VATICANO - “Vi fu detto, ma io vi dico…” - intervento del prof. Michele Loconsole - Perché è necessario conoscere l’ebraismo nella Chiesa

venerdì, 26 settembre 2008

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - A motivo dell’intima interdipendenza tra ebrei e cristiani, sia per questioni teologiche che storiche - al punto che si può parlare di legame a livello della loro stessa identità - non si può ignorare nella catechesi, nell’insegnamento e nella predicazione ecclesiale di indagare con sempre maggiore profondità questo singolare rapporto, fondato sull’unico disegno di salvezza del Dio dell’Alleanza.
Quando infatti si parla di rapporto tra ebrei e cristiani ci riferiamo ad un legame unico e speciale nell’ambito del dialogo interreligioso. Nella Dichiarazione Nostra Aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, pubblicata il 28 ottobre 1965 - nel corso dei lavori del Concilio Vaticano II -, all’inizio del punto 4 si afferma: “Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo. La Chiesa di Cristo, infatti, riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il divino mistero della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti”.
Rapporto quindi così speciale che, come abbiamo già detto, non solo si ferma alle questioni meramente storiche e archeologiche, che pure sono significative; quanto a raggiungere in profondità le loro stesse radici identitarie, così da svelare un singolare patrimonio comune. Un legame, quindi, quello tra le due fedi abramitiche, non solo formale ma anche sostanziale e spirituale. Comprendere infatti come ancora oggi gli ebrei professano e vivono la loro fede, aiuta gli stessi cristiani a conoscere non pochi aspetti della vita della Chiesa.
È però necessario sottolineare che non sempre si riesce a far comprendere l’importanza di questo prezioso e indispensabile confronto: non a caso la Santa Sede ha pubblicato nel giugno del 1995 il noto documento “Ebrei ed ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa cattolica”. Dove si afferma con preoccupazione che “la singolarità e la difficoltà dell’insegnamento cristiano riguardante gli ebrei e l’ebraismo derivano soprattutto dal fatto che in tale insegnamento è necessario adoperare contemporaneamente, e accoppiandoli insieme, vari termini in cui si esprime il rapporto tra le due economie, dell’Antico e del Nuovo Testamento: promessa e adempimento, continuità e novità, singolarità e universalità, unicità e esemplarità”. Termini che non vanno però tra loro contrapposti, ma letti in un unico processo di intima e feconda relazione. Infatti, la promessa e l’adempimento si chiariscono reciprocamente alla luce dell’intera Sacra Scrittura, la novità evangelica è in definitiva una trasformazione di ciò che era prima, la singolarità del popolo eletto va intesa non in maniera esclusiva ma inclusiva, se non addirittura universalizzante, mentre l’unicità è da inquadrare nella dinamica dell’esemplarità per le tutte genti del mondo.
Se Gesù ha affermato che vi sarà un solo gregge e un solo pastore (Gv 10,16) questo vuol dire che ebraismo e cristianesimo non possono essere compresi come due vie parallele dell’unica salvezza. La Chiesa, come dice il Decreto conciliare sull’ecumenismo, è l’unico mezzo generale di salvezza, ed è la sola ad avere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza (Unitatis Redintegratio, 3), testimoniando così Cristo redentore dell’intera umanità, anche se nel più rigoroso rispetto della libertà religiosa.
Doverose precisazioni, queste, per non scadere, come purtroppo è accaduto nel passato non solo remoto ma anche recente - basti pensare al drammatico evento della Shoàh - nell’incomprensione o peggio ancora nel pregiudizio, che hanno tanto nuociuto non solo agli ebrei ma anche alle altre civiltà e culture del pianeta.
In conclusione, che l’insegnamento, la catechesi e la predicazione sull’ebraismo siano, soprattutto da parte cattolica, puntuali, obiettivi e rigorosi, così da allontanare qualsiasi pre-comprensione antisemita, sempre pronta a riaffiorare addirittura fin nella nostra civile e democratica Europa del III millennio. La cronaca, anche recentissima, è sotto gli occhi di tutti.
Ma la vera operazione, di cui la stessa Chiesa ha soprattutto oggi tanto bisogno, non è tanto di sradicare gli eventuali e anacronistici residui di antisemitismo, quanto, in positivo, di conoscere, scoprire e approfondire il sacro vincolo che lega indissolubilmente e oserei dire addirittura ontologicamente ebrei e cristiani. Così da suscitare sentimenti di amore verso i nostri “fratelli maggiori”, perché scelti da Dio per preparare la venuta di Cristo, egli stesso ebreo; custodi nel corso dei secoli di tutto ciò che ci è stato rivelato e donato nel Nuovo Testamento e nella Chiesa, anche se non hanno riconosciuto Gesù di Nazaret come il Messia annunciato e atteso dai loro stessi padri e profeti. (Michele Loconsole) (Agenzia Fides 26/9/2008)


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