VATICANO - Lettera Apostolica del Santo Padre Benedetto XVI, in forma di Motu proprio, “Summorum Pontificum” sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma del 1970

lunedì, 9 luglio 2007

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - E’ stata pubblicata in data 7 luglio 2007 la Lettera Apostolica in forma di "Motu proprio" del Santo Padre Benedetto XVI intitolata "Summorum Pontificum", sull'uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma compiuta nel 1970.
Nel testo, in lingua latina, si ricorda che tutti i Sommi Pontefici hanno sempre avuto cura che la Chiesa di Cristo offrisse alla Maestà Divina un culto degno, “a lode e gloria del Suo nome” e “per l’utilità di tutta la sua Santa Chiesa”. In particolare si ricorda San Gregorio Magno, “il quale si adoperò perché ai nuovi popoli dell'Europa si trasmettesse sia la fede cattolica che i tesori del culto e della cultura accumulati dai Romani nei secoli precedenti”. Eccelle inoltre la figura di San Pio V che, animato da grande zelo pastorale, a seguito dell'esortazione del Concilio di Trento, “rinnovò tutto il culto della Chiesa, curò l'edizione dei libri liturgici, emendati e 'rinnovati secondo la norma dei Padri' e li diede in uso alla Chiesa latina”. Un particolare impegno nel campo della liturgia va anche attribuito a Clemente VIII, Urbano VIII, San Pio X, Benedetto XV, Pio XII ed al Beato Giovanni XXIII. Sulla spinta del rinnovamento e della necessità di adattare i riti alle necessità dell’epoca contemporanea generata dal Concilio Vaticano II, Papa Paolo VI, nel 1970 approvò i libri liturgici riformati e in parte rinnovati. Giovanni Paolo II rivide la terza edizione tipica del Messale Romano.
Il Motu proprio prosegue sottolineando che "in talune regioni non pochi fedeli aderirono e continuano ad aderire con tanto amore ed affetto alle antecedenti forme liturgiche”. Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, mosso dalla cura pastorale nei confronti di questi fedeli, nell'anno 1984, con l’indulto “Quattuor abhinc annos”, emesso dalla Congregazione per il Culto Divino, concesse la facoltà di usare il Messale Romano edito dal Beato Giovanni XXIII nell'anno 1962. Sempre Giovanni Paolo II, nell'anno 1988, con la Lettera Apostolica “Ecclesia Dei”, in forma di Motu proprio, “esortò i Vescovi ad usare largamente e generosamente tale facoltà in favore di tutti i fedeli che lo richiedessero”. Quindi Papa Benedetto XVI, facendo seguito alle “insistenti preghiere di questi fedeli”, a lungo soppesate già da Giovanni Paolo II, e dopo aver ascoltato i Cardinali nel Concistoro tenuto il 22 marzo 2006, ha deciso ora di pubblicare il Motu proprio "Summorum Pontificum" che contiene una serie di disposizioni.
Nel primo dei 12 articoli, si afferma: “Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della 'lex orandi' della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia il Messale Romano promulgato da San Pio V e nuovamente edito dal Beato Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa 'lex orandi' e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della 'lex orandi' della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella 'lex credendi' della Chiesa; sono infatti due usi dell'unico rito romano".
Nelle Messe celebrate senza il popolo, ogni sacerdote cattolico di rito latino, secolare o religioso, può usare o il Messale Romano edito nel 1962 oppure il Messale Romano promulgato nel 1970, in qualsiasi giorno, eccettuato il Triduo Sacro. Per tale celebrazione secondo l'uno o l'altro Messale il sacerdote non ha bisogno di alcun permesso. Alle celebrazioni della Santa Messa possono essere ammessi anche i fedeli che lo chiedessero di loro spontanea volontà.
Le comunità degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, sia di diritto pontificio che diocesano, che desiderano celebrare la Santa Messa secondo l'edizione del Messale Romano promulgato nel 1962, possono farlo.
Nelle parrocchie, in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco “accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962. Provveda a che il bene di questi fedeli si armonizzi con la cura pastorale ordinaria della parrocchia, sotto la guida del Vescovo a norma del canone 392, evitando la discordia e favorendo l'unità di tutta la Chiesa".
Nelle Messe celebrate con il popolo secondo il Messale del Beato Giovanni XXIII, le letture possono essere proclamate anche nella lingua vernacola, usando le edizioni riconosciute dalla Sede Apostolica.
Il parroco può concedere la licenza di usare il rituale più antico nell'amministrazione dei sacramenti del Battesimo, del Matrimonio, della Penitenza e dell'Unzione degli infermi, “se questo consiglia il bene delle anime”. Agli Ordinari viene concessa la facoltà di celebrare il sacramento della Confermazione usando il precedente antico Pontificale Romano, qualora questo consigli il bene delle anime. Per i chierici è lecito usare il Breviario Romano promulgato dal Beato Giovanni XXIII nel 1962.
Tra le altre disposizioni contenute nel Motu proprio si sottolinea che i fedeli che non avessero ottenuto soddisfazione alle loro richieste da parte del parroco, ne devono informare il Vescovo diocesano, che è vivamente pregato di esaudire il loro desiderio. Qualora egli non potesse provvedere a tale celebrazione, occorre riferirsi alla Commissione Pontificia “Ecclesia Dei", eretta da Giovanni Paolo II nel 1988, la quale è chiamata ad offrire consiglio ed aiuto ed a vigilare sull’osservanza e sulle applicazioni di queste disposizioni. (S.L.) (Agenzia Fides 9/7/2007: righe 57, parole 790)


Condividi: