EUROPA/ITALIA - Padre Pio missionario come Santa Teresina del Bambin Gesù

sabato, 20 giugno 2009

Roma (Fides) – Rilanciamo l’intervista che l’Agenzia Fides realizzò alla vigilia della Beatificazione di Padre Pio (2 maggio 1999) a p. Fidel Gonzales Fernandez, missionario Comboniano, docente nelle Università Pontificie, che in qualità di Consultore della Congregazione per le Cause dei Santi, ha avuto l’opportunità di leggere e vagliare i 104 volumi di documentazione su padre Pio.

Qual è il senso della santità di p. Pio?
La vita, le opere e le virtù di un santo hanno un’unità che esprime il mistero di Cristo. Un santo è lo svelarsi del volto di Cristo per la gente in un dato momento storico. Tommaso da Celano, biografo di s. Francesco d’Assisi, nel prologo della sua “Vita prima” scrive: “Francesco rinnovò la Chiesa indicando ad altri, nella povertà e nella libertà interiore, una strada per la santità”. Anche la fondazione di un Ordine è il prolungamento nello spazio e nel tempo della carità stessa del fondatore. Tutto questo si applica a P. Pio: egli è un Franciscus redivivus, in cui si ripete la stessa esperienza carismatica del suo fondatore. Così egli rende il carisma di Francesco più vicino a noi.
La figura di p. Pio è penetrata nell’animo del popolo cristiano, anche e soprattutto dopo la sua morte. Papa Paolo VI, il 20 febbraio 1971, lo presenta come modello da imitare: “Guardate che fama ha avuto, che clientela mondiale ha adunato intorno a sé! Perché? Forse perché era filosofo o sapiente o aveva mezzi a disposizione?… Perché diceva messa umilmente, confessava dal mattino alla sera… Era uomo di preghiera e sofferenza!”.

Qual è, a suo avviso, il cuore dell’esperienza di p. Pio?
Uno spunto di riflessione del Card. Siri individua il nucleo fondamentale dell’esperienza carismatica di p. Pio: la partecipazione totale ai dolori spirituali della Passione di Cristo. “L’agonia dell’orto di nostro signore Gesù Cristo – scrive il Card. Siri – rappresenta il punto più profondo dell’esperienza spirituale intima di p. Pio. (…) La sua missione era quella di rinnovare la Passione”. E’ questo il nocciolo dell’esperienza di p. Pio, che emerge continuamente da una lettura attenta della documentazione e dei suoi scritti.

C’è una dimensione missionaria nell’esperienza del frate di Pietrelcina?
Questa immensa sofferenza ha una dimensione eminentemente missionaria, in quanto la sofferenza di Cristo è una sofferenza redentiva, in favore del recupero di tutta l’umanità. In p. Pio c’è una piena consapevolezza di partecipare, con le sue sofferenze fisiche e interiori, al mistero salvifico di Cristo in favore della salvezza del mondo. Egli ha la coscienza di continuare la Passione in favore della Chiesa, come S. Paolo: “Completo nel mio corpo ciò che manca dei patimenti del Cristo per il suo corpo, che è la Chiesa” (Col 1,24). Questa consapevolezza si fa sempre più chiara negli anni; ecco cosa scrive il 6 novembre 1919: “Povero me, sono stanco ed immerso nell’estrema amarezza, nell’angustia, la più angosciosa, non già di non potere ritrovare il mio Dio, ma di non guadagnare tutti i fratelli a Dio”. Egli ha una sola preoccupazione durante la vita: la salvezza dei peccatori. La dimensione universale della salvezza, che deve esser comunicata a tutti, è una costante nella sua vita.
Un altro aspetto missionario è il considerare il tempo non suo, ma degli altri. Il frate si dedica interamente ad abbracciare e consolare tutti. Per tanti peccatori p. Pio ha rappresentato l’abbraccio di Cristo che fa rinascere l’uomo. Egli non poté andare in missione, ma partecipa alla comunicazione della salvezza, come S. Teresina del Bambin Gesù, patrona delle missioni.
Testimonianza della sua missionarietà sono, inoltre, le grandi opere che egli ha lasciato in eredità. Esse dimostrano la sensibilità sociale del frate, che non è stato un mistico. In lui hanno trovato risonanza le sofferenze dell’umanità. P. Pio vuole che si faccia qualcosa per lenirle: l’ospedale nasce dalla sua carità. Egli coinvolge i gruppi di preghiera, che vogliono partecipare della sua esperienza spirituale, così la sua carità missionaria diventa opera concreta immediatamente.

Qual è il dono di p. Pio alla Chiesa?
P. Pio è una presenza feconda nella storia della Chiesa: egli porta il rinnovamento della vita cristiana in migliaia di persone che, nell’incontro con lui, ritrovano o acquistano la fede. Nel novembre 1922 p. Pio scrive di avvertire una voce che gli dice “Santificati e santifica!”. La sua esperienza di vita, inoltre, è all’interno del carisma francescano. La sua consacrazione a Cristo passa attraverso il carisma di Francesco, consapevolezza che lo accompagnerà sempre. Egli rappresenta anche una forte spinta di rivitalizzazione del carisma francescano: contribuisce a renderlo più vivo e presente nella Chiesa.

Cosa ha significato per la sua vita di sacerdote missionario conoscere p. Pio?
Conoscere p. Pio ha giovato alla mia anima, ha confortato la mia vocazione, mi ha aiutato ad essere sacerdote in modo più ecclesiale e profondo. Non l’ho avvicinato solo con l’approccio dello studioso, mio compito: accostarmi a lui è stata una grazia per la mia vita spirituale, di sacerdote e missionario. Mi ha colpito di p. Pio l’adesione totale alla Passione, l’amore speso con il Signore nella preghiera, la carità verso il prossimo che nasce dall’esperienza della carità divina e ha una dimensione sociale. Come missionario ho scoperto la sua apertura a tutti i problemi del mondo, di cui egli si preoccupava, e l’armonia che lo Spirito di Dio alitava in lui: un eterno bambino, un’infanzia spirituale, come s. Teresina, esultante alle sorprese che lo Spirito gli procurava. (da Fides del 30/04/99) (S.L.) (Agenzia Fides 20/06/2009)


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