AFRICA/CONGO RD - I missionari della rete “Pace per il Congo” criticano l’operazione militare contro i ribelli nell’est del Congo e propongono una soluzione politica

giovedì, 19 novembre 2009

Kinshasa (Agenzia Fides)- No a operazioni militari dall’esito incerto che provocano lutti e sofferenze alla popolazione civile; sì a riforme politiche in Congo e nei Paesi vicini e a un sistema di certificazione dei minerali per impedire che la loro esportazione finanzi i gruppi armati locali. Lo afferma la rete “Pace per il Congo”, promossa dai missionari che operano nel Paese, in una dettagliata analisi inviata all’Agenzia Fides dell’operazione militare Kimya II condotta dall’esercito congolese con l’appoggio della MONUC (Missione delle Nazioni Unite in Congo) contro le FDLR nel Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Le FDLR (Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda) sono il gruppo al quale si imputa la responsabilità principale dell’instabilità in questa area del Congo. Da mesi l’esercito congolese e la MONUC stanno conducendo l’operazione Kimya II per costringere gli appartenenti alle FDLR alla resa e al rimpatrio in Rwanda. Secondo i missionari l’analisi effettuata da esperti indipendenti dell’operazione è “abbastanza diversa dalla versione ufficiale che parla di successi militari, di obiettivi raggiunti, di restaurazione dell’Autorità dello Stato e di ripristino della pace”.
Le Ong aderenti alla Congo Advocacy Coalition hanno dichiarato che l'operazione militare Kimia II sta comportando un costo inaccettabile per la popolazione civile e che le sue conseguenze sul piano umanitario e dei diritti umani sono semplicemente disastrose. Il relatore speciale dell'ONU sulle esecuzioni extra-giudiziarie, Philip Alston, ha affermato che, sotto l'aspetto dei diritti dell'uomo, l’operazione ha avuto conseguenze catastrofiche. “Finalmente si comincia a dire chiaramente che i danni collaterali (centinaia di migliaia di sfollati, migliaia di casi di stupro, centinaia di villaggi interamente incendiati, almeno mille vittime civili, rappresaglie, spostamento delle FDLR verso l’interno della foresta congolese, …) sono di gran lunga superiori ai risultati ottenuti (pochi combattenti FDLR disarmati e rimpatri in Rwanda)” afferma “Pace per il Congo”.
“Se uno degli obiettivi di Kimya II è quello di allontanare le FDLR dai siti minerari, in vista di impedire loro l’accesso a fonti di autofinanziamento, sembra che l’operazione in corso sia, da questo punto di vista, fallimentare, dal momento in cui, una volta allontanate da certi siti minerari, le FDLR vi ritornano poi in seguito, perché né il governo congolese, né la MONUC riescono a mantenerne il controllo” affermano i missionari che propongono una soluzione non militare. “Invece di investire tanti mezzi finanziari in una operazione militare dall’esito incerto, si potrebbero impiegare quelle stesse risorse finanziarie per operazioni di monitoraggio e controllo delle frontiere, dei centri di acquisto ed esportazione, degli aeroporti, della rete stradale, delle vie fluviali e lacustri attraverso cui si realizza il commercio illegale dei minerali del Kivu. Risulta quindi importante accelerare, nelle procedure giuridiche e amministrative, l’introduzione di un codice di certificazione di origine delle risorse minerarie, per evitare delle esportazioni che possano finanziare dei gruppi armati (vedi Fides 30/4/2009 e 7/11/2009). Tali misure contribuirebbero non solo alla soluzione del conflitto, ma anche alla regolamentazione del settore minerario e preparerebbero le basi per un maggior sviluppo economico e commerciale della regione”.
“Sono tante le possibilità che potrebbero restituire la pace al Kivu e alla RDC. Basterebbe solo un pizzico di volontà politica e, soprattutto, lasciarsi interpellare dalla sofferenza del popolo” concludono i missionari. (L.M.) (Agenzia Fides 19/11/2009)


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