EUROPA/ITALIA - I bambini: oggetti di consumo e di violenza o persone ? A diciassette anni dall’approvazione ancora in larga parte inapplicata la “Convenzione sui diritti del fanciullo”

martedì, 27 novembre 2007

Roma (Agenzia Fides) - Il 36% delle donne e il 29% degli uomini residenti in Occidente, intervistati per studi condotti in ventuno paesi industrializzati, hanno dichiarato di aver subito abusi e violenze durante l’infanzia. Sono 275 milioni nel mondo, secondo le stime, i bambini che assistono a episodi di violenza e maltrattamenti all’interno delle mura domestiche. Solo quindici Paesi proibiscono nei loro ordinamenti, in modo chiaro ed esplicito, le punizioni corporali che i bambini subiscono nelle loro case.
A quel che avviene in Occidente, fa da contrappeso quel che avviene in molte famiglie dei paesi in via di sviluppo, dove, insieme a pratiche tradizionali che costituiscono un grave pregiudizio per la salute, come le mutilazioni genitali femminili, vengono usate fasciature immobilizzanti e marchiature, praticati riti di iniziazione violenti e cosiddetti “esorcismi” pericolosi, imposti matrimoni precoci, i bambini vengono perfino costretti ad ingrassare.
Sono dati che fanno impressione, causati da una cultura e da comportamenti che non considerano il bambino come persona e come titolare di diritti. Ma non sono solo la famiglia o le comunità di appartenenza, i luoghi dove i bambini sono trattati come oggetti, di consumo e di violenza. Lo si evince dai dati dello “Studio delle Nazioni Unite sulla violenza nei confronti dei minori”, presentato di recente alle Nazioni Unite, redatto da un esperto indipendente, Paulo Sergio Pinheiro.
L’ambiente di lavoro è un altro luogo di sofferenza per i bambini. Altissimo, nel mondo, è il numero di bambini lavoratori, duecentodiciotto milioni: per centoventisei milioni di questi bambini si tratta di svolgere attività lavorative rischiose e dunque violente. Per estinguere un debito, vengono obbligati al lavoro 5,7 milioni di bambini; dei 1,8 milioni di bambini coinvolti nell’affare prostituzione e pornografia, 1,2 milioni sono vittime del traffico di minori che viene gestito per questo scopo.
Alla famiglia, all’ambiente di lavoro, si aggiungono altri luoghi di violenza, di soprusi, di sofferenza, quegli stessi luoghi dove il bambino-persona dovrebbe conoscere e vivere il mondo, socializzare, crescere. La violenza può provenire anche da internet o attraverso i telefoni di nuova generazione, può essere praticata in strada (nel 2002 sono stati assassinati nel mondo 53.000 bambini e ragazzi fino ai 17 anni di età), può essere subita nel luogo educativo per eccellenza, la scuola. Alle violenze illegali, il cosiddetto “bullismo” - in una ricerca condotta in 16 paesi in via di sviluppo, dal 20 al 65% dei bambini intervistati hanno affermato di aver subito nei 30 giorni precedenti atti fisici o verbali di violenza - si aggiunge la violenza legalizzata: sono oltre un miliardo e duecentocinquanta milioni (la metà di tutti i bambini del mondo) i bambini che vivono in Paesi dove le punizioni fisiche da parte degli insegnanti sono considerate legali, contro tutte le Convenzioni delle Nazioni Unite, che restano totalmente inapplicate.
Dopo diciassette anni dalla sua approvazione, risulta inattuata la “Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite”, considerato che 78 Paesi ancora ammettono la punizione corporale dei minori nell’ambito dei provvedimenti disciplinari, mentre ben 106 nazioni non vietano attraverso una legge specifica le punizioni corporali a scuola. In 36 Paesi, la flagellazione, la lapidazione e l’amputazione sono praticate anche nei confronti di minori che hanno commesso reati. In 43 Paesi si ricorre alle punizioni corporali nei confronti dei minori-detenuti, sebbene il 90% di loro non abbia commesso reati gravi. Se i minori-detenuti sono oltre un milione nel mondo, il numero dei bambini-soldato è in forte incremento. In base al recente Rapporto delle Nazioni Unite, sono ducentocinquantamila (al 40% bambine) i ragazzi sotto i diciotto anni reclutati in forze armate statali o in milizie non governative. Questo avviene anche in Paesi firmatari dell'apposito Protocollo opzionale dell'Onu alla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia. (D.Q.) (Agenzia Fides 27/11/2007; righe 46, parole 616)


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