Myitkyina (Agenzia Fides) - I fedeli cristiani di etnia Kachin, nella diocesi di Myitkyina, nel nord del Myanmar, in un tempo di sofferenza e di prova segnato dal conflitto civile, non hanno che una fonte di ispirazione: il Cristo crocifisso. Le sue ultime “sette parole”, pronunciate sulla croce, hanno un significato profondo e rappresentano una fonte di grazia e una bussola per la vita dei cristiani Kachin, come per quella di tutti i cristiani in Myanmar. E' questa la meditazione che ha guidato l'esperienza di oltre 30mila persone della diocesi di Myitkyina, che hanno partecipato con fede a un pellegrinaggio con l’ascesa al monte Alam Bum (circa 900 metri di altezza), celebrando sulla cima del monte l'Eucarestia. Tra i partecipanti al cammino e alla celebrazione eucaristica - svoltesi il 13 e 14 settembre in occasione della festa liturgica dell’Esaltazione della Croce - vi erano fedeli cattolici, altri cristiani e buddisti. L'80% erano giovani e studenti, guidati da mons. Andrea Ferrante, Incaricato d'Affari della Santa Sede, mons. Francis Daw Tang, Vescovo emerito di Myitkyina, mons. Noel Saw Naw Aye, Vescovo ausiliare dell'Arcidiocesi di Yangon, e dal Cardinale Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon e Amministratore apostolico di Myitkyina.
La meditazione proposta durante la liturgia, preseduta dal Cardinale Bo, ha ripercorso le ultime sette parole di Cristo, attualizzandole nel “qui e ora” dei battezzati in Myanmar. La prima frase esemplifica la compassione di Gesù che perdona i suoi nemici, dicendo: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno". (Lc 23,34). "Questo significa per i cristiani del Myanmar percorrere la via della riconciliazione: perdonare e cercare il perdono; la vendetta sminuisce la nostra umanità”, nota il testo inviato all’Agenzia Fides. La seconda frase offre la speranza di salvezza, assicurata da Gesù al ladrone pentito accanto a Lui: “In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso”. (Lc 23,43). “Il messaggio chiaro per noi oggi è credere nella potenza salvifica di Cristo Crocifisso; la Croce è la nostra via verso la salvezza”, ha rimarcato il Cardinale.
Nella terza frase, Cristo affida sua madre al discepolo Giovanni, dicendo: “Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre". (Gv 19,26-27). "Gesù sottolinea l'importanza dell'amore e della comunità dei credenti. Proprio come Gesù non ci ha lasciato soli, offriamoci oggi gli uni agli altri e costruiamo la nostra comunità con l'amore di Gesù”, si legge.
Un grido rivolto al Padre costituisce la quarta frase: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46). “In questo grido straziante, Gesù ci ricorda l’immenso sacrificio che ha compito per noi. Possiamo trarne una lezione: in una terra e in una storia erra segnata dalla sofferenza, offriamo i doni dell'empatia e della misericordia, comprendendo il dolore dei miseri, dei profughi degli abbandonati”, mentre nella nazione si registra, a causa del conflitto civile, il costante aumento degli sfollati interni, giunti a oltre 2,6 milioni di persone.
Con la quinta frase, Cristo si mostra assetato di pace, riconciliazione e perdono, dicendo: “Ho sete” (Gv 19,28). Al di là della sofferenza fisica, queste parole hanno sé un significato spirituale più profondo: indicano “la sete spirituale della presenza di Dio in ogni persona”, ricordano che "la nostra origine e il nostro destino risiedono in Dio", il Creatore e il Consolatore, unico e sicuro rifugio per quanti, in Myanmar, attraversano la sofferenza immane della guerra.
Con la sesta frase, Gesù dice che la fedeltà porta alla salvezza finale: “Tutto è compiuto” (Gv 19,30). "Egli annuncia il completamento della sua opera redentrice sulla Croce, che lava ogni peccato. Possiamo allora concentrarci non tanto sui nostri peccati, ma sulla grazia straordinaria della redenzione”, esorta la meditazione
La testimonianza finale è un atto di affidamento, oggi fondamentale per i cristiani birmani: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46). "Gesù ha affidato il suo spirito alle cure del Padre, insegnandoci a riporre la nostra completa fiducia in Dio, anche di fronte alla sofferenza, alla persecuzione. La parola-chiave, il segreto, è arrendersi all'amore e di Dio, che diventa la nostra unica certezza, offrendo pace e serenità anche di fronte alla morte”, conclude il testo.
Ha rimarcato Peter Hka Awng Lei, Vicario generale della diocesi: "Salire faticosamente sul monte, meditare e attualizzare le sette parole di Cristo è stata un'esperienza di profonda consolazione per i fedeli di Myitkyina" dove, su una popolazione complessiva di circa 2,5 milioni di abitanti, vi sono circa 100mila cattolici, divisi in 32 parrocchie.
Come confermano fonti locali di Fides, nello stato Kachin, nel Nord del Myanmar, continuano gli scontri tra l'esercito birmano e i guerriglieri Kachin. La ribellione dei gruppi etnici minoritari come i Kachin – che rivendicano forme di autonomia – va avanti da circa 60 anni, ma la resistenza anti-governativa è notevolmente aumentata nell'ultimo anno, con la saldatura tra il nuovo movimento armato pro-democrazia (organizzatosi nelle "People's Defence Forces") e gli eserciti storicamente composti dalle minoranze etniche. I Kachin sono uno dei gruppi etnici ribelli più forti, dotati di armi e di un esercito, il “Kachin Independence Army”.
Stanziati nello stato al confine tra Myanmar e Cina, i Kachin sono una popolazione a larga maggioranza cristiana di circa 1,7 milioni di persone. In quel territorio, la Chiesa cattolica è organizzata in due diocesi, la diocesi di Banmaw (con 40mila cattolici) e la diocesi di Myitkyina (con circa 100mila fedeli).
(PA) (Agenzia Fides 20/9/2023)