ASIA/MYANMAR - Cresce il "Movimento di disobbedienza civile": appello per fermare gli arresti dei cittadini

lunedì, 15 febbraio 2021 violenza   militari   politica   golpe   società civile  

Yangon (Agenzia Fides) - "Il nostro appello è: fermate gli arresti illegali di cittadini compiuti nella notte. Continueremo ad alimentare il Movimento di Disobbedienza Civile che migliaia di persone di buona volontà, di ogni cultura, classe sociale, etnia, religione, stanno portando avanti in tutto il Myanmar. Vogliamo esprimere il nostro pacifico ma fermo dissenso verso il governo militare. Vogliamo ispirarci a Gandhi e alla non-violenza del Vangelo": così Joseph Kung Za Hmung, laico cattolico birmano, direttore del giornale cattolico birmano "Gloria News Journal" descrive all'Agenzia Fides, la situazione sociale che si vive nel Myanmar all'indomani del colpo di stato militare che il 1° febbraio ha sovvertito i risulti delle elezioni democratiche di novembre.
Racconta Jospeh Kung a Fides: "Il Movimento di Disobbedienza Civile si rafforza di giorno in giorno e sta coinvolgendo personale di tutti i ministeri, anche se i militari chiedono di tornare al lavoro per la regolare amministrazione del paese. Molti si sono rifiutati di tornare a lavorare nei loro ministeri, sia a livello di governo federale, sia negli uffici al livello delle regioni, nell'intero paese".
Entrato nel decimo giorno di disobbedienza civile, il Myanmar è ancora attraversato da manifestazioni di piazza che chiedono la liberazione di Aung San Suu Kyi e del presidente Win Myint, arrestati all’indomani del golpe che ha visto Tatmadaw (l’esercito nazionale birmano) riprendere il potere che aveva lasciato nel 2015 nelle mani del primo governo civile birmano.
Nonostante i timori diffusisi nel week-end, la giornata ha visto un continuo testa a testa tra polizia e dimostranti ma non il pesante “giro di vite” che si era temuto quando, nel fine settimana, avevano iniziato a circolare blindati dell’esercito e gruppi di personaggi equivoci nei quartieri delle città più importanti. Si temeva che si ripetessero le provocazioni di gruppi di malviventi che nel 1988 diedero il pretesto a Tatmadaw per reprimere nel sangue le proteste studentesche contro la dittatura militare. Gruppi di cittadini auto organizzati hanno dunque istituito pattuglie di sorveglianza e ronde che hanno isolato questi personaggi, molti dei quali potrebbero essere stati assoldati tra i 23mila carcerati liberati dalla giunta nei giorni scorsi: per svuotare le carceri (dove sono ora rinchiusi circa 400 dissidenti politici) e forse per servirsi di alcuni di loro come provocatori.
Il nuovo governo, che ha preso il nome di “Consiglio amministrativo di Stato”, ha intanto sospeso la legge che tutela la privacy, legittimando così arresti e perquisizioni senza mandato, mentre si sta preparando una nuova legge sulla cyber-sicurezza col compito di gestire su nuove basi legali i social network e la diffusione di Internet. Sono attività di cui il Paese non può fare a meno (ormai le attività economiche e burocratiche dipendono in gran parte dal web) ma che si possono gestire con firewall e sistemi di controllo dell’attività telematica.
Sul fronte internazionale, intanto, è aumentata la pressione alla vigilia dell’audizione in tribunale di Aung San Suu Kyi a Naypyidaw (non è chiaro se in presenza o via web) che, fissata per oggi, e stata rinviata senza motivo a dopodomani. Non si sa se anche il presidente verrà interrogato. I due leader sono accusati di violazione delle leggi sull’importazione e delle restrizioni anti Covid. Mentre gli Stati Uniti hanno già varato sanzioni economiche e una dozzina di ambasciate hanno pubblicato l’ennesimo comunicato di condanna di possibili nuove violenze, ieri il segretario generale dell’Onu António Guterres ha invitato i militari e la polizia del Myanmar a garantire che il diritto di riunione pacifica sia “pienamente rispettato” e che i manifestanti "non siano soggetti a rappresaglie”. Tre giorni fa la vice Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani Nada al-Nashif ha notato che una mancanza di azione sulle violazioni commesse dai militari birmani, li ha “incoraggiati” contribuendo alla crisi attuale e che l'uso indiscriminato di armi contro i manifestanti pacifici – ha aggiunto - è “inaccettabile" poiché “più violenza contro il popolo del Myanmar non farà che aggravare l'illegittimità del colpo di stato e la colpevolezza dei suoi leader”.
(PA) (Agenzia Fides 15/2/2021)


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