Photo Apostolic Vicariate of Southern Arabia (AVOSA)
del Cardinale Luis Antonio Gokim Tagle
L'Agenzia Fides pubblica l'omelia pronunciata dal Cardinale Luis Antonio Gokim Tagle martedì 23 dicembre, durante la Santa Messa - da lui presieduta -celebrata con la comunità di lavoro del Dicastero per l’Evangelizzazione (Sezione per la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari) nella Cappella dei Re Magi, nel Palazzo di Propaganda Fide. Nell’omelia, il Cardinale Pro-Prefetto del Dicastero missionario ha condiviso con i presenti alcune riflessionisulle sue recenti visite in Azerbaigian, Malesia e Emirati Arabi Uniti
§§§
Roma (Agenzia Fides) - Ringraziamo il Signore che ci ha riuniti come famiglia del Dicastero per l'Evangelizzazione attorno alla mensa eucaristica, mentre si avvicina la commemorazione della nascita di Gesù.
I superiori mi hanno chiesto di condividere alcune riflessioni su tre eventi recenti a cui ho partecipato: il venticinquesimo anniversario della missio sui iuris in Azerbaigian lo scorso ottobre, il secondo Congresso Missionario Asiatico tenutosi a Penang, in Malesia, lo scorso novembre e le tradizionali messe della novena prima di Natale dei filippini ad Abu Dhabi e Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, la scorsa settimana. Non preoccupatevi. Non racconterò ogni singolo dettaglio di questi eventi. Piuttosto, lascerò che sia il Vangelo letto nella liturgia di oggi a guidare la nostra riflessione.
Il figlio di Zaccaria ed Elisabetta era nato. Nessuno si aspettava che avrebbero ancora avuto un figlio, ma eccoci qui: il figlio era nato. Per la circoncisione del bambino sorse una domanda importante: come si sarebbe chiamato il bambino? Zaccaria ed Elisabetta insistettero: «Si chiamerà Giovanni». Il nome Giovanni significava «Dio è misericordioso, è benevolo». Era un nome che non esisteva nella famiglia, ma indicava chiaramente che il bambino era frutto dell'azione del Dio misericordioso. Il nome conteneva anche la missione del bambino, che era quella di indicare un futuro atto di misericordia di Dio. Il nome e la missione di Giovanni sono intimamente legati al nome di un altro bambino, Gesù, un nome che significa «Dio salva». Gesù, figlio di Maria e Giuseppe, adempie la promessa profetica della venuta dell'Emmanuele, che significa «Dio è con noi».
Un nome non è solo un'etichetta. Esso parla di una presenza, una presenza attiva che diventa una missione. Sia Giovanni, il precursore, sia Gesù, Colui che deve venire, sono portatori della presenza misericordiosa e salvifica di Dio.
Con quale nome chiamerò le mie esperienze in Azerbaigian, Malesia ed Emirati Arabi Uniti? Ciò richiede il discernimento della presenza e dell'azione di Dio tra i popoli.
Servire il popolo in Azerbaigian
Venite con me in Azerbaigian. La missio sui iuris di Baku, affidata alla Provincia slovacca dei Salesiani di Don Bosco, è giovane, ha solo venticinque anni. Con una sola parrocchia in tutto il Paese, non abbiamo il numero esatto dei cattolici. Ma circa 400 persone partecipano regolarmente alle messe domenicali, la maggior parte delle quali sono migranti pieni di speranza nonostante le loro difficili condizioni di vita. Ci sono catecumeni che sono cresciuti senza praticare alcuna fede, ma che ora sono attratti da Gesù e dal Vangelo, grazie all'amicizia e al senso di comunità offerti dai cattolici. I Salesiani hanno un centro per bambini e giovani in una zona povera della città. Accolgono bambini e giovani di qualsiasi etnia o religione per corsi di recupero di matematica, lingue, musica, arte e sport. Le Missionarie della Carità di Madre Teresa gestiscono una casa per anziani malati e abbandonati. La parrocchia, il centro giovanile e la casa per anziani sono piccole oasi di presenza cristiana in quel vasto Paese, ma toccano i cuori e le vite, fanno brillare gli occhi dei giovani e sorridere gli anziani. Il ministro del governo responsabile del rapporto tra le religioni mi ha incontrato in un terreno che il governo aveva donato per la costruzione di una seconda chiesa. Con quale nome chiamerò questa esperienza? “Dio è misericordioso. Dio salva. Dio è con noi”.
In Malesia l’abbraccio delle Chiese d’Asia
Ora venite con me a Penang, in Malesia, sede del Secondo Congresso Missionario Asiatico. Il titolo ufficiale era “Il grande pellegrinaggio della speranza”, con il tema “Camminare insieme come popoli dell’Asia… e presero un’altra strada (Matteo 2,12)”, in riferimento ai Magi che, dopo aver incontrato Gesù, presero una strada diversa per tornare a casa, invece di tornare da Erode. Sono arrivati quasi 900 delegati da oltre 30 Paesi. È bene ricordare che la popolazione dell'Asia è di circa 4,8 miliardi di persone, di cui solo il 3% è cattolico. L'evento di quattro giorni è stato un mosaico di lingue, costumi nazionali, musica, danze, cibo, sorrisi, risate, lacrime e speranza, intessuto dal viaggio comune di raccontare la storia di Gesù in Asia, incontrare Gesù nei popoli, nelle culture e nei contesti dell'Asia, scoprire i nuovi percorsi indicati dallo Spirito Santo e camminare insieme nella speranza verso Gesù e il Suo Regno. Ci sono stati discorsi, workshop, conversazioni nello Spirito e testimonianze, liturgie commoventi e intensi momenti di preghiera, oltre a concerti culturali molto animati. Vescovi, sacerdoti, religiose e laici si sono mescolati tra loro nella riflessione, nella preghiera, nei pasti e nelle foto. Mentre venivano narrate le testimonianze dei diversi Paesi, ognuno si riconosceva nell'altro. Siamo vicini, siamo fratelli e sorelle, siamo amici. Sono stato entusiasta di incontrare l'unico sacerdote del Bhutan, i due delegati cinesi, i delegati di paesi in conflitto che mangiavano insieme, si abbracciavano e si incoraggiavano a vicenda. Con quale nome chiamerò questa esperienza? “Dio è misericordioso. Dio salva. Dio è con noi”.
Il “Sinbanggabi” dei filippini nella “Chiesa dei migranti” degli Emirati
Infine, benvenuti negli Emirati Arabi Uniti, Vicariato Apostolico dell'Arabia Meridionale, affidato ai Francescani Cappuccini. Oltre a partecipare agli incontri con il Vicario Apostolico, il clero, i religiosi e le religiose e i leader laici della Parrocchia Cattedrale di Abu Dhabi e della Parrocchia di Santa Maria a Dubai, ho celebrato le tradizionali messe filippine in preparazione al Natale chiamate Simbanggabi. Nelle Filippine queste messe vengono solitamente celebrate alle 3:30 o alle 4:00 del mattino dal 16 al 24 dicembre. I migranti filippini continuano questa tradizione negli Emirati dal 2001. A Dubai 30.000 persone hanno partecipato alla messa del 16 dicembre. Ad Abu Dhabi, il 17 dicembre, sono arrivate 18.000 persone. Tutti lontani da casa, considerano la parrocchia come la loro casa lontano da casa. Una Chiesa composta da migranti, dal vescovo ai fedeli laici più giovani, tutte persone in movimento, che formano una Chiesa stabile. Una Chiesa in movimento, in missione, è una Chiesa vivace e stabile. La Chiesa nel Golfo è quasi esclusivamente una Chiesa di migranti, provenienti principalmente dall'India, dalle Filippine, dal Nepal e da altri paesi asiatici. Sono loro a portare la presenza della Chiesa. Con quale nome chiamerò questa esperienza? “Dio è misericordioso. Dio salva. Dio è con noi”.
Azerbaigian, Malesia, Emirati Arabi Uniti: assomigliano alla casa di Zaccaria ed Elisabetta con il loro figlio Giovanni e alla mangiatoia di Betlemme con Gesù Bambino, Maria e Giuseppe. Una presenza umile ma potente di Dio tra gli umili e i perseguitati. Da lì il nostro Dicastero trae la sua vita e la sua missione. Con quale nome chiameremo noi stessi e gli altri? «Dio è misericordioso. Dio salva. Dio è con noi”». (Agenzia Fides 24/12/2025)
Photo Apostolic Vicariate of Southern Arabia (AVOSA)