VATICANO - “Il Regno di Dio non è costruito da noi, ma è un puro dono di Lui”. L’intervento di mons. Sangalli al corso per i Direttori diocesani delle Pontificie Opere Missionarie

venerdì, 23 febbraio 2024 evangelizzazione   animazione missionaria   formazione   pontificie opere missionarie  

Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Un credente affronta le continue prove quotidiane, anche in contesti umanamente davvero difficili, in unione al Signore attraverso la preghiera. Senza di Lui e senza una vera vita di orazione, risultiamo forse solo buoni agenti sociali, non veri missionari del suo Vangelo.” Sono queste le parole che Mons. Samuele Sangalli, Sottosegretario del Dicastero per l’Evangelizzazione (Sezione per la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari) ha rivolto nel pomeriggio di giovedì 22 febbraio ai direttori diocesani delle Pontificie Opere Missionarie (POM), riuniti per il corso di formazione presso il Centro Internazionale di Animazione Missionaria (CIAM).

L’intervento del Sottosegretario, incentrato sul significato della missione oggi ed il Servizio del Dicastero per l’Evangelizzazione, si è sviluppato come un momento spirituale, commentando una preghiera del gesuita spagnolo Adolfo Nicolas, che è stato Preposito Generale della Compagnia di Gesù dal 2008 al 2016, ed è morto a Tokyo, in Giappone, nel 2020 (vedi allegato). “Una preghiera meravigliosa – ha detto Sangalli - che ci permette ogni giorno di impostare la nostra vita e la nostra missione in modo corretto. Una sorta di eredità per tutti i gesuiti ma anche, secondo me, per tutti i missionari del Vangelo”.

“Questa preghiera” ha sottolineato il Sottosegretario del Dicastero missionario - ci reca tanto conforto, ricordandoci che siamo chiamati nonostante le nostre debolezze o, meglio, siamo stati chiamati a questa missione forse proprio a causa delle nostre insufficienze. Tali fragilità ci rammentano costantemente quanto abbiamo bisogno del Signore, del suo sostegno, del suo aiuto, del suo Spirito, ovvero della sua Grazia. Un vero missionario, ogni giorno, con umiltà, è chiamato ad aver coscienza dei propri limiti personali, che spesso lo limitano e impacciano nell’adempimento del suo servizio. A dire: ‘Va bene, Signore, nonostante e forse proprio a causa loro mi hai chiamato per imparare progressivamente a realizzare cosa veramente significhi far affidamento su di Te e non su di me. Perché questa missione è tua, ed io ne sono soltanto l’eco, la voce, il testimone’. Dovremmo sempre iniziare la giornata invocando: ‘Signore salvami da me stesso’. Altrimenti tendiamo a mettere in prima linea non la docilità alla volontà di Dio, vero bene per tutti, ma piuttosto i nostri desideri, le nostre idee, i nostri progetti che, quando falliscono, ci fanno arrabbiare, o cadere in depressione, o sbagliare nella valutazione di quanto vissuto. E’ allora che invece realizziamo quanto la via del Signore sia diversa dalla nostra, e come Egli ci chiami a seguire i suoi piani, ad imparare cosa significhi veramente amare secondo il cuore di Cristo, ovvero a servire con gratuità e totale disponibilità lì dove Dio ci invia. Dai nostri fallimenti, dalle nostre sconfitte, dalle nostre impotenze, possiamo purificarci e salvarci dalle nostre manie di protagonismo, imparando quanto davvero solo il Vangelo del Risorto dai morti sappia dare sostanza alla vita di un missionario ed infondergli quella gioia e pace profonda del cuore che non dipendono dai successi o dai riconoscimenti esterni. E’ opportuno ricordare come Gesù, umanamente parlando, abbia ‘fallito completamente’ nel farsi riconoscere dal suo popolo come il Messia annunciato dai profeti. Egli ha predicato, ha guarito tanta gente ma…dove erano tutti quelli che aveva beneficato nel momento in cui lui ha avuto bisogno, si è trovato nella prova? Completamente scomparsi. Eppure la redenzione si è compiuta; la vittoria sul peccato e sulla morte consumata. Dobbiamo ricordarlo per non misurare la verità della nostra missione a partire da successi immediatamente verificabili, ma da quella fedeltà al Vangelo ed unione intima con il Padre che possono essere il frutto solo di un vigoroso itinerario spirituale di docilità a quella Grazia che ci plasma”.

“Attraverso il suo apparente fallimento, attraverso la pubblica vergogna della Croce – ha proseguito don Sangalli - Gesù ci ha dimostrato la sua totale unione filiale d’amore con il Padre -‘Padre, nelle tue mani affido il mio spirito’ - insegnandoci quello stile di abbandono/consegna di noi stessi perché cresca sempre più in noi quella coscienza filiale che ci rende testimoni dell’incondizionato amore del Padre, più forte, ovvero vittorioso sulla morte. Sappiamo che soprattutto quando Dio ci chiede di attraversare momenti di prova o di delusione, ovvero sperimentando la croce, impariamo nella nostra carne, cosa significhi resurrezione, salvezza, pace che scende nel cuore attraverso la completa nostra conformità ai disegni di quel Dio di cui avvertiamo la profonda vicinanza, anche nell’assenza.”

“Prendiamo coscienza di come il Regno di Dio non sia un prodotto delle nostre opere, ma puro dono Suo – ha rimarcato il Sottosegretario in un passaggio del suo intervento - attraverso le vicende in cui storicamente cammina la Chiesa tutta e noi singoli in lei e con lei. Si, conversione implica un totale cambio dei parametri di valutazione su noi stessi e sulla realtà: e va invocata ogni giorno, tenacemente, come una Grazia che ci venga accordata. Allora, Signore, salvami da me stesso, dai miei progetti, dalla mia visione, e genera continuamente nel mio cuore un’autentica conformità al tuo progetto che gradualmente si svela lungo il cammino della vita mia e della tua Chiesa.”

“L'unica ragione della nostra esistenza e della nostra missione – ha sottolineato il Sottosegretario - è essere testimoni di questo amore incondizionato, della misericordia e della compassione che è Dio. Quel Dio di cui ciascuno di noi ha fatto esperienza nella chiamata, gratuita e solenne, alla missione con cui si edifica la sua Chiesa, segno e sacramento di salvezza per tutto il genere umano. Molti di voi qui presenti ha aggiunto - vengono dall'Africa, molti dalla Nigeria, afflitta da violenze e rapimenti. Siamo perfettamente consapevoli che i campi in cui lavorate non sono affatto facili. Mi sto rivolgendo a qualcuno che un giorno sarà un martire? Non lo so, ma siamo consapevoli che i contesti in cui molti di voi operano, in cui state svolgendo il vostro ministero, un giorno potrebbero chiamarvi anche a testimonianze estreme di amore. Già altri, prima di voi, lo sono stati ed oggi veneriamo le loro esistenze come semi del Regno, luminoso esempio di un’umanità nuova, anticipazione di quel compimento d’amore che è il destino a cui ogni uomo e donna è chiamato”

Mons. Samuele Sangalli ha esortato i presenti a porre la propria conversione personale al centro della loro missione nella Chiesa.

Citando la prima lettera pastorale del cardinale Carlo Maria Martini alla diocesi di Milano, il Sottosegretario si è soffermato su quella dimensione contemplativa della vita che ci apre ad una comprensione completamente diversa sul destino delle persone e dei popoli. “Solo così i conflitti possono essere superati, attraverso una carità che sa mettersi nei panni e nel cuore dell’altro. So che non è facile mantenere un cuore aperto, non indurito dalla cattiveria e dall’odio che si respira nel mondo. Ancorati in Dio e fortificati dall’amore fraterno è però possibile attraversare il mare della vita come donne e uomini abitati da quella luce di speranza che è la fede, e testimoniare la potenza trasformante dell’amore, con quello stile dialogico che nasce da un cuore abitato dalla dedizione di Dio per l’umanità. Quella dedizione che ci ha affascinato, che è diventata la ragione della nostra vita, e che ogni giorno muove i nostri passi a cammini di riconciliazione, di accoglienza, di mutua comprensione e di pace”. (AP) (Agenzia Fides 23/2/2024)


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