AMERICA/ARGENTINA - La “Dignità della vita umana” ribadita dai Vescovi di Rio Negro dopo l’approvazione della legge conosciuta come legge della "Morte degna"

lunedì, 10 dicembre 2007

Rio Negro (Agenzia Fides) - I Vescovi della Regione di Rio Negro (diocesi di Alto Valle, San Carlos di Bariloche e Viedma), informati dai mezzi di comunicazione dell'avvenuta approvazione, lo scorso 29 novembre, della legge conosciuta come legge della "Morte degna", hanno diffuso un comunicato intitolato “Dignità della vita umana”, indirizzato a tutti i fedeli della Provincia.
La legge sulla "Morte degna" stabilisce che ogni persona che soffra di una malattia irreversibile, si trovi in uno stato terminale o abbia subito un incidente con conseguenze irrimediabili, abbia "diritto" a manifestare il suo rifiuto ai procedimenti chirurgici di idratazione ed alimentazione e di rianimazione artificiale. È previsto, inoltre, che quando il paziente sia incapace di prendere la decisione, il rifiuto al trattamento possa comunque essere realizzato dal coniuge, dal rappresentante legale o da un discendente diretto.
I Vescovi riprendono nel loro comunicato il Messaggio già diffuso lo scorso 11 luglio, nel quale esprimevano il pensiero della Chiesa rispetto al progetto che in quel momento era in discussione presso gli organi legislativi della Provincia e conosciuto appunto come "Morte degna" (vedi Fides 13/7/2007). Questo Messaggio è stato inviato a tutti i legislatori provinciali. Tuttavia, come si legge nella nota successiva, in nessuno degli Episcopati della regione è giunta alcuna risposta, né è stato rivolto alcun invito a dialogare su questa delicata questione.
Richiamano quindi la posizione della Chiesa a proposito dell’"accanimento terapeutico", già espressa nel messaggio precedente, rilevando che "davanti all'imminenza di una morte inevitabile, nonostante i mezzi impiegati, è lecito in coscienza prendere la decisione di rinunciare ad alcuni trattamenti che procurerebbero unicamente un prolungamento precario e penoso dell'esistenza, senza interrompere tuttavia le cure normali dovute al malato in casi simili". Ricordano che "l'amministrazione di acqua ed alimenti, benché avvenga per vie artificiali, rappresenta sempre un mezzo naturale di conservazione della vita, non un atto medico. Pertanto il suo uso deve considerarsi, in via di principio, ordinario e proporzionato... smettere di idratare ed alimentare un paziente è, semplicemente, condannarlo a morte per disidratazione e/o denutrizione". I Vescovi concludono affermando che l'assistenza religiosa "è un diritto ed un aiuto prezioso per ogni paziente, specialmente nella fase finale della vita”, inoltre se è ben ricevuta, “trasforma il dolore stesso in un atto di amore redentivo e la morte in apertura verso la vita piena e felice in Dio". (RG) (Agenzia Fides 10/12/2007; righe 28, parole 386)


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