EUROPA/ITALIA - Approfondimenti storico-scientifici - “Concili ecumenici e Concili generali”

venerdì, 9 novembre 2007

Roma (Agenzia Fides) - Nell’ambito degli approfondimenti storico-scientifici, pubblichiamo la posizione di padre Garuti sul tema “Concili ecumenici e Concili generali”. P. Adriano Garuti, OFM, è Professore ordinario di Ecclesiologia ed Ecumenismo presso la Pontificia Università Lateranense. Già Capo ufficio della Congregazione della Dottrina della Fede negli anni in cui era Prefetto il Card. Joseph Ratzinger.

La preannunciata pubblicazione dell'opera Conciliorum Oecumenicorum Generaliumque Decreta, a cura dell'Istituto per le scienze religiose di Bologna, ha dato inizio ad una serie di precisazioni, ovviamente di intonazione diversa.
Il tutto è cominciato con una Nota (contrassegnata con tre asterischi) apparsa su L' Osservatore Romano del 3 giugno 2007, con relative repliche di Giuseppe Ruggeri (Repubblica, 8 giugno) e di Alberto Melloni (Corriere della sera, 9 giugno). Sullo stesso Osservatore Romano (11 luglio) ha fatto seguito un intervento di Mons. Walter Brandmüller, Presidente del Pontificio Comitato di scienze storiche - Quando un concilio è davvero ecumenico? - al quale non tardava a controbattere lo stesso Melloni: Concili ecumenici fra storia e tradizione (Corriere della sera, 22 luglio).
Sostanzialmente la discussione è condotta a livello storico, a proposito del quale, pur riconoscendone l' indubbia importanza, mi limito a due precisazioni sul significato della presunta distinzione tra concili "ecumenici" e concili "generali" attribuita a Giovanni XXIII e a Paolo VI. Maggiore considerazione meritano invece le questioni dottrinali collegate con tale distinzione.
Ancor prima dei due citati Sommi Pontefici, già il Vaticano I tra i concili ecumenici che hanno testimoniato l'infallibilità del Romano Pontefice cita “innanzi tutto quelli, nei quali l'Oriente conservava l'unione con l'Occidente nella fede e nella carità”(1), richiamandosi non solo al Costantinopolitano IV, ma anche ai concili di Lione e di Firenze(2). Inoltre Pio X nella condanna delle tesi “false, temerarie, estranee alla fede cattolica” del Principe Max di Sassonia, include anche quella che “dubita se i concili generali celebrati dopo lo scisma d'Occidente, ossia dall'ottavo al Vaticano, siano da ritenersi veramente ecumenici”(3).
Per quanto riguarda l'intenzione di Giovanni XXIII di “convocare un concilio generale per la chiesa cattolica”, anch'io la considero "irrilevante", non solo perché di fatto l'espressione è stata “riassorbita poi nella dicitura 'concilio ecumenico'”, ma anche perché è priva di significato l'illazione seguente, ossia che “il papato sapeva che solo prendendo atto della divisione sull'ecumenicità la cattolicità poteva accogliere la vocazione ecumenica rivolta dallo Spirito alle chiese”. La coscienza dello stato di divisione non comporta, infatti, che la cattolicità sia perduta con la divisione delle Chiese, perché come vedremo, la Chiesa di Cristo continua ad esistere nella Chiesa cattolica, alla quale può essere attribuita tale qualifica nel suo senso originario di "universale" e quindi la riunione dei suoi vescovi costituisce un vero e proprio "concilio ecumenico".
Una ulteriore dimostrazione si trova in Paolo VI, il quale effettivamente ha qualificato il II concilio di Lione come “sesto tra i sinodi generali celebrati nel mondo occidentale” (4), e in realtà tale qualifica viene spesso interpretata come equivalente al riconoscimento di un esercizio giuridico della collegialità a livello patriarcale per i concili ecumenici della Chiesa Cattolica Romana del II millennio.
In realtà l'affermazione di Paolo VI riveste una connotazione semplicemente geografica, analoga a quella che lo stesso Papa, seguendo del resto Unitatis Redintegratio 14, dà ai “concili ecumenici celebrati in Oriente”(5). Egli si riferisce dunque alla celebrazione dei concili nel territorio occidentale o orientale, senza però fare una discriminazione di valore tra gli uni e gli altri. D'altronde all'inizio della stessa lettera Paolo VI definisce il Concilio di Lione un evento “che occupa un posto preminente negli annali della Chiesa universale”. Non sembra pertanto lecito limitare il concilio di Lione, e più in generale quelli del II millennio, ad espressione della collegialità a livello del patriarcato d'Occidente e riconoscere il carattere di ecumenicità soltanto ai concili del I millennio.
In conclusione, indubbiamente sotto l'aspetto storico potrà essere ulteriormente chiarita la distinzione, se non altro per arrivare a decidere in maniera definitiva il numero stesso dei concili ecumenici, approfondendo quei "corollari" che il Melloni rimprovera a Brandmüller di aver trascurato. Ma anche in questo caso si dovrà tener presente quanto affermava l'allora Cardinal Joseph Ratzinger a proposito del primato del Successore di Pietro: la ricerca storica “non può fornire una certezza apodittica della verità della fede”, poiché “il vero senso dei fatti storici non si rivela a partire dalla mera registrazione fotografica dei fatti come tali”, ma è necessaria una collaborazione tra storia e teologia, che può essere fruttuosa solo se “l'accrescimento della conoscenza dei dati storici (ed esegetici, con riferimento alla Bibbia), porterà .a distinguere sempre meglio ciò che è necessario e irrinunciabile e ciò che è accidentale o non essenziale alla verità di fede”. D'altronde tale collaborazione “esige che la questione della valutazione dottrinale dei dati storici sia fatta alla luce della Tradizione, come luogo e criterio della coscienza veritativa della fede ecclesiale”(6).
Sotto l'aspetto dottrinale - vero nocciolo della questione - con la distinzione tra concili "ecumenici" e concili "generali" si pone in discussione innanzi tutto l'ecumenicità dei concili celebrati dopo lo scisma d'Oriente. La Chiesa cattolica ha sempre riconosciuto, seppure con alcune titubanze e in seguito a talune chiarificazioni, che i grandi concili del I millennio sono stati veramente ecumenici. Limitandoci alle testimonianze dello stesso Paolo VI, nell'udienza del mercoledì 2 agosto 1967 ricordava che una delle ragioni che lo avevano indotto alla sua “rapida escursione” in Turchia era costituita dal “desiderio di onorare la memoria dei primi celebri Concili ecumenici, i quali ebbero nel vicino Oriente le sedi che li definiscono”, e che non solo ebbero “indiscussa e suprema autorità” anche in Occidente, ma “furono riconosciuti dalla Chiesa latina come ecumenici”. Ancora più esplicitamente afferma di aver voluto dare all'Oriente “assicurazione che la fede nei Concili celebrati in quella terra benedetta e riconosciuti dalla Chiesa latina come ecumenici, è tuttora la nostra fede” (7).
Da parte ortodossa non vi è stato però analogo riconoscimento dei concili del II millennio e neppure dei dogmi mariani definiti ex cathedra. Sulla stessa linea si sono posti alcuni teologi cattolici, i quali ritengono che si tratterebbe di concili unilaterali, in quanto non vi ha preso parte l'ortodossia, che non era in comunione con Roma, e quindi i loro contenuti dottrinali sono da considerarsi theologoumena, ossia visioni dottrinali della sola Chiesa occidentale, per cui non rientrano nel deposito comune della fede, nel patrimonio universale, e non fanno parte di ciò che è essenziale per la comunione ecclesiastica.
In tal modo si viene a negare, soprattutto, che dopo lo scisma esista ancora l'unica Chiesa di Cristo; ne esisterebbero invece diverse che mediante il dialogo ecumenico dovrebbero raggiungere la piena reciproca comunione. L'unica Chiesa di Cristo sarebbe dunque ancora in fieri, e non sussisterebbe più nella Chiesa Cattolica (Cf. LG 8).
Giustamente Melloni cita Roger Aubert per affermare che “come non ci sono due matematiche, una cattolica e una no, non ci sono neppure due storie”. Però non esistono neppure due dottrine: una cattolica e una no. (Adriano Garuti, ofm) (Agenzia Fides 9/11/2007; righe 90, parole 1156)
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(1) DS 3065,
(2) DS 3066-3068.
(3) Pio X, Ep. « Ex quo, nono » ad Delegatos Ap. Bysantii, in Graecia, Aegypto, Mesopot etc, 20 decembris 1910: AAS 3 (1911) 120.
(4) Epistula E.mo P. D. Ioanni Cardinali Willebrands, 19 octobris 1974: AAS 66 (1974) 620; Ins XII, 941-942.
(5) PAOLO VI, Litterae «Anno ineunte» Athenagorae I Patriarchae oecumenico Constantinopoli traditae, de initis inter Ecclesiam Occidentis et Ecclesiam Orientis rationibus unitatis redintegrationis fovendae, 25 iulii 1967: AAS 59 (1967) 853; Insegnamenti V, 394, 402.
(6) Discorso in apertura del Simposio del 1996, 17-18
(7) Insegnamenti V, 412-413.
(8) Cf. i diversi documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede (Mysterium Ecclesiae; Notificazione sul volume « Chiesa: Carisma e potere. Saggio di ecclesiologia militante » del Padre Leonardo Boff, O.F.M; Communionis notio: Dominus Iesus), richiamati nelle recenti Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa (29 giugno 2007), nn 2-3 e rispettivo articolo di commento.


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