AFRICA - A 50 anni dall’“Anno dell’Africa” il continente è sempre più inurbato

martedì, 5 gennaio 2010

Roma (Agenzia Fides) - Nel 1960, “l’anno dell’Africa”, quando la maggior parte degli Stati africani divennero indipendenti, vi era solo una città dell’Africa sub-sahariana (Johannesburg, in Sudafrica), con una popolazione di più di 1 milione di abitanti. Nel 2010 si stima che almeno 33 città africane avranno una popolazione di più di 1 milione di abitanti.
Questo sviluppo avrà drammatici conseguenze soprattutto perché secondo i dati di UN-Habitat, agenzia dell’ONU con sede a Nairobi, in Kenya, che si occupa degli insediamenti urbani, attualmente i due terzi della popolazione africana urbana vive in slum o comunque in insediamenti “informali” senza acqua corrente, fognature, sistemi di trasporto e sanitari adeguati. UN-Habitat prevede che entro il 2030 la popolazione africana vivrà in gran parte in insediamenti urbani e non più in campagna. Occorre dunque offrire una seria prospettiva di vita ai giovani degli slum, che sono sradicati dalla cultura tradizionale africana e che rischiano di cadere nella tentazione della criminalità o addirittura del terrorismo.
Il rapido e disordinato inurbamento sta creando seri rischi ambientali con pesanti conseguenze sulla salute degli abitanti dei quartieri più svantaggiati. Tra i fattori di rischio vi sono l’acqua contaminata, la mancanza di strutture sanitarie, l’aria inquinata e la proliferazione di insetti portatori di malattie. Questi problemi sono aggravati dall’utilizzo di prodotti chimici nel settore agricolo e industriale. Di conseguenze oltre alla malattie che tradizionalmente colpiscono le popolazioni africane (tubercolosi, Aids, malaria, ecc…) si stanno diffondendo malattie tipiche dei Paesi industrializzati come il cancro, le malattie cardiovascolari e l’asma provocato dall’inquinamento.
Dal punto di vista dello sviluppo urbanistico, occorre ricordare che un gran numero di città africane erano state sviluppate ai tempi coloniali come centri amministrativi e di scambi commerciali e non come moderni centri industriali e terziari concepiti per accogliere una vasta popolazione. Di conseguenza diverse città africane hanno una struttura imperniata su un centro dove sono collocati i quartieri per le persone abbienti e le attività commerciali e di governo, circondato da insediamenti irregolari (chiamati a seconda dei Paesi, “slums”, “shanty towns”, “bidonvilles”, “townships”, ecc…): è una sfida per la Chiesa e la missione in Africa, dove esistono da tempo esempi di testimonianza missionaria negli slum più poveri del pianeta, come quelli di Nairobi. (L.M.) (Agenzia Fides 5/01/2010)


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