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Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Pace, Giustizia, Verità. Sono le tre parole scelte da Papa Leone XIV per tessere il discorso rivolto Ambasciatori e Rappresentanti delle Nazioni nell’Udienza concessa ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. La pace che è “il primo dono di Cristo”, dono “attivo e coinvolgente, che interessa ciascuno di noi”. La giustizia negata anche dalle “disparità globali, che vedono opulenza e indigenza tracciare solchi profondi tra continenti, Paesi e anche all’interno di singole società”. La verità che “non è mai disgiunta dalla carità, che alla radice ha sempre la preoccupazione per la vita e il bene di ogni uomo e donna”.
La natura “sui generis” della diplomazia pontificia
Dopo aver ringraziato per l’indirizzo di saluto a lui rivolto dall’Ambasciatore della Repubblica di Cipro George Poulides, Decano del Corpo Diplomatico, ricordando “il suo instancabile lavoro, che porta avanti con il vigore, la passione e la simpatia che lo contraddistinguono”, Papa Leone ha voluto sottolineare che la diplomazia pontificia è “un’espressione della cattolicità stessa della Chiesa e, nella sua azione diplomatica, la Santa Sede è animata da una urgenza pastorale che la spinge non a cercare privilegi ma ad intensificare la sua missione evangelica a servizio dell’umanità”. Per questo essa “richiama continuamente le coscienze, come ha fatto instancabilmente il mio venerato Predecessore, sempre attento al grido dei poveri, dei bisognosi e degli emarginati, come pure alle sfide che contraddistinguono il nostro tempo, dalla salvaguardia del creato all’intelligenza artificiale”.
Il Pontefice nato a Chicago, introducendo un accenno eloquente al suo percorso esistenziale, ha fatto notare che “la mia stessa esperienza di vita, sviluppatasi tra Nord America, Sud America ed Europa, è rappresentativa di questa aspirazione a travalicare i confini per incontrare persone e culture diverse”. Tramite “il costante e paziente lavoro della Segreteria di Stato” ha proseguito Papa Leone “intendo consolidare la conoscenza e il dialogo con voi e con i vostri Paesi, molti dei quali ho avuto già la grazia di visitare nel corso della mia vita, specialmente quando ero Priore Generale degli Agostiniani. Confido” ha aggiunto, prefigurando un Pontificato che potrà essere scandito da numerosi Viaggi apostolici “che la Divina Provvidenza mi accorderà ulteriori occasioni di incontro con le realtà dalle quali provenite, consentendomi di accogliere le opportunità che si presenteranno per confermare nella fede tanti fratelli e sorelle sparsi per il mondo e di costruire nuovi ponti con tutte le persone di buona volontà”.
La natura umana e il dono della pace
La divisione e la contrapposizione – ha riconosciuto Papa Prevost, con il realismo cristiano con cui anche San’Agostino e i Padri della Chiesa guardavano alla condizione del genere umano, segnata dal Peccato Originale - “è parte della natura umana e ci accompagna sempre, spingendoci troppo spesso a vivere in un costante ‘stato di conflitto’: in casa, al lavoro, nella società”. E “per quanto ci si sforzi, le tensioni sono sempre presenti, un po’ come la brace che cova sotto la cenere, pronta a riaccendersi in ogni momento”.
In questo stato di cose – ha aggiunto il Vescovo di Roma – “la pace è anzitutto un dono: il primo dono di Cristo”. E’ però “un dono attivo, coinvolgente, che interessa e impegna ciascuno di noi, indipendentemente dalla provenienza culturale e dall’appartenenza religiosa, e che esige anzitutto un lavoro su sé stessi. La pace – ha aggiunto - si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi”.
Guardando agli scenari globali, Papa Leone ha riconosciuto come “fondamentale il contributo che le religioni e il dialogo interreligioso possono svolgere per favorire contesti di pace. Ciò naturalmente esige il pieno rispetto della libertà religiosa in ogni Paese, poiché l’esperienza religiosa è una dimensione fondamentale della persona umana, tralasciando la quale è difficile, se non impossibile, compiere quella purificazione del cuore necessaria per costruire relazioni di pace”. Il Pontefice ha anche ribadito che “è necessario ridare respiro alla diplomazia multilaterale e a quelle istituzioni internazionali che sono state volute e pensate anzitutto per porre rimedio alle contese che potessero insorgere in seno alla Comunità internazionale”. Inoltre - ha aggiunto – “occorre anche la volontà di smettere di produrre strumenti di distruzione e di morte, poiché, come ricordava Papa Francesco nel suo ultimo Messaggio Urbi et Orbi, ‘nessuna pace è possibile senza un vero disarmo [e] l’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo’ “.
La giustizia e i volti della nuova “questione sociale”
“Ho scelto il mio nome” ha ripetuto Papa Leone XIV, introducendo le riflessioni intorno alla giustizia “pensando anzitutto a Leone XIII, il Papa della prima grande enciclica sociale, la Rerum novarum. Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo” ha proseguito il Successore di Pietro “la Santa Sede non può esimersi dal far sentire la propria voce dinanzi ai numerosi squilibri e alle ingiustizie che conducono, tra l’altro, a condizioni indegne di lavoro e a società sempre più frammentate e conflittuali”.
Per costruire “società civili armoniche e pacificate" - ha sottolineato il Pontefice in questo passaggio del suo intervento – occorre investire “sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna”, e assicurare che sia “tutelata la dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro all’anziano, dal malato al disoccupato, sia esso cittadino o immigrato. La mia stessa storia” ha aggiunto, inserendo nel suo discorso in altro accenno alla sua vicenda personale “è quella di un cittadino, discendente di immigrati, a sua volta emigrato. Ciascuno di noi, nel corso della vita, si può ritrovare sano o malato, occupato o disoccupato, in patria o in terra straniera: la sua dignità però rimane sempre la stessa, quella di creatura voluta e amata da Dio”.
La verità è un incontro
“Non si possono costruire relazioni veramente pacifiche, anche in seno alla Comunità internazionale” ha rimarcato il Pontefice, soffermandosi sulla terza parola-chiave del suo discorso "senza verità”. Perché “laddove le parole assumono connotati ambigui e ambivalenti e il mondo virtuale, con la sua mutata percezione del reale, prende il sopravvento senza controllo, è arduo costruire rapporti autentici, poiché vengono meno le premesse oggettive e reali della comunicazione”. La Chiesa, dal canto suo – ha aggiunto Papa Prevost – “non può mai esimersi dal dire la verità sull’uomo e sul mondo, ricorrendo quando necessario anche ad un linguaggio schietto, che può suscitare qualche iniziale incomprensione. La verità però non è mai disgiunta dalla carità, che alla radice ha sempre la preoccupazione per la vita e il bene di ogni uomo e donna”. E nell’esperienza cristiana – ha chiarito il Pontefice – “la verità non è l’affermazione di principi astratti e disincarnati, ma l’incontro con la persona stessa di Cristo, che vive nella comunità dei credenti. Così la verità non ci allontana, anzi ci consente di affrontare con miglior vigore le sfide del nostro tempo, come le migrazioni, l’uso etico dell’intelligenza artificiale e la salvaguardia della nostra amata Terra”. (GV) (Agenzia Fides 16/5/2025)