VATICANO - “Vi fu detto, ma io vi dico…” - intervento del prof. Michele Loconsole - Gesù ebreo: vera riscoperta storica o riduzione storicistica?

venerdì, 27 giugno 2008

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - La rivista bimestrale “Kos”, edita dall’Editrice San Raffaele di Milano e diretta da don Luigi Maria Verzè, ha dedicato un numero intero, l’ottavo, alla figura di Gesù ebreo. E lo ha fatto questo mese – è stato infatti appena pubblicato – con autorevoli contributi volti ad indagare la complessa ma nel contempo semplice personalità del più importante “uomo” della storia dell’umanità, Gesù di Nazaret. Tra i suoi articoli si ricordano quelli di Gianfranco Ravasi, di Magdi Cristiano Allam, di Ornella Melogli, di Simonetta Della Seta e di Ermanno Olmi. Ma proprio di quest’ultimo, il noto regista e autore di non pochi film su Gesù e sul cristianesimo, un importante stralcio è stato pubblicato su un diffuso quotidiano nazionale dal titolo “Amo Gesù, più di Dio perché mi ha insegnato a essere un uomo libero”.
Prima di entrare nel merito dell’articolo, desidero cogliere questa occasione per dare ragione del perché mi ha colpito questa recensione. Credo sia ormai evidente, se fosse ancora necessario sottolinearlo, che l’indagine storica, culturale e teologica sulla persona di Gesù di Nazaret dopo duemila anni dalla sua nascita non è ancora esaurita. Anzi, pare che anno dopo anno la bibliografia che viene prodotta in tutto il mondo su questo affascinante e nel contempo essenziale argomento – utile sia alla comprensione storica della persona di Gesù che per gli addentellati teologici che questo approfondimento presenta - sia in grande e costante crescita. Sviluppo che certamente ha cominciato ad essere significativo almeno a partire dal Concilio Vaticano II, ma che soprattutto con Papa Benedetto XVI, che ha dedicato al Gesù dei Vangeli ben due poderosi volumi (il primo, Gesù di Nazaret, è stato pubblicato nel 2007), sta assumendo dimensioni veramente eccezionali. Infatti, dopo quasi un cinquantennio di prese di posizioni di saggisti e storici giudei sulla storicità della persona di Gesù di Nazaret, cominciata all’inizio del secolo scorso, solo da alcuni anni a questa parte assistiamo ad una risposta organica e “cattolica” a quella fortunata, ma a nostro avviso parziale rivendicazione ebraica sull’insondabile Mistero che sovrasta il Maestro galileo.
Tornando ad Olmi, registro con piacere che anch’egli abbia contribuito a costruire il grande mosaico che documenta la storicità della persona di Gesù di Nazaret, di cui il Cristianesimo del III millennio ha fortemente bisogno. Dico questo perché per secoli, almeno a partire dall’illuminismo, la persona storica del fondatore del Cristianesimo si è andata via via sfocando e sbiadendo, causando una serie di incomprensioni e errori non solo tra i protestanti – dove questa evanescenza ha attecchito maggiormente -, ma addirittura tra i cattolici. Crisi da cui il Cristianesimo intero sta cercando di uscire, sia grazie agli studi di autorevoli ricercatori giudaici, sia attraverso gli ammaestramenti degli ultimi Pontefici – e soprattutto di Benedetto XVI che questo tema ha particolarmente a cuore –, sia grazie ai moltissimi e recenti studi di autori che oltre a provenire dal cattolicesimo sovente giungono anche dal mondo laico. Un coro sinfonico e plurale su un dato storico e ampiamente documentato che è la vita terrena di Gesù di Nazaret, rabbino giudeo e fondatore della più grande religione del mondo.
Naturalmente come tutte le “mode” anche questa può presentare alcuni rischi. La prima, e forse la più importante, è che l’ebraicità di Gesù non deve essere intesa come una caratteristica che lo riconduce al giudaismo in senso stretto. Gesù è stato certamente un ebreo e lo sarà per sempre, ma proprio per questo ha criticato, da rabbino quale era, il giudaismo del suo tempo, portando a compimento e a perfezione quanto già i profeti di Israele avevano detto; Egli ha infatti recuperato l’originalità del messaggio che era stato consegnato ai Patriarchi da Dio stesso, attraverso le numerose e varie Rivelazioni riportate nell’Antico Testamento. Ciò che Gesù in definitiva ha fatto è stato essenzialmente quello di ricongiungere l’Antica Rivelazione abramitica alla sua stessa persona, che in quanto umano-divina ricapitolava in sé la storia della salvezza inaugurata da Dio con Abramo. Saldatura che ha potuto operare dopo avere incontrato, ammaestrato e in alcuni casi convertito i seguaci del composito pensiero giudaico del suo tempo, che come è noto era stato rimodellato ai criteri legalistici e nazionalistici sorti all’indomani dell’esperienza mosaica e soprattutto dell’esilio babilonese.
Il secondo rischio, invece, è solo apparentemente più innocuo. Il recupero di tanti intellettuali, religiosi e non, giudei o cattolici, atei o laici, della persona storica di Gesù di Nazaret è un arma a doppio taglio. Se tutti ne parlano è anche vero che spesso se ne parla in termini approssimativi, personalistici, relativistici o sentimentalistici. Ossia, non possiamo fare dire a Gesù cose che non ha mai detto, o peggio ancora, proprio perché è anche un personaggio storico, sconvolgere il suo chiaro e semplice messaggio che egli ha rivolto per primo e attraverso i giudei a tutta l’umanità. Egli, infatti, ha più volte affermato di essere l’incarnazione della seconda persona della Trinità: vero uomo, ma anche vero Dio, e pertanto Dio stesso. Così stando le cose, né gli ebrei possono ridurre il suo messaggio storico a quello di un profeta o di un rabbino, per quanto autorevole, né altri possono dire che “amano Gesù più di Dio”. Gesù è Dio, e affermare il contrario significa non solo non avere capito nel profondo il suo messaggio, ma soprattutto distorcerlo.
Nel prezioso articolo di Olmi ci sono interessanti passaggi che testimoniano un’amicizia ritrovata e più profonda che il regista rivendica con Gesù; fatto del tutto meritorio, ma in non pochi passaggi - come purtroppo accade anche in molte altre testimonianze che cavalcano il fortunato filone della storicità di Gesù di Nazaret, purtroppo a volte anche di insigni storici delle religioni – ciò che viene deturpato, svuotato e relativizzato è proprio l’autentico pensiero e agire di Gesù. Come si fa a credere a Gesù figlio di Dio, quale egli è, se si mette in discussione la verginità di Maria? O a dire che amo più gli uomini che Dio, e che addirittura Egli vuole questo? O ad affermare che Gesù, il Verbo per eccellenza fattosi carne, non è venuto per farci conoscere la Parola di Dio, intesa come pronunciamento di parole, ma per vivere la vita degli uomini come Verbo di Dio? E ancora paragonare gli insegnamenti di Gesù a quelli di Tolstoj e Gandhi, tutte figure, modelli o proposte di vita? In ultimo, che non c’è bisogno di “andare in croce” per essere dei suoi?
Frasi che se da una parte vogliono comunicare un’essenza più che una forma della religiosità di cui l’uomo soprattutto contemporaneo ha bisogno, dall’altra svuotano l’unicità e la specificità dell’incarnazione, della missione e della morte e risurrezione di Gesù, che per i credenti in lui è soprattutto il Cristo. Va bene, quindi, lo studio e la riscoperta del Gesù storico e della sua ebraicità, radice e fondamento del Cristianesimo, che è infatti un evento storico e non un’ideologia, ma con altrettanta onestà intellettuale non si faccia l’errore di relativizzare o di piegare Gesù di Nazaret, ipostasi della Trinità, con tutto il carico che comporta questa affermazione, alle proprie e personali esigenze, fosse anche in buona fede. (Agenzia Fides 27/6/2008)


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