondamentale di governatore andrà ai leader legati allo SPLA, ma il 60 per cento delle altre cariche politiche a uomini di Khartoum.
Un altro punto molto dibattuto è stato quello relativo all’applicazione della Sharia (legge islamica). Secondo le intese la Sharia sarà applicata nel nord ma non nel sud. Per quanto riguarda la capitale, Khartoum, dove vivono numerosi cristiani e animisti provenienti dal sud, è stato raggiunto un compromesso: durante il periodo di transizione, la Sharia verrà applicata nella capitale, ma ai non musulmani saranno garantite misure di protezione e di esenzione dalla legge coranica per le pene più inumane (amputazioni e lapidazioni). Secondo gli accordi, i proventi delle risorse petrolifere, che sono concentrate per lo più nel sud, saranno divisi a metà, tra il governo centrale e l’amministrazione delle regioni meridionali.
Il 20 settembre 2005 è stato formato il primo governo di unità nazionale del Sudan, al termine di settimane di difficili discussioni. L’esecutivo comprende 29 ministri e 33 viceministri, oltre a 12 consiglieri presidenziali con rango di ministro. Ne fanno parte cinque donne (due ministri, due viceministri e un consigliere presidenziale).
Rimane escluso delle intese il Darfur, regione dell’ovest confinante con il Ciad. Qui dal febbraio 2003 è in corso una feroce guerra tra esercito e milizie filo-governative da una parte, e due movimenti di guerriglia che rivendicano una maggiore attenzione da parte del governo centrale allo sviluppo della regione. Il Darfur è da anni al centro di tensioni tra le popolazioni arabizzate dedite alla pastorizia e gli agricoltori appartenenti a etnie discendenti dai primi abitanti della zona. Questo conflitto non ha una dimensione intereligiosa perché la maggior parte dei contendenti sono di religione islamica. La guerra del Darfur ha provocato almeno 20mila morti, 2 milioni di profughi interni e 200mila rifugiati in Ciad. (L.M.) (Agenzia Fides 12/12/2005 righe 65 parole 882)


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