EUROPA - Da “delitto” a “diritto”

venerdì, 25 aprile 2008

Roma (Agenzia Fides) - Da “delitto” a “diritto”. Profeticamente, con una specie di gioco di parole, Giovanni Paolo II delineò così, nell’Evangelium Vitae, la ferita al valore della vita che l’orizzonte della “modernità” stava consumando ai danni della persona umana, della sua dignità, dal concepimento alla sua morte naturale. Questa ”eclissi” - come la chiamò Giovanni Paolo II - ha avuto ed ha i suoi responsabili. I manipolatori della “coscienza collettiva”, nell’ultimo decennio, sono stati innumerevoli e, tra questi, non si può non annoverare il Parlamento europeo. L’”impegno” che quest’istituzione ha profuso nel favorire e promuovere una cultura di negazione del diritto alla vita, è stato esemplare. Nel caso dell’aborto, utilizzando il paravento della salute della donna e dei diritti riproduttivi, il Parlamento europeo si è “esercitato” più volte.
Con raccomandazioni e risoluzioni innumerevoli, che, anche se non vincolanti per gli Stati, hanno concorso in maniera evidente a formare e radicare nell’opinione pubblica europea un’idea di vita che nulla ha a che fare con l’etica. Si pensi all’ultima delle risoluzioni, approvata il 16 aprile scorso dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che, sancendo il diritto all’aborto, in nome “dell’esclusiva libera scelta delle donne”, si pronuncia per “garantire l’esercizio effettivo del diritto ad abortire” e per “superare le restrizioni di fatto o di diritto all’accesso ad un aborto senza rischi”.
L’Assemblea ha approvato il rapporto, redatto dalla Commissione sulle Pari Opportunità, che aveva evidenziato che sebbene la maggior parte dei paesi europei consenta l'aborto in caso di pericolo di vita della madre, in diversi paesi, quali Andorra, Irlanda, Malta, Monaco e la Polonia, l'aborto è illegale o severamente limitato. La risoluzione denuncia anche quella che viene chiamata la "inaccessibilità de facto" nei paesi membri dove pure l'aborto è legale, per i numerosi vincoli imposti che di fatto restringono l'accesso ad un aborto senza rischi: l'assenza di medici che accettino di praticare l'aborto (per le clausole legate all’obiezione di coscienza); l'assenza di strutture di cura; le consulenze mediche obbligatorie ripetute; i lunghi tempi di riflessione e di attesa.
Essendo l’aborto un diritto, inalienabile, come ha sostenuto la relatrice del rapporto, vengono definite un ostacolo alla sua esplicazione le clausole nelle legislazioni che consentono ai medici di esercitare l’obiezione di coscienza! La decisione per la donna deve essere rapida, si è sostenuto nella discussione. “Più è rapida, più potrà essere proposto alle donne - ha affermato la relatrice - l’aborto farmacologico con la RU 486 che evita i rischi inerenti ad ogni intervento chirurgico". Le morti accertate e registrate nel mondo dopo l’assunzione della RU486 - la più formidabile pratica abortiva di massa - sono sedici, come studi seri e noti hanno documentato.
Sono due gli elementi che più inquietano, ma fino ad un certo punto, della visione che l’Assemblea di Strasburgo propone su questo tema. Il primo riguarda una mistificazione, culturale, politica, legislativa e quindi sociale: nessuna legislazione al mondo parla di diritto all’aborto. E’ un diritto che è stato invocato, certo. Come non ricordare, a questo proposito, la presa di posizione di Amnesty dell’agosto 2007, che nella sua assemblea mondiale ha inteso annoverare il diritto all’aborto come “diritto umano”. Sta di fatto, però, che nessun legislatore ha scritto nelle sue leggi che quello all’aborto è un diritto. Proclamarlo, in una sede così prestigiosa, significa compiere una vera e propria una manipolazione della coscienza collettiva. Tanto più se si riflette sul fatto - e questo è il secondo elemento che la prestigiosa Assemblea non considera - che non può esistere in natura l’esercizio di un diritto la cui estrinsecazione comporta la soppressione di un altro essere umano, in questo caso, per giunta, il soggetto più debole, il concepito.
L’Assemblea di Strasburgo, se volessimo considerare come stanno le cose, avrebbe fatto e farebbe bene - perché sarebbe suo compito - a dare risposte concrete alla crisi della natalità, all’invecchiamento della popolazione, alla strage di aborti che viene compiuta in Europa, dove si consuma, in base alle statistiche e ai rapporti depositati presso il Parlamento europeo, un aborto ogni venticinque secondi. E’ anche vero - e questo va comunque considerato - che queste risposte potrebbe darle un’Europa certa della sua identità e dei valori cristiani. Ancora da edificare. (S.G.) (Agenzia Fides 25/4/2008; righe 47, parole 683)


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