AFRICA/KENYA - La proliferazione dei gruppi armati: un segnale inquietante dopo la sospensione del negoziato tra maggioranza e opposizione

mercoledì, 27 febbraio 2008

Nairobi (Agenzia Fides) - “Cosa succederà ? È la domanda sulla bocca di tutti” dice all’Agenzia Fides una fonte della Chiesa locale da Nairobi, all’indomani della sospensione dei colloqui tra la delegazione governativa e quella dell’opposizione. Il 26 febbraio il mediatore internazionale, l’ex Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan, ha dichiarato che “visto come i colloqui procedono e come i mediatori si confrontano, ho ritenuto importante sospendere i negoziati”, aggiungendo che “porterà la materia all’attenzione del presidente Kibaki e dell'onorevole Raila Odinga. È bene che i leader si assumano le rispettive responsabilità ed entrino in prima persona nei colloqui”.
La decisione di Annan deriva dal pesante clima che si è creato durante la trattativa tra le due parti. I giornali del Kenya riportano alcune cronache su come si sono svolti i colloqui, tra insulti e rotture. La scorsa settimana era stato raggiunto un accordo preliminare sulla creazione di un posto di Primo Ministro per Odinga. I colloqui di questa settimana dovevano mettere a punto i dettagli della condivisione dei poteri tra i due schieramenti ma si sono arenati perché, come dice la fonte di Fides, “ancora nessuno vuole recedere dalle proprie posizioni più intransigenti”.
“La popolazione vive nell’attesa di capire quello che succederà. Nel frattempo la vita continua, almeno qui a Nairobi: i bambini vanno a scuola, gli operai lavorano nei cantieri, ma la tensione è alta” prosegue la nostra fonte. “C’è la consapevolezza che viviamo in un momento cruciale, che il Kenya potrebbe esplodere da un momento all’altro. Il quotidiano The Nation ha pubblicato un’inchiesta sul proliferare di gruppi armati a sfondo etnico. Si stanno armando un po’ tutti. I fondi per le armi sono forniti da commercianti, da politici, da persone influenti. Vi sono gruppi organizzati come i Mungiki e altri più spontanei. In ogni caso una situazione veramente esplosiva”. Secondo l’articolo di The Nation, in diverse aree della Rift Valley, si stanno organizzando milizie di “autodifesa”.
Sulla stampa britannica ci si interroga se l’esercito keniano possa diventare l’ultimo baluardo dell’integrità del Kenya. “L’esercito keniano è un esercito professionale che non si è mai immischiato nella politica interna” afferma la fonte di Fides. “Ha svolto importanti missioni di pace per l’ONU in Africa ma anche in Bosnia e a Timor Est. È addestrato dagli inglesi e dalla NATO. Nonostante questo, se dovesse scoppiare una guerra civile vi è il rischio concreto che anche l’esercito si divida lungo linee etniche. A questo punto si potrebbe ipotizzare un intervento esterno. Fino ad alcuni anni fa circolava la voce che l’esercito inglese, se lo avesse voluto, avrebbe potuto prendere il controllo dei punti chiavi del Kenya in poche ore. Non so se questo è ora possibile, anche per via degli impegni internazionali della Gran Bretagna in altre parti del mondo, ma è vero che le forze armate britanniche continuano a mantenere una serie di importanti installazioni per l’addestramento in Kenya”. “L’unica soluzione possibile la devono trovare i keniani: i politici locali devono prendersi la responsabilità di fermare la corsa all’autodistruzione del Paese. È ora che pensino all’interesse generale” conclude la nostra fonte. (L.M.) (Agenzia Fides 27/2/2008 righe 35 parole 516)


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