VATICANO - Patire per Cristo nell’indifferenza del mondo

venerdì, 5 dicembre 2008

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Che oggi il Cristianesimo perseguitato nei vari scenari del mondo non faccia notizia è un fatto risaputo e costantemente confermato da quanta poca attenzione i media in genere (ed anche quelli cattolici) siano soliti dedicare al tema delle persecuzioni dei cristiani a causa della loro fede.
L’attenzione in questi casi, purtroppo sempre più numerosi, si accentra sulle ragioni politiche, sociali, etniche e quasi mai su quelle meramente religiose. Dire che i cristiani sono perseguitati a motivo di quella croce che adorano e prendono a modello delle loro esistenze, non è politically correct e soprattutto per taluni è un fatto da tacere, nascondere, rimpicciolire. Ma perché allora rimpicciolire la grandezza di uomini e donne semplici di varie nazioni che ogni giorno patiscono a motivo della loro fede? Perché oggi il compromesso e l’occultamento, l’ipocrisia e la viltà devono essere esaltati diffusamente rispetto alla virtù del coraggio e della coerenza che uomini e donne degli angoli più remoti del mondo testimoniano quotidianamente al decadente occidente troppo dimentico della sua identità per poterla ancora conservare ed essene coerente?
Emerge così dalle cronache quotidiane la volontà esplicita di ridurre le violenze che i cristiani subiscono in Somalia e Kenya, in Nigeria e Congo, nel Kurdistan e in India, a fatti slegati dal valore e dal significato del seguire Cristo fin sulla croce. Forse i media di mezzo mondo che controllano ed incanalano prioritariamente l’informazione all’interno di una griglia di significati e spiegazioni aborriscono l’immagine di questi folli che si lasciano picchiare e privare di ogni diritto, persino ammazzare, pur di restare fedeli alla Croce.
Pertanto, con l’ausilio di eminenti sociologi e politologi, riducono i conflitti a meri scontri locali, a realtà determinate, senza ricondurle al motivo principale: la fede in quel Cristo “che è scandalo per i Giudei e follia per i Greci”. Quella follia del martirio è d’altra parte sottovalutata o meglio occultata perché è ancora oggi per la società dell’opulenza materiale e del tracollo spirituale insieme “scandalo e follia”. Proprio mentre la laicizzata Europa (in Spagna) deturpa la propria eredità storica e spirituale dando la caccia ai Crocifissi nei luoghi pubblici nel nome della tolleranza, così anche dalle cronache dei giornali e dei telegiornali devono scomparire i cristiani: altrimenti sembrerebbe che siano gli unici a farsi perseguitare e ciò non potrebbe se non turbare l’armonia ecumenica e dialogante.
La verità è che in un mondo dominato dalla legge del più forte e dall’assoluto predominio della materia, della corporeità sull’anima e sullo spirito, il Cristianesimo sta tornando sempre più rapidamente ad essere secondo l’adagio di Nietzsche “la religione dei deboli”, la religione di un gruppo di pazzi. Allora meglio affondarla questa religione “debole” nel dialogo e nella conciliazione. Peccato però che dialogare ed essere concilianti possa solo aiutare non a salvarsi, bensì a capirsi meglio e purtroppo nei vari scenari del mondo non sono certo i Cristiani a non farsi capire… Il Cristianesimo, però, non è religione del dialogo come forma di vile e sussiegosa difesa dal nemico e del persecutore: è religione del perdono e del sacrificio nel nome di Cristo ed oggi non solo sono in pochi a sacrificarsi per Lui, ma sempre di meno ne comprendono le ragioni e li difendono. D’altra parte perché difendere e proteggere migliaia di uomini e donne che seguono lo “scandalo” e la “follia” di Cristo? (F.C.) (1 parte) (Agenzia Fides 5/12/2008)


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