NEWS ANALYSIS/OMNIS TERRA - Centrafrica: cosa c'è dietro la violenza interreligiosa

sabato, 21 marzo 2020 religione   guerre   violenza   società civile  

Bangui (Agenzia Fides) - Nella Repubblica centrafricana la guerra continua. Non è un vero conflitto civle e neppure uno scontro classico tra eserciti. È una violenza diffusa che mina la stabilità del Paese e colpisce duramente le popolazioni civili. A lungo i media e gli osservatori internazionali hanno parlato di una resa dei conti tra la comunità musulmana e quella cristiana. Con il passare degli anni, però, è emerso che dietro la facciata delle "tensioni religiose" (che pure esistono) si nascondano interessi economici di vecchie potenze coloniali (Francia), nuove potenze internazionali (Cina e Russia) e Paesi confinanti (Ciad, Sudan e Camerun). Ma dove affonda le radici questo scontro?
C’è una data che segna l’avvio di questa difficile fase politica e sociale della Repubblica centrafricana. È il 24 marzo 2013. In quel giorni il presidente François Bozizé è costretto a fuggire dalla capitale di fronte all’avanzata delle milizie Seleka. «Fin dall’indipendenza - ricorda al'Agenzia Fides padre Dorino Livraghi, Gesuita, per anni missionario a Bangui -, il Paese è stato scosso da colpi di Stato. La popolazione locale li considerava quasi fisiologici. Dopo le prime settimane di instabilità, tutto però tornava come prima. Questa volta si è capito che eravamo di fronte a qualcosa di diverso».
Le milizie Seleka erano composte da ribelli musulmani in maggioranza provenienti da Ciad e Sudan. Quindi stranieri e musulmani, in un Paese che ha sempre guardato con diffidenza le popolazioni che venivano dal Nord. «In realtà - osserva in un colloquio con Fides padre Aurelio Gazzera, carmelitano, missionario a Bozoum -, nel Paese non c’è mai stato un conflitto tra le comunità cristiane, animiste e musulmane. Anzi c’è sempre stato un delicato equilibrio che vedeva, da una parte, i cristiani occuparsi di agricoltura, piccolo commercio e amministrazione e, dall’altra, i musulmani occuparsi di allevamento e commercio all’ingrosso». Negli anni che sono seguiti al golpe contro Bozizé, ai miliziani Seleka si sono progressivamente contrapposti gruppi cristiano-animisti riuniti sotto la sigla anti-Balaka. «La religione è stata utilizzata in modo strumentale - continua padre Gazzera -. Per i leader delle milizie è un utile mezzo per aizzare i miliziani, quasi tutti giovanissimi, poveri e poco o nulla istruiti, contro gli avversari. La convivenza, possiamo dirlo senza essere smentiti, è stata minata dai comandanti e dai politici». (....) - continua


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