EUROPA/ALBANIA - L’ARCIVESCOVO DI DURAZZO-TIRANA: “L’ARRIVO DEL PAPA APRÌ UNA NUOVA ERA IN CUI LA CHIESA ALBANESE È RINATA. GRAZIE AL SANTO PADRE È STATO POSSIBILE UN VERO MIRACOLO”

venerdì, 25 aprile 2003

Tirana (Agenzia Fides) – “È un Arcivescovo che ama il suo popolo ed è molto amato dal gregge che egli guida”: così i fedeli dell’Arcidiocesi di Durazzo-Tirana descrivono S.E. Mons. Rrok Mirdita, Arcivescovo che festeggia domani 26 aprile i dieci anni della sua ordinazione episcopale. Mons. Mirdita è tra i quattro Vescovi ordinati da Giovanni Paolo II nell’aprile 1993, durante la sua storica visita in Albania., che segnò una svolta per la Chiesa nel paese.
Per 50 anni la comunità cattolica è stata perseguitata da una feroce repressione del regime comunista, che cercò di sradicare del tutto la fede in Gesù Cristo, arrestando torturando e uccidendo sacerdoti e laici cattolici, distruggendo chiese e icone, bruciando testi sacri, vietando ogni manifestazione di culto. L’oppressione che subì la Chiesa in Albania è stata complessa, profonda e continuata e comportò la totale negazione dei suoi meriti e contributi per la lingua, la letteratura, l’educazione, la cultura albanese. La generazione che ha vissuto sotto la dittatura ha conservato il “deposito della fede” e le preghiere recitate oralmente, rimanendo ancorata a una pratica della fede preconciliare nella catechesi e nella liturgia, ed oggi vive la stagione della nuova evangelizzazione, alla luce del Concilio Vaticano II.
L’Agenzia Fides ha intervistato mons. Mirdita in occasione delle celebrazioni in corso in Albania per il X anniversario della visita del Santo Padre.

A dieci anni da quello storico avvenimento, cosa ha significato la visita del Santo Padre per l’Albania?
La visita del Santo Padre dieci anni fa rappresentò la rinascita della Chiesa cattolica che era stata quasi completamente annullata dal regime comunista. L’arrivo del Papa aprì una nuova era in cui si sono riconsacrate le Chiese, ordinati i Vescovi, ristabilita la gerarchia, così la Chiesa ha ripreso pian piano a vivere. Ma la visita di Giovanni Paolo II non fu solo questo: la sua presenza, i suoi discorsi, il suo carisma, hanno dato un nuovo spirito che ha permesso alla Chiesa albanese di compiere, in un periodo di tempo davvero breve, passi avanti molto grandi. Infatti grazie al viaggio del Santo Padre, alla sua ispirazione, al suo appello rivolto ai missionari di tutto il mondo, si è reso possibile un vero “miracolo”, che oggi abbiamo sotto i nostri occhi: una comunità viva e fervente, una Chiesa che cammina ed è cresciuta moltissimo in soli dieci anni.

Quali sono i cambiamenti più rilevanti che vi sono stati nella Chiesa e nella società albanese negli ultimi dieci anni?
I missionari provenienti da vari paesi, specialmente dall’Italia, sacerdoti, suore, laici di vari istituti e movimenti, hanno dato un immenso contributo provvedendo alle strutture di base come chiese, seminari, istituti di formazione ed anche scuole, ospedali e opere sociali, che hanno dato un impulso decisivo alla crescita della Chiesa albanese. Siamo davvero grati a tutti coloro che hanno contribuito e che tuttora ci aiutano. Se oggi la Chiesa in Albania è molto forte – non solo in un senso strettamente religioso, ma anche nella società, in cui essa è riconosciuta e stimata – è grazie a queste attività pastorali e sociali.

Quali sono le sfide principali della Chiesa albanese oggi?
Vi sono diverse sfide, perché attraversiamo un periodo di transizione che condurrà verso una stabilità definitiva della Chiesa. Restano da costruire ancora molti edifici di culto, perché la Chiesa diventi sempre più “Chiesa del popolo”; occorre approfondire la catechesi e la liturgia in lingua albanese, ma non abbiamo ancora tutti i testi necessari perché mancano persone preparate teologicamente che possano compiere traduzioni con terminologia appropriata. Urge soprattutto una buona formazione per i giovani sacerdoti e curare nuove vocazioni, fornendo tutto quello che occorre per l’apostolato e l’evangelizzazione.
Inoltre sarà molto importante curare con particolare attenzione il settore dell’educazione, in cui la Chiesa è già impegnata, avvalendosi di personale preparato, che possa contribuire a una crescita culturale globale per la società albanese, che è stata isolata e penalizzata per oltre anni.

In che modo la Chiesa contribuisce allo sviluppo del paese?
La Chiesa sta dando un grande contributo alla crescita morale e civile del paese, perché nutre con i valori cristiani i giovani e gli intellettuali, che sono il fondamento della società per il domani. Forse è un po’ presto per vedere frutti visibili, ma la Chiesa è ascoltata e apprezzata dal governo, dai fratelli nella fede ortodossi, da larghi settori della società. I missionari si impegnano molto senza aspettarsi nulla in cambio, ma soltanto donando tutto quello che hanno per la crescita morale e lo sviluppo della gente albanese che ha sofferto tanto, è stata limitata nel senso del pensiero e nell’azione.

Quali sono le prospettive e le speranze per la Chiesa e la società albanese?
Siamo molto felici per quello che abbiamo ed esistono diverse ragioni per essere ottimisti, guardando soprattutto i giovani: essi sono molto interessati alla religione, sono sensibili agli appelli della Chiesa e dei leader cristiani, provano a vivere la fede seriamente. Questo ci dà prospettive incoraggianti e grandi speranze. Questa generazione può dare un altro aspetto e un’altro spirito alla società albanese.
(PA) (Agenzia Fides 25/4/2003 Lines: 62 Words: 721)


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