VATICANO - Cammino di preghiera per la Quaresima - L’Atto di Dolore (II)

sabato, 17 marzo 2007

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - «Mio Dio»: in moltissime lingue gli Atti di Fede, di Dolore, di Speranza, di Carità, cominciano con queste parole. Ci rivolgiamo a qualcuno… a Dio… nel quale crediamo! «Credo in Dio» («credo in Deum», Simbolo degli Apostoli). «Credo in un solo Dio» («credo in unum Deum», Simbolo di Nicea-Costantinopoli).
La Creatura si rivolge al suo Creatore Onnipotente: «Credo in Dio Padre Onnipotente» («credo in Deum Patrem Omnipotentem», Simbolo degli Apostoli); «credo in un solo Dio, il Padre Onnipotente» («credo in unum Deum, Patrem Omnipotentem», Simbolo di Nicea-Costantinopoli).
Ciò che è polvere («Ricorda che sei polvere e in polvere tornerai» - «Memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris», Mercoledì delle Ceneri) si rivolge a Colui che è il «Creatore del cielo e della terra, dell’universo visibile ed invisibile» («Factorem Caeli et terra, visibilium omnium et invisibilum», Simbolo di Nicea-Costantinopoli).
Il Libro della Genesi, nel primo capitolo, ci presente infatti la creazione del mondo: «Dio dice» e, con la Sua semplice Parola, il mondo sorge dal nulla («ex nihilo») ed arriva all’esistenza: la luce del primo giorno; il firmamento nel mezzo dei cieli il secondo giorno; il continente ed il mare, le erbe che portano il seme sulla terra ferma, il terzo giorno; gli astri nel firmamento, il sole e la luna, il quarto giorno; gli esseri viventi nelle le acque e gli uccelli nel cielo, perché si moltiplichino, il quinto giorno; tutti gli esseri viventi secondo la loro specie sulla terra ferma: in tutto questo «Dio vide che era cosa buona». Poi Dio disse il sesto giorno: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza… Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (versetto 26a, 27); affida loro il compito di essere fecondi, di moltiplicarsi, di riempire la terra e di soggiogarla, dominando su tutte le altre creature (versetto 28). Quindi Dio si riposò il settimo giorno, che «benedisse… e consacrò» (Genesi 2, versetto 3a).
Dicendo «Mio Dio» siamo consapevoli di rivolgerci a qualcuno con il quale abbiamo un rapporto particolare, non più soltanto di creatura col suo Creatore, bensì di una Creatura superiore a tutte le altre, poiché possiede una ragione, una scintilla della vita stessa di Dio: possediamo la «sua immagine», siamo creati a «sua somiglianza». Dio Onnipotente ha messo nell’uomo un po’ della sua stessa Vita: un rapporto è quindi possibile, non di timore, ma d’intimità; anche di fiducia e di collaborazione, perché Dio Onnipotente e Creatore di tutte le cose, scelse l’uomo per proseguire la sua opera, portando l’Amore e la Vita nel mondo, istituendo la famiglia, focolare dell’amore e della vita, ad immagine di Dio: «maschio e femmina li creò…Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra…» (versetto 27c, 28a).
Dicendo «Mio Dio», siamo altresì consapevoli che non ci rivolgiamo più soltanto al nostro Creatore, ma anche a colui che è «il Padre Onnipotente» («Patrem Omnipotentem», Simbolo degli Apostoli e di Nicea-Costantinopoli), e quindi in qualche modo «Padre Nostro». Il Padre della parabola del figliol prodigo rappresenta bene questo Dio Padre, ed il figliol prodigo (siamo tutti noi!) che si rivolge a suo Padre, per chiedergli perdono in questi termini: «Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te, non sono più degno di esser chiamato tuo figlio» (Luca 15, 21). (Continua) (J.M.) (Agenzia Fides 17/3/2007, righe 38, parole 560)


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