AFRICA/SUDAN - La richiesta di incriminare il Capo dello Stato sudanese crea un importante precedente e suscita un vivo dibattito nella comunità internazionale

martedì, 15 luglio 2008

Khartoum (Agenzia Fides)-Due crisi africane sono al centro dell'attenzione della comunità internazionale che appare però divisa sui modi per risolverle. Dopo il veto russo e cinese ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU per imporre nuove, più dure, sanzioni al regime di Mugabe nello Zimbabwe, la decisione del Procuratore generale presso la Corte Penale Internazionale (CPI), Luis Moreno Ocampo di chiedere il rinvio a giudizio per il Presidente sudanese Omar al Bashir sta suscitando reazioni contrastanti.
Bashir è accusato di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità di cui sarebbe stato responsabile negli ultimi cinque anni nel Darfur. Tre giudici dell'udienza preliminare della Corte dovranno decidere nei prossimi mesi se le prove presentate dal pubblico ministero costituiscono una base ragionevole per passare all'arresto del Capo di Stato sudanese.
Il Sudan ha respinto le accuse e ha dichiarato di non riconoscere l'autorità della Corte Penale Internazionale. Le Nazioni Unite, temendo ritorsioni nei confronti dei propri funzionari, hanno richiamato il personale non indispensabile che opera nel Paese. La missione militare congiunta in Darfur dell'ONU e dell'Unione Africana (UNAMID) ha annunciato la "sospensione a tempo indeterminato" delle sue attività come forma precauzionale di fronte al rischio di un'eventuale ondata di violenze.
I Paesi africani appaiano molto preoccupati: l'Unione Africana ha chiesto alla Corte di sospendere qualsiasi decisione sull'eventuale arresto di Bashir "fino a quando non avremo risolto i principali problemi nel Darfur e nel sud Sudan'', paventando un "golpe militare e l'anarchia come è avvenuto in Iraq" se il Presidente Bashir venisse arrestato. La Lega Araba ha convocato il 19 luglio una riunione straordinaria dei Ministri degli Esteri dei 22 Paesi aderenti, accogliendo una richiesta del Sudan, appoggiata da Egitto, Siria, Arabia Saudita, Libia e Autorità Nazionale Palestinese. Anche l'Organizzazione per la Conferenza Islamica ha espresso "profonda preoccupazione" per la decisione del Procuratore generale di chiedere il rinvio a giudizio del Presidente sudanese.
Mentre il Ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner ha espresso il proprio appoggio alla Corte, appare paradossale invece la posizione degli Stati Uniti. Washington non ha aderito alla Corte Penale Internazionale ma è impegnata da tempo a denunciare le violenze commesse sulla popolazione civile del Darfur. Per il momento l'Amministrazione statunitense si è limitata a esprimere "preoccupazione" ed ha invitato tutte le parti alla calma. Washington, come pure il Segretario Generale dell'ONU, Ban ki Moon, temono soprattutto eventuali rappresaglie nei confronti delle popolazioni del Darfur, già provate da 5 lunghi anni di guerra civile.
Come nel caso dello Zimbabwe, nella crisi sudanese sono in gioco gli interessi economici di diverse potenze e il potere delle comunità internazionale di intervenire negli "affari interni" degli Stati, quando vi siano gravi violazioni dei diritti umani. L'eventuale incriminazione di Bashir, Capo di Stato in carica, creerebbe un importante precedente, sicuramente non gradito da diversi suoi colleghi. (L.M.) (Agenzia Fides 15/7/2008 righe 35 parole 473)


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