EUROPA - Libertà religiosa violata in tutto il mondo

mercoledì, 24 novembre 2010

Roma (Agenzia Fides) – Violazioni della libertà religiosa, soprusi e discrinimazi0ni i danni delle minoranze religiose si registrano ancora in numerosi paesi del mondo: è quanto afferma il Rapporto 2010 sulla Libertà religiosa nel mondo dell’opera “Aiuto al chiesa che soffre” presentato oggi a Roma.
Il Rapporto, che contiene 194 schede relative alle diverse nazioni, offre una ampia mappa a livello continentale. Nel continente americano si citano paesi come Cuba, dove “la situazione è immutata per quanto riguarda la legislazione e la pratica amministrativa repressiva nei confronti del fenomeno religioso, ma vi sono stati segnali di apertura ad esempio con l’autorizzazione a compiere atti religiosi precedentemente proibiti”.
In Africa, nella parte Nord, “si presentano i problemi causati dalla coincidenza della religione con la politica sia nella legislazione della maggioranza di essi, sia nella mentalità diffusa tra la maggioranza degli abitanti. La conseguenza che ne deriva è che il cittadino con pieni diritti è soltanto quello che professa anche la religione dominante, mentre le minoranze religiose sono nel migliore dei casi tollerate oppure viste come un pericolo per la stabilità sociale”. Si segnala il caso dell’’Etiopia che “a fronte di una legislazione esemplare dal punto di vista della libertà religiosa, presenta purtroppo episodi di intolleranza sociale soprattutto nelle aree in cui è presente una maggioranza islamica”, mentre “la pratica di religioni diverse dall’islam provoca reazioni intolleranti in tutto il territorio della Somalia, e le conversioni sono scoraggiate da forme di ostracismo ed emarginazione sociale.
In Medio Oriente, afferma il Rapporto, “in Turchia non è tuttora possibile ai turchi convertirsi apertamente al cristianesimo, a causa delle discriminazioni nei confronti dei convertiti” e si nota che “l’Arabia Saudita e lo Yemen restano i paesi del Golfo nei quali una severa legislazione islamista, che comprende ad esempio la pena di morte per la cosiddetta apostasia, impedisce ogni manifestazione ed ogni pratica religiosa, anche privata, nonostante la presenza in Arabia Saudita di circa un milione di lavoratori immigrati cristiani”.
In Iraq “si fa sempre più drammatica la vita delle antichissime comunità cristiane, ormai a rischio di estinzione, sottoposte ad una sistematica aggressione terroristica”, mentre “in Iran l'islam sciita, nella sua versione più integralista e garantita dalle autorità religiose, rimane la religione di Stato. Questo porta a discriminazioni e violenze contro altre religioni e perfino contro l’islam sunnita”.
In Asia centrale, “le repubbliche Kazakistan, Kyrgyzistan, Tajikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, presentano tutti problemi più o meno gravi, riguardo non solo alla libertà religiosa, ma anche rispetto agli altri diritti umani”. Nella Repubblica islamica del Pakistan “dal 1986 al 2010 almeno 993 persone sono state incriminate per aver profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto, vittime della discussa legge anti-blasfemia”. L’India continua a registrare “un aumento delle violenze su base religiosa ed etnica”, e l’Orissa è il caso emblematico.
La NordCorea “rimane uno dei paesi dove più inumana è la condizione di vita dei cittadini. La libertà religiosa è negata in ogni suo aspetto e le informazioni disponibili circa ciò che accade nel paese sono scarse e difficilmente reperibili”. Il Rapporto cita ostacoli e gravi limitazioni anche in Vietnam, Laos, Myanmar e Cina. Nel Paese musulmano più popoloso al mondo, l’Indonesia, i casi di violenze hanno riguardato cristiani e gruppi musulmani considerati “eretici” dall’ortodossia, come gli Ahmadi. (PA) (Agenzia Fides 24/11/2010)


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