ASIA/MYANMAR - Per la Caritas è ancora impossibile calcolare il numero delle vittime; mobilitate le 14 diocesi della Chiesa cattolica che ospitano i profughi nelle parrocchie e distribuiscono aiuti

venerdì, 9 maggio 2008

Yangon (Agenzia Fides) - “Confermiamo i segnali negativi in merito alla situazione generale del Myanmar dopo il passaggio del ciclone Nargis. C’è una grandissima preoccupazione, tuttavia non è possibile in questo momento dare cifre esatte circa il numero delle vittime. Il bilancio dei morti potrà ancora crescere, ma allo stato attuale non è possibile, ad esempio, parlare di 100mila vittime, la situazione è troppo incerta e confusa”. E’ quanto spiega Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale della Caritas italiana, che sta seguendo l’evolversi della situazione nel paese asiatico di ora in ora. “Si è trattato - spiega ancora Beccegato - di una calamità a magnitudo devastante che ha avuto effetti catastrofici per una carenza di prevenzione del ciclone”. In ogni caso rispetto allo tsunami del 2004 le autorità politiche del Paese hanno riconosciuto l’entità dell’evento, hanno dato delle informazioni su quanto sta avvenendo e manifestato una certa disponibilità ad accettare gli aiuti. “Ora alle parole dovranno seguire i fatti” spiegano alla Caritas. Tuttavia se è vero che da parte delle autorità “c’è un certo sospetto per tutto ciò che viene dall’esterno, bisogna dire che ciò avviene in situazioni simili in molti Paesi del mondo. Inoltre bisogna sottolineare che il Myanmar è grande e ha risorse considerevoli che possono essere messe in campo in questo contesto”.
I danni maggiori riguardano le culture, le strutture del Paese e le abitazioni, le acque inoltre non si sono ancora ritirate da una parte delle zone colpite, e ciò complica la valutazione dei danni. La capitale del Paese, Yangon, si è trasformata in una specie di deserto, alberi e tralicci sono stati divelti, le tubature sono saltate e le acque pulite si sono mescolate con quelle sporche rendendo altissimo il rischio di epidemie. Un rischio che di solito viene scongiurato con la messa in opera immediata di purificatori dell’acqua e con l’intervento medico presso la popolazione; per questo se l’azione non sarà rapida, spiegano alla Caritas, la situazione può diventare ancora più drammatica.
C’è poi una difficoltà oggettiva a raggiungere alcune zone del Paese colpite dalla tragedia, le strade sono state distrutte dal ciclone, le acque ristagnano in ampie aree del territorio. In questo contesto difficile agiscono le 14 diocesi della Chiesa cattolica, quattro di queste sono quelle più coinvolte. “Sacerdoti, religiose e religiosi, volontari, si sono mobilitati - spiega Beccegato - gli operatori locali, cioè originari del Myanmar, costituiscono la grandissima parte del personale cattolico che si sta muovendo in queste ore pero portare sollievo alle popolazioni. Le parrocchie hanno ospitato i profughi e stanno distribuendo aiuti”. La Chiesa impegnata in attività di sostegno alla popolazione in diversi ambiti, come quello agricolo, idrico e scolastico, ha spostato in questi giorni tutta la propria attenzione e le proprie risorse sull’aiuto alla popolazione. Nel frattempo oggi le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per una raccolta di aiuti da destinare al Myanmar e hanno chiesto alle autorità del Paese di aprire le frontiere agli aiuti provenienti dall’estero. (Mtp) (Agenzia Fides 9/5/2008; righe 33, parole 494)


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