VATICANO - AVE MARIA a cura di don Luciano Alimandi - “La parte migliore” è ascoltare Gesù

mercoledì, 25 luglio 2007

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: ‘Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti’. Ma Gesù le rispose: ‘Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta’ ” (Lc 10, 38-42).
Questo brano evangelico, proclamato recentemente nelle nostre chiese, è di una immediatezza sconvolgente. E’ fuori dubbio che se si vuole piacere al Signore dobbiamo imitare Maria e non Marta, la quale, anziché essere presa da Gesù, “era presa dai molti servizi”. Anche noi, cristiani in un’epoca preoccupata e agitata da mille cose, siamo di fronte ad una scelta di fondo: fare come Maria o come Marta.
Spesso ci sembra che stare con Gesù, sostare in ascolto della Sua Parola, adorare la Sua Presenza Eucaristica, percepire nel silenzio la Sua amabilità… sia una perdita di tempo. Troppo spesso abbiamo bisogno di “fare qualcosa” come Marta per sentirci a nostro agio, per fare bella figura con gli altri e riceverne gratificazione, mentre invece non ci accorgiamo che così facendo non lasciamo spazio all’Ospite divino, senza il Quale poco vale tutto il nostro affaccendarci.
Come è bello entrare in una chiesa e trovare fedeli davanti all’Ostia Santa mentre adorano il Signore, imitando Maria, senza preoccuparsi di altro e godendosi la divina Presenza. Stare con Gesù, per il semplice motivo che Egli lo merita, questa è la ragione di Maria!
E’ tanto facile perdere di vista il Signore, quando ci si lascia assorbire dai “molti servizi”, che non lasciano riposare l’anima in Dio. Quando l’uomo gira su se stesso, preso dalle sue preoccupazioni di guadagno, il risultato finale non può essere che l’inquietudine, poiché solo Dio può saziare la sete dell’uomo. Colui che mette al centro la gloria di Dio, non guarda solo al proprio interesse, ma cerca di piacere al Signore in ogni cosa; la gioia non tarderà a manifestarsi perché lo Spirito Santo riposerà in lui che Lo ha sinceramente accolto al centro del suo cuore. Gesù diventa, per quest’anima, la “parte migliore che non le verrà tolta”!
Un magnifico salmo che esprime tutto ciò, è il salmo 16: “il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita”. Il Santo Padre Benedetto XVI, in un suo Discorso, ha richiamato questo salmo applicandolo ai sacerdoti che, con il loro celibato, incarnano una vocazione tutta consacrata a Dio: “il sacerdote può e deve dire anche oggi con il levita: ‘Dominus pars hereditatis meae et calicis mei’. Dio stesso è la mia parte di terra, il fondamento esterno ed interno della mia esistenza. Questa teocentricità dell’esistenza sacerdotale è necessaria proprio nel nostro mondo totalmente funzionalistico, nel quale tutto è fondato su prestazioni calcolabili e verificabili. Il sacerdote deve veramente conoscere Dio dal di dentro e portarlo così agli uomini: è questo il servizio prioritario di cui l'umanità di oggi ha bisogno. Se in una vita sacerdotale si perde questa centralità di Dio, si svuota passo passo anche lo zelo dell’agire. Nell’eccesso delle cose esterne manca il centro che dà senso a tutto e lo riconduce all’unità. Lì manca il fondamento della vita, la ‘terra’, sulla quale tutto questo può stare e prosperare. Il celibato, che vige per i Vescovi in tutta la Chiesa orientale ed occidentale e, secondo una tradizione che risale a un’epoca vicina a quella degli Apostoli, per i sacerdoti in genere nella Chiesa latina, può essere compreso e vissuto, in definitiva, solo in base a questa impostazione di fondo. Le ragioni solamente pragmatiche, il riferimento alla maggiore disponibilità, non bastano: una tale maggiore disponibilità di tempo potrebbe facilmente diventare anche una forma di egoismo, che si risparmia i sacrifici e le fatiche richieste dall’accettarsi e dal sopportarsi a vicenda nel matrimonio; potrebbe così portare ad un impoverimento spirituale o ad una durezza di cuore. Il vero fondamento del celibato può essere racchiuso solo nella frase: Dominus pars - Tu sei la mia terra. Può essere solo teocentrico” (Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2006).
La Vergine Maria, donna in ascolto, non solamente era ai piedi di Gesù sotto la Croce, come Madre Addolorata, ma in ogni istante della vita del Figlio si trovava accanto a Lui, indissolubilmente congiunta con la sua Opera di Redenzione. Guardando a Lei, consacrandosi a Lei, il sacerdote come il fedele trova la forza di restare ai piedi di Gesù, senza sostituirsi a Lui ma servendolo con tutto se stesso, non anteponendo nulla al suo Amore infinito. Questa è la “via mariana” che Maria e poi anche Marta hanno percorso: dimenticarsi di sé per fare spazio all’Amato del proprio cuore, donandolo agli altri! (Agenzia Fides 25/7/2007; righe 54, parole 843)


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