ASIA/INDONESIA - Alta e tensione e conflitto in Papua: la comunità cattolica rilancia l'azione di pace

lunedì, 29 maggio 2023 diritti umani   indigeni  

Un incontro promosso dalla Commissione giustizia e pace OFM a Jayapura

Jayapura (Agenzia Fides) - “Il conflitto nella regione della Papua indonesiana è destinato ad aumentare di intensità, a causa del crescente dispiegamento di membri delle forze di sicurezza indonesiane, dopo il caso del rapimento pilota neozelandese Philip Mark Mahrtens, sequestrato dall'Esercito di Liberazione Papuano (TPN-PB) nel febbraio scorso. Le questioni da affrontare sono varie e complesse. Il senso della giustizia della popolazione papuana è stato fortemente violato. Ad esempio persone sospettate di aver commesso abusi dei diritti umani nel 2014 a Paniai, una piccola città nella reggenza di Puncak Jaya, sono state liberate senza alcun addebito dal tribunale locale. La libertà di espressione dei gruppi studenteschi è stata repressa dalle autorità locali. Diversi funzionari pubblici sono stati arrestati con l’accusa di corruzione, tra i quali il governatore di Papua, Lukas Enembe, e il reggente di Central Memberamo, Ricky Ham Pagawak. Inoltre, a causa della violenza, le lezioni nelle scuole sono interrotte nella reggenza di Pegunungan Bintang, mentre il programma di trasmigrazione verso le nuove regioni autonome, promosso dal governo centrale, provocherà un crescente spostamento degli indigeni papuani": sono i nodi che presenta fra Alexandro F. Rangga OFM, Coordinatore dell’Ufficio "Giustizia, pace e integrità del creato" dei frati minori in Papua Occidentale, regione dell'Indonesia tormentata da violenza e instabilità.
Il governo di Giacarta ha cercato di affrontare la questione approvando la "Seconda Autonomia Speciale" e dando vita alla "Nuova Regione Autonoma" nel 2022. Tali atti politici, però, “finora non sono serviti a sedare le tensioni, ma hanno creato ulteriori divisioni tra favorevoli e contrari”, nota il frate. Inoltre, l’idea di un dialogo tra Giacarta e Papua, pianificata dalla Commissione nazionale indonesiana per i diritti umani, si è arenata perché nel conflitto armato tra l’Esercito di Liberazione Papuano e l’Esercito Indonesiano non si è riusciti a stabilire una tregua, precondizione per i colloqui.
In tale cornice nel febbraio scorso, nella diocesi di Jayapura del capoluogo della Papua, si è svolta l’ordinazione episcopale e l'insediamento del Vescovo mons. Yanuarius Teofilus Matopai You, primo indigeno scelto dalla Santa Sede per guidare la Chiesa locale. Il vescovo ha subito annunciato il suo impegno per rendere la Papua, da decenni martoriata da conflitti intestini, "una terra di pace”, rilanciando la campagna – avviata nel 2006 – con il medesimo titolo, fatta di piccoli gesti, incontri, colloqui informali, lavoro di networking tra le realtà nella società papuana, tutte tese a scongiurare e fermare la violenza.
Nella comunità cattolica locale sono tante le realtà che si stanno impegnando per cercare di ridurre il conflitto e favorire una atmosfera di riconciliazione. La commissione francescana di "Giustizia, pace e integrità del creato" continua a fare rete e a collaborare con altre Ong, promuovendo attività che puntano a sviluppare un piano di “giustizia di transizione”, appoggiando la nuova Commissione nazionale indonesiana per la difesa dei diritti umani in Papua. A tal fine, la Commissione francescana ha pubblicato e presento un libro-rapporto dal titolo "Terpasung di Rumah Sendiri" ("Intrappolati nella nostra casa"), che racconta episodi e raccoglie cronache di persone della Papua che hanno subito ingiustizie, violenze e repressione da parte delle forze indonesiane negli ultimi anni. La rete francescana sta cercando di monitorare le violazioni dei diritti umani, ponendo l’attenzione sulle raccomandazioni internazionali giunte dall'Onu. Grazie alla Ong “Franciscans International”, accreditata all’Onu, i francescani locali parteciperanno alla 53ª sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite nel giugno 2023, presentando un rapporto sulla situazione che si registra sul campo, in Papua.
Nel contempo la Commissione cura l’accompagnamento pastorale e sociale alle vittime e, nelle prossime settimane, prevede di organizzare incontri interreligiosi tra giovani e incontri con scrittori. Si intende poi realizzare prodotti di comunicazione come video e podcast incentrati sulla costruzione della pace e organizzare una conferenza nazionale - da tenersi nella a giugno del 2023 - come momento utile ad approfondire e riflettere sulle possibili strade di pace in Papua.
La regione della Papua (la parte occidentale della grande isola della Nuova Guinea, ndr) è divenuta territorio dell’Indonesia nel 1969 grazie ad un controverso referendum noto come “Act of Free Choice”, in cui 1025 persone selezionate dall’esercito indonesiano votarono a favore del controllo indonesiano sulla regione.
A pochi mesi dall’annessione indonesiana, si formarono i primi gruppi indipendentisti del partito "Free Papua Movement", cui seguì poco dopo la nascita di un movimento armato, il West Papua National Liberation Army (TPN-PB), Nel conflitto che ne seguì, vi sono state fino ad oggi, secondo le diverse fonti, tra le 100mila e le 400mila vittime. Secondo gli osservatori Onu e le organizzazioni internazionali come Amnesty International, la risposta indonesiana è stata “assolutamente sproporzionata”, in quanto le milizie del TPM-PB hanno armi come archi e lance (e pochissime armi da fuoco).
La repressione verso la popolazione indigena è stata anche affiancata, negli ultimi 20 anni, da una politica di colonizzazione indonesiana, che ha favorito una massiccia migrazione di popolazioni giavanesi verso la Papua: se nel 1971 gli indigeni erano il 97% della popolazione, oggi sono poco più del 50%. In tal modo Giacarta ha cercato di diluire le ambizioni secessioniste degli indigeni papuani.
(PA) (Agenzia Fides 29/5/2023)


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