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Lomè (Agenzia Fides) – “Siamo una famiglia composta da 7 giovani, tutti con un percorso universitario, un responsabile della comunità, padre Valéry Aguh, che ha trascorso dieci anni in Sierra Leone, un direttore degli studi Jean Jacques Wisdom, e un accompagnatore”. Chi scrive è padre Silvano Galli, l’ ‘accompagnatore’, che al termine degli esami del secondo trimestre della Propedeutica, l’anno di preparazione per entrare nella Società per le Missioni Africane, prima di iniziare il ciclo filosofico di tre anni dei missionari SMA, offre qualche spunto delle loro redazioni, sulla missione e sulla vita e culture tradizionali.
“Essere missionario lontano dai nostri paesi, fra gente sconosciuta e culture diverse, significa condividere l’amore di Cristo con altri e far loro comprendere che siamo tutti fratelli – racconta uno degli studenti. Vivere in una stessa casa con persone di diversi paesi, significa costruire l’unità attraverso le nostre diversità, vivere in armonia come fratelli, imparare gli uni dagli altri ed aprirsi a culture nuove. Missionario non solo lasciando il proprio paese, ma soprattutto missionario con gli altri e per gli altri. “È l’armonia che esiste fra i diversi colori che fa la bellezza di un fiore” gli fa eco un altro. “Charles de Foucauld ci ricorda che noi siamo missionari attraverso quello che siamo, non attraverso quello che facciamo. Le sfide fanno parte della nostra missione per aiutarci ad acquistare nuove esperienze, entrare in nuove culture, imparare dai nostri errori e a cambiare il nostro modo di vedere le cose. I corsi mi hanno permesso di essere ben attrezzato come missionario di domani, per non avere paura, di mettermi in ricerca, approfondire, la comprensione di altre culture, senza mai giudicare. La saggezza ci aiuta a ben vivere con gli altri, a sviluppare la nostra maturità, ad affrontare le sfide che ci vengono incontro.”
Alcuni di questi giovani hanno avuto un percorso difficile che li hanno preparati alle complessità della vita. Un esempio è quello di un ragazzo che proviene da una famiglia ‘normale e che funzionava bene’: “vivevamo tutti senza grosse preoccupazioni quando all'improvviso i nostri genitori si sono separati - racconta. Questo evento ha sconvolto tutta la nostra vita, perché io ero ancora in prima elementare, mio fratello in quarta elementare, e mia sorella in quinta. Dopo la separazione dei miei genitori sono rimasto con i miei zii fino a quando ho terminato le elementari. È stato un periodo molto difficile. La famiglia era contadina, ho dovuto prendere una zappa già in seconda elementare perché era l'unico modo per poter mangiare. Ero abbandonato a me stesso. E così fino alla prima media quando mia madre è venuta a trovarmi con dei vestiti e poi è sparita di nuovo. Ho dovuto affrontare questa vita nomade (andare avanti e indietro), e diversi problemi, soprattutto la mancanza di affetto da parte dei genitori, finché ho ottenuto il mio diploma di quinto ginnasio. Dopo il diploma, papà ha deciso di mandarmi nella città di Sokodé per continuare i miei studi con un tutore. A Sokodé ho frequentato il liceo. Terminati gli studi sono sceso a Lomé – conclude il giovane - e mi sono iscritto all’università in antropologia e ho passato due esami. Poi sono entrato nella SMA”.
(AP) (Agenzia Fides 7/5/2025)
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