ASIA/IRAQ - 8 anni dopo la notte della grande fuga davanti all’offensiva jihadista, dati incerti sul “ritorno” dei cristiani nella Piana di Ninive

sabato, 6 agosto 2022 medio oriente   chiese orientali   migranti   emigrazione   aree di crisi   jihadisti   settarismi  

Qaraqosh (Agenzia Fides) - Sono passati esattamente otto anni dagli eventi che nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014 costrinsero molte decine di migliaia di cristiani a lasciare le città e i villaggi della Piana di Ninive, davanti all'offensiva dei miliziani jihadisti dell'autoproclamato Stato Islamico (Daesh), e dopo che le milizie Peshmerga stanziate nell’area si erano ritirate (vedi Fides 8/8/2014). Quella drammatica notte, come raccontò a Fides suor Luigina Sako (vedi Fides 7/8/2020), i jihadisti del Califfato occuparono i villaggi della Piana abitati da cristiani, ordinando con gli altoparlanti alla popolazione di abbandonare le proprie case. La maggior parte fuggì portando con sé solo i vestiti che aveva addosso, trovando un primo rifugio nei sobborghi di Erbil e in altre città della Regione autonoma del Kurdistan iracheno.
A distanza di otto anni, i dati e le notizie sul “ritorno” dei cristiani iracheni alle proprie case e ai villaggi del loro radicamento storico appaiono ancora controversi, e non permettono di essere decifrati con chiavi di lettura semplicistiche.
Anche nelle ultime settimane, diversi media locali hanno registrato segnali che attestano il silenzioso ma costante esodo di famiglie cristiane da città e villaggi della piana di Ninive. Almeno una trentina di famiglie siro-cattoliche che avevano fatto ritorno a Qaraqosh – città della piana dove una folla festosa aveva accolto anche Papa Francesco (vedi foto), durante la sua visita apostolica in terra irachena del marzo 2021 – hanno deciso di rifare i bagagli e emigrare all’estero, soprattutto per cercare altrove opportunità di lavoro più favorevoli. Il 26 luglio, il Vice Governatore della Provincia di Ninive, Sirwan Ruzbiani, ha incontrato a Mosul esponenti della locale arcieparchia siro- cattolica, e dopo l’incontro ha espresso in una nota la sua amarezza “nell'apprendere la notizia che i cristiani continuano a emigrare, nonostante i nostri sforzi per esortarli a rimanere nelle loro case". Spesso rimane di fatto precluso l’accesso agli incentivi disposti sulla carta dalle autorità per favorire il ritorno degli sfollati. Pesano l’instabilità e l’insicurezza, il permanere di pressioni e tensioni settarie, la presenza di milizie illegali. Non mancano segnali concreti di vitale ritorno alla normalità, come i campi estivi per ragazzi e ragazze che nelle ultime settimane hanno coinvolto 600 giovani dell’area di Bartella, organizzati sotto il patrocinio della locale arcidiocesi siro-ortodossa. Ma i cristiani continuano a costituire il 7% del totale degli oltre 600mila sfollati residenti ancora nella regione del Kurdistan: Secondo dati forniti dalle autorità locali, solo il 40 per cento dei cristiani fuggiti da Mosul e dalla Piana di Ninive durante il dominio di Daesh è tornato alle proprie aree di residenza negli ultimi anni. Nel centro di Mosul vivono adesso non più di cento famiglie cristiane. Come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 22/12/2020), alla fine del 2020 erano già 55mila i cristiani iracheni rifugiati nel Kurdistan che negli anni precedenti erano espatriati, trasferendosi in gran parte in nazioni del Nord America, dell’Australia e dell’Europa, oltre che in altri Paesi del Medio Oriente. Già allora quella moltitudine di cristiani espatriati all’estero rappresentava all’incirca il 40 per cento dei quasi 138mila battezzati che avevano trovato rifugio nel Kurdistan dopo essere fuggiti da Mosul e da città e villaggi della Piana di Ninive, all’arrivo delle milizie jihadiste.
Analoghi flussi di esodo della popolazione cristiana si registrano anche in altre aree dell’Iraq. Un recente reportage realizzato dal Rudaw Media Network (gruppo editoriale con base nel Kurdistan) ha raccolto testimonianze di sacerdoti e laici che confermano una forte, progressiva diminuzione della locale popolazione di battezzati. Secondo le testimonianze raccolte, nell’area di Bassora vivrebbero adesso circa 300 famiglie cristiane, mentre 50 anni fa, nella stessa area, i nuclei familiari cristiani erano 5mila.
I dati forniti da indagini fatte sul campo mostrano quanto sia complicato e per certi versi improduttivo tentare di contrastare l’esodo dei cristiani iracheni verso altri Paesi con strumenti, mobilitazioni e strategie di natura esclusivamente politica o economica, comprese le tante operazioni di “fundraising” fatte a nome delle comunità cristiane mediorientali da gruppi e sigle occidentali. Come ha sottolineato anche l’Arcivescovo palestinese Michel Sabbah, Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini, le domande e anche le incertezze che aleggiano sul futuro dei cristiani in Medio oriente “non sono innanzitutto una questione di numeri, anche se i numeri sono importanti, ma sono una questione di fede”. (GV) (Agenzia Fides 6/8/2022)


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