EUROPA/ITALIA - “La bioetica al servizio delle Missioni”: intervista a P. Giuseppe Buono, PIME, coautore di un libro che analizza i punti comuni tra il lavoro di un bioeticista e l’opera di un missionario

venerdì, 18 maggio 2007

Roma (Agenzia Fides) - Cosa possono avere in comune un missionario e un bioeticista? Apparentemente nulla. L’uno infatti dedica tutta la sua esistenza alla diffusione del Vangelo nella carità fraterna. L’altro invece - soprattutto se di stampo personalista e vicino al pensiero della Chiesa - può sembrare un “topo di biblioteca”, troppo intento nei suoi studi fino a perdere il contatto con la realtà. Eppure queste due figure tanto differenti perseguono un fine comune, lavorano in maniera sì autonoma e indipendente, ma parallelamente come le rotaie di un binario. E’ questo - forse in estrema sintesi - il filo rosso del manuale di p. Giuseppe Buono e Patrizia Pelosi edito dall’Editrice Missionaria Italiana (EMI), intitolato “Bioetica - Religioni - Missioni. La bioetica al servizio delle missioni”.
“Il bioeticista e il missionario - si legge a pagina 367 - si incontrano anche senza cercarsi nella strada dell’uomo, si incontrano perché entrambi cercano di realizzare la pienezza dell’umanità, l’uno per difenderla, l’altro per salvarla”. Difendere e salvare entrambi la pienezza, quindi la verità, della persona umana. Questo è quanto le due figure hanno in comune. Ma la terra di missione, per sua stessa definizione, spesso è una terra di confine e di incontro con le altre religioni del mondo. Anch’esse, in quanto portatrici ognuna di una visione sull’essere umano, hanno precise posizioni sui problemi riguardanti la vita e la sua etica. Posizioni che a volte sono lontane se non contrastanti, come per esempio tra religione ebraica e cattolica in materia di aborto; o ancora le vedute totalmente divergenti che si hanno tra mondo islamico e chiesa cattolica in fatto di contraccezione. Queste divergenze spesso nascono da diverse se non opposte antropologie che solo a fatica si può pensare di far convergere.
Ma secondo Padre Giuseppe Buono, autore del manuale insieme alla dottoressa Patrizia Pelosi, il punto di incontro è il comune intento di ogni religione nella salvaguardia della natura umana. “Il punto di partenza sono i principi comuni nella salvaguardia della vita. Le grandi religioni - ricorda all’Agenzia Fides P. Buono, sacerdote del PIME e docente di Missiologia - si incontrano nella concezione di un Dio Creatore per cui l’uomo non è padrone della vita ma ne deve essere un buon amministratore. Proprio da qui si può tra l’altro cominciare un promettente dialogo interreligioso”.
Una volta individuato il comune punto di incontro si deve ora giustificare cosa avrebbe da dire la bioetica in terra di missione, laddove l’attenzione quotidiana è diretta spesso alle esigenze quotidiane, come mangiare, curarsi o semplicemente sopravvivere. Proprio in un contesto simile, però, la dignità della natura umana è più a rischio perché più debole, indifesa, comunque facilmente ricattabile. Padre Buono punta il dito anche contro “lo sfruttamento vergognoso dei paesi industrializzati verso le zone più indifese del pianeta. Tale sfruttamento lede direttamente la dignità delle persone, e in quanto tale va arginato”. Anche per questo le risposte della bioetica possono essere strumenti preziosi per il lavoro dei missionari, a cui è rivolto il manuale di P. Buono, del quale la dottoressa Pelosi, medico e bioeticista ha curato la parte scientifica.
Non va però fatto un errore grossolano, quello cioè di pensare che l’occidente colto ma anche poco coerente, abbia poco da imparare dalle culture che si trovano in terra di missione. Anzi.” L’Africa e gli africani hanno molto da insegnarci per quanto riguarda la sacralità e la salvaguardia della vita. Spesso - dice P.Buono - noi missionari siamo guardati male quando si sa quello che in materia di aborto si fa nei pesi industrializzati”.
La bioetica allora, come risposta ai problemi che riguardano la vita corporea dell’essere umano, può diventare addirittura un tutt’uno con il lavoro missionario, perché, come si sosteneva prima, entrambe camminano nella stessa direzione e hanno un unico fine, la salvaguardia della dignità della persona umana.
Come realizzare tutto questo? Ricette già pronte e soluzioni preconfezionate non ce ne sono. I problemi, soprattutto quelli che si incontrano quotidianamente sul campo, sono spesso troppo complessi da poterne fornire chiare e immediate risposte. Forse solo una cosa è essenziale e determinante: “La cosa fondamentale che viene prima di tutto è la testimonianza” sostiene padre Buono. (F.B.G.) (Agenzia Fides 18/5/2007 - Righe 50, Parole 686)


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