ASIA/MYANMAR - I Vescovi: la visita di Obama dà speranza per la democrazia e la libertà religiosa

lunedì, 19 novembre 2012

Yangon (Agenzia Fides) – “La visita del Presidente Obama è sicuramente un segno molto positivo per il paese e sarà un incoraggiamento a proseguire sulla strada delle riforme, verso la democrazia e la piena libertà religiosa”: è quanto dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Charles Bo, Salesiano, Arcivescovo di Yangon e Segretario Generale della Conferenza Episcopale del Myanmar, commentando il tour asiatico del Presidente Usa, Barak Obama, oggi in Myanmar.
L’Arcivescovo, che è anche Presidente delle Commissioni episcopali per la Formazione e per il Dialogo interreligioso, esprime “le grandi speranza dei Vescovi e di tutti i cristiani del Myanmar soprattutto riguardo alle libertà”, dopo una storica visita che nel paese ha registrato grande successo di pubblico. Il Presidente Obama ha incontrato sia il capo del Governo, Thein Sein, sia la leader dell’opposizione, Aung San Suu Kyi.
L’Arcivescovo dichiara a Fides: “La visita è stata molto amichevole. La folla era festante. Credo che l’evento sia una nota molto positiva nel processo di sviluppo verso la democrazia. Per alcuni il Presidente Obama doveva aspettare ancora un po’ prima di fare questo passo. Ma siamo sicuri che si avranno effetti positivi a livello sociale e politico per la popolazione, anche nel campo dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria”.
Un effetto sperato è quello relativo alla libertà religiosa: “Sul terreno ci sono situazioni diverse – spiega l’Arcivescovo a Fides – ma l’orientamento generale è positivo. Obama ha parlato di libertà di culto, che è propedeutica alla piena libertà religiosa. Come Vescovi siamo pieni di speranze. Credo che il governo si stia muovendo nella giusta direzione sul delicato tema delle libertà. In occasione della visita, ha concesso l’amnistia per 518 prigionieri, dando un segnale di buona volontà”.
La visita cade mentre il paese è attraversato da gravi conflitti etnici, come quello fra l’esercito e i ribelli kachin (nel nord del paese) o quello fra gruppi buddisti e musulmani Rohingya nello stato di Rakhine. “Per tali spinose questioni, non credo che la visita di Obama potrà avere un impatto diretto e immediato: ci vuole più tempo, siamo di fronte a situazioni complesse, nelle quali la parola d’ordine, più che mai necessaria, è riconciliazione: da qui bisogna ripartire per sanare queste ferite ancora sanguinanti e pacificare il paese”. (PA) (Agenzia Fides 19/11/2012)


Condividi: