EUROPA/ITALIA - L’Eucarestia: Natale di ogni giorno - Una riflessione dell’Abbadessa delle Benedettine dell’Abbazia di Rosano

venerdì, 22 dicembre 2006

Rosano (Agenzia Fides) - In un momento storico in cui si acutizzano con una intensità finora forse mai uguagliata i problemi della fame e - triste novità di ombra in un quadro sempre luminoso - quelli della sete, e più ancora i problemi di una fame ben più profonda, fame di pace, di giustizia, di valori a cui ancorare la vita, di mete a cui valga la pena tendere, di felicità vera… andiamo a Betlemme, la casa del pane, sostiamo in amorosa contemplazione di quel piccolo Bambino e scopriamo in Lui, Dio da Dio, Verbo fatto carne per noi e per la nostra salvezza, il cibo vero, unico, soprasostanziale della nostra vita.
Il cibo è l’elemento che nutre il nostro corpo, lo fa crescere a qualunque stadio di vita si trovi, lo conserva nell'esistenza, assunto nel modo giusto lo purifica, può diventare segno di condivisione e di festa.
Chiediamoci allora: quel Bambino che contempliamo con il cuore colmo di commozione nella grotta di Betlemme, che con Maria adoriamo cantando a Lui le solenni melodie gregoriane e le dolci pastorali, è davvero per noi, per la nostra vita spirituale, quello che il pane, il cibo materiale, è per il nostro corpo? Siamo davvero certe, per fede, che Lui è quel pane vero per noi che fatichiamo nel cammino, quel pane che ci dà forza, quel pane che ci purifica, che ci fa crescere, che ci conserva nella vita e nella gioia nonostante la fatica e le difficoltà, che sazia ogni nostra “vera” fame o tante volte torniamo, come i nostri progenitori, a mangiare erba che oggi c’è e al primo sole secca lasciandoci vuoti e insoddisfatti? Ma tutto questo può avvenire solo se assimiliamo questo cibo, cioè se lasciamo che raggiunga ogni minimo atomo del nostro essere portando la “Sua" vita, ogni particella della nostra mente perché impari a giudicare, valutare, pensare come Lui giudica, valuta, pensa, ogni fibra del nostro cuore, perché ami solo e sempre ciò che Lui ama e come Lui ama.
Nel famoso discorso di Cafarnao Gesù ha detto che Lui è il vero pane disceso dal cielo che dà la vita non come la manna che hanno mangiato i nostri padri e sono morti (cfr Gv 6,58), dobbiamo quindi stare attenti che questo “Pane” è, e deve essere per noi, superiore alla manna che pure aveva in sé ogni dolcezza e si adattava ai bisogni di ognuno, ma nel rispetto dell'ordine di Javhe, nella fiducia che si accontenta del necessario per l'oggi, senza preoccuparsi senza misura per il domani.
Dice Baldovino di Ford: “Tanto Dio ha amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (Ef 2,4). È questa la vera manna fatta piovere dal Signore come cibo… Egli che solo basta ad appagare tutti i desideri… Egli si dà in misura diversa agli uni e agli altri, a seconda del desiderio, dell’attesa e della sensibilità di ciascuno… Egli ha un sapore per l'uomo pentito, e uno per quello che inizia; uno per l'uomo in cammino e uno per quello arrivato… Dolce è il sapore della manna quando solleva dalle angustie, quando cura le debolezze, quando mitiga le tentazioni, quando aiuta un inizio e corrobora la speranza”.
Gesù, nato a Betlemme, è per noi tutto questo? Se ci sentiamo poco puri, poco pronti a riceverlo in noi, diciamogli con Giovanni di Fécamp: “Tu sei il pane e la fonte della vita, tu sei il lume dello splendore eterno, tu sei quello di cui vivono i giusti che ti amano. O Dio, luce dei cuori che ti vedono e pane per la fame interiore della anime che ti amano, forza che fecondi lo spirito e il grembo dei pensieri di chi ti cerca, per unirli strettamente al tuo santo amore. Vieni nel mio cuore… come unico mio bene. Aderire a Te, ecco quello che per me è bene, sicuro e tranquillo… Che cosa sei per me? Dimmi, nella tua compassione, Signore, Dio mio, che cosa sei per me. Di' all'anima mia: ‘Io sono la tua salvezza’, dillo in modo che lo senta…”.
Allora, in questo Natale, e in ogni comunione in cui questo Bambino viene in noi come cibo, potremo sperimentare che: “Dolce è Gesù e dolce il suo nome: la memoria di Lui è il desiderio dell'anima (Is 26,8). Dolce quando raccoglie le speranze, quando fa tacere i singhiozzi, quando pone fine ai sospiri ed asciuga le lacrime (Ap 7,17). Dolce nella purità della vita, dolce nella pace della coscienza, dolce nella speranza della visione. La sua inestimabile bontà è il primo tra i doni, è la più profonda delle gioie. Quanti lo assaporano ne avranno ancora fame (Sir 24,29) e quanti avranno fame saranno saziati (Mt 5,6). E una volta saziati lo loderanno sempre, e sempre sgorgherà dal loro cuore la memoria della sua bontà immensa (Sal 144,7)”. Le Benedettine di S. Maria di Rosano, Madre Maria Stefania Robione OSB. (Agenzia Fides 22/12/2006 - righe 54, parole 820)


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