AMERICA/CILE - Nove Diocesi di frontiera di Cile, Perù e Bolivia coinvolte nel Progetto “Frontiere Solidali”, per accompagnare, accogliere ed assistere gli immigrati

mercoledì, 25 giugno 2008

Arica (Agenzia Fides) - La preoccupazione per le persone che escono dai loro Paesi in cerca di lavoro o migliori condizioni di vita per se stesse e per le loro famiglie, costituisce uno degli obiettivi prioritari della Caritas nella Regione dell’America Latina e dei Caraibi. Una zona con enorme traffico migratorio è costituita dalla triplice frontiera di Cile, Perù e Bolivia, dove un gruppo di sacerdoti Scalabriniani e Missionari di San Carlo Borromeo, insieme ad altri organismi ecclesiali, porta avanti un programma pastorale regionale che coinvolge 9 diocesi di questi Paesi confinanti.
Secondo quanto spiega padre Ildo Griz, scalabriniano, Coordinatore della équipe di Pastorale per la Migrazione Umana, il Nord del Cile, poiché ubicato in una zona di frontiera tra la Bolivia e il Perù, si è trasformato negli ultimi anni in un importante polo di attrazione di immigrati stranieri provenienti da questi Paesi limitrofi. Il gruppo più numeroso di immigrati è peruviano; le donne rappresentano la maggioranza e normalmente emigrano da sole prima di essere raggiunte dai loro mariti o figli. Segue il gruppo dei boliviani, dei professionisti ecuadoriani e, al quarto posto, dei colombiani che, nella maggior parte dei casi richiedono un rifugio.
Per Padre Ildo Griz, tra le cause principali di questa immigrazione vi sono le situazioni di conflitti armati attivi nella vicina Repubblica della Colombia, oltre alle difficili condizioni sociali, politiche ed economiche che si trovano ad affrontare i Paesi confinanti, conosciuti come paesi facili all'espulsione degli immigrati. Tutto ciò, insieme al fattore della vicinanza delle frontiere, facilita l’ingresso in Cile. L’elemento più preoccupante di questo fatto è la situazione che si trovano ad affrontare gli immigrati appena giunti, spiega P. Ildo Griz, perché è quasi sempre relazionata all’entrata nel paese in forma clandestina, all’abbandono sistematico delle persone, al traffico ignobile di uomini e donne, alla disintegrazione e disgregazione delle famiglie, alla perdita di identità e di valori culturali, agli abusi e allo sfruttamento lavorativo, al traffico di droghe, all’imprigionamento di uomini e donne privati della loro libertà, all'ammassarsi in abitazioni precarie, allo sfruttamento sessuale, alla discriminazione, ai pregiudizi e all’emarginazione.
Per dare risposta a questo problema, i Vescovi della Bolivia, del Cile e del Perù, le cui Diocesi condividono i territori confinanti, hanno favorito il Progetto “Frontiere Solidali”, al quale partecipano un gruppo di missionari Scalabriniani e di missionari di San Carlo Borromeo, insieme all’Istituto Cattolico Cileno per le Migrazioni (INCAMI) e alle Commissioni Episcopali di Pastorale della Mobilità Umana della Bolivia e del Perù. Il progetto conta inoltre sull’appoggio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e di altri organismi nazionali ed internazionali.
Gli obiettivi concreti del Progetto sono: accompagnare gli immigrati dalle loro comunità di origine, nel transito e nell’approdo; accogliere ed assistere, al loro arrivo, le persone nelle loro necessità ed accompagnarli nel processo di integrazione nella Chiesa e nella società locale; collaborare con le Diocesi della Regione nella formazione di équipe diocesane di pastorale migratoria; apportare contributi all’elaborazione di politiche migratorie al fine di promuovere tra gli immigrati la regolarizzazione della loro situazione; garantire alla popolazione che sollecita asilo nella Regione, l’accesso al sistema di rifugio e protezione, attualmente vigente nei Paesi della Regione; monitorare la situazione dei diritti umani degli immigrati nella Regione.
Il Progetto coinvolge nove Diocesi di frontiera, firmatarie e garanti del progetto: le Diocesi di Oruro, Corocoro e El Alto, della Bolivia; le Diocesi di Arica, Iquique, Calama e l’Arcidiocesi di Antofagasta del Cile; le Diocesi di Tacna e Puno, del Perù.
“Come risultato di questo progetto - spiega P. Ildo Griz - speriamo di creare una metodologia nuova di lavoro, un nuovo modello pastorale di mobilità umana, che ci permetta presto di applicarlo ad altre frontiere del nostro Continente, perché i flussi migratori confinanti non sono una sfida per la Chiesa cilena, bensì per la Chiesa universale”. (RG) (Agenzia Fides 25/6/2008)


Condividi: