VATICANO - Al servizio dei Misteri di Cristo - Il discorso del Card. Francis Arinze per il Giubileo d’Oro dell’"Institut Supérieur de Liturgie" di Parigi

martedì, 19 dicembre 2006

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Pubblichiamo di seguito il testo integrale del Discorso pronunciato dal Card. Francis Arinze, Prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti, all’apertura al Congresso per il Giubileo d’Oro dell’"Institut Supérieur de Liturgie", sezione dell’"Institut Catholique de Paris" (Parigi, 26 ottobre 2006). Tale discorso riveste particolare importanza sia per i temi affrontati che per l’attualità degli argomenti in discussione.

1. Una celebrazione appropriata. Tempo di grazia
Dio sia lodato perché l’"Institut Supérieur de Liturgie" celebra cinquant’anni della sua vita e del suo servizio. Nel corso di questi cinquant’anni, questo Istituto ha dato un importante contributo alla riflessione liturgica, alla vita e alla relativa formazione nella Chiesa. Preghiamo il Signore Gesù perché benedica e ricompensi tutti coloro che in passato, o al giorno d’oggi, hanno contribuito al lavoro di questa importante sezione dell’"Institut Catholique de Paris". La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti porge le sue calorose congratulazioni all’Istituto.
Una celebrazione giubilare come questa rappresenta un tempo non soltanto per il ringraziamento ma anche per la riflessione, per riesaminare gli orientamenti, per chiarire la strada da seguire, per prendere decisioni rispetto al futuro. Vorrei ora affrontare alcune delle aree che un Istituto Superiore di Liturgia come questo potrebbe cercare di coprire. È importante mostrare la luce nelle questioni liturgiche. L’ars celebrandi e l’omelia meritano una menzione speciale. Un’ecclesiologia di comunione implica chiarezza sui ruoli del sacerdote e del Vescovo diocesano. Un’analisi di questi elementi ci aiuterà a concludere con una lista dei principali servizi che ci si aspetta da un Istituto liturgico.

2. Mostrare la luce nelle materie liturgiche
Primo tra i doveri di un istituto liturgico superiore è di essere un faro di luce nelle materie liturgiche. Esso informa e forma dei leader che siano in grado di valutare le ricchezze presenti nel culto pubblico della Chiesa e che siano pronti a condividerle con gli altri. Inoltre, getta luce sullo stretto legame tra teologia e liturgia, tra la fede della Chiesa e la celebrazione dei misteri di Cristo, tra la lex credendi e la lex orandi.
Di conseguenza, mentre un istituto liturgico superiore dovrebbe promuovere la ricerca, deve soprattutto basare le sue solide e durevoli fondamenta sulla fede, sulla tradizione della Chiesa e sul patrimonio racchiuso nei testi, nei gesti e negli atteggiamenti liturgici. Un tale istituto è perfettamente consapevole che la sacra liturgia è un dono che riceviamo da Cristo tramite la Chiesa. Non è qualcosa inventato da noi. Possiede, quindi, gli elementi immutabili che vengono dal nostro Salvatore Gesù Cristo, così come avviene nelle forme essenziali dei sacramenti, insieme agli elementi variabili che sono stati accuratamente trasmessi e custoditi dalla Chiesa.
Molti abusi in materie liturgiche sono basati non sulla cattiva volontà ma sull’ignoranza, “giacché per lo più si rigetta ciò di cui non si coglie il senso più profondo, né si conosce l’antichità” (Redemptionis Sacramentum, 9). In questo modo, alcuni abusi sono dovuti ad uno spazio eccessivo concesso alla spontaneità, alla creatività o ad un’idea sbagliata di libertà, oppure all’errore dell’orizzontalismo, che colloca l’uomo al centro di una celebrazione liturgica invece che centrarla verticalmente su Cristo e i suoi misteri.
Le tenebre vengono scacciate dalla luce, non da una condanna verbale. Un istituto liturgico superiore deve possedere degli esperti nella migliore e più autentica tradizione teologico-liturgica della Chiesa. Li deve formare all’amore per la Chiesa e per il suo culto pubblico e a seguire le norme e le indicazioni fornite dal Magistero. Dovrà anche offrire dei corsi appropriati per coloro che intendono promuovere una formazione liturgica permanente per il clero, per i consacrati e per i fedeli laici. Come scrisse papa Giovanni Paolo II all’Assemblea Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti un mese prima della sua morte: “E’ urgente che nelle comunità parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali si assicurino adeguati percorsi formativi, perché la liturgia sia meglio conosciuta nella ricchezza del suo linguaggio e venga vissuta in pienezza. Nella misura in cui lo si farà, si sperimenteranno benefici influssi sulla vita personale e comunitaria” (Lettera di Papa Giovanni Paolo II al Cardinale Arinze, 3 marzo 2005, n. 5).

3. Promozione dell’"Ars Celebrandi"
Una conseguenza di un sano fondamento teologico-liturgico e di un’adeguata formazione nella fede e nella devozione è che l’ars celebrandi viene promossa non soltanto dal sacerdote celebrante, ma anche da parte di tutti coloro che prendono parte alle funzioni liturgiche, soprattutto il diacono, ma anche i chierichetti, i lettori, coloro che dirigono i canti e tutti i fedeli che partecipano.
L’ars celebrandi è basata sulla verità teologica articolata dal Concilio Vaticano II, secondo la quale, “la liturgia è considerata come l'esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santificazione dell'uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra” (Sacrosanctum Concilium, 7).
Un istituto liturgico dovrebbe aiutare tutti coloro che sono coinvolti in una celebrazione liturgica ad apprezzare questa verità. Il primo posto spetta al sacerdote o al vescovo celebrante. Se costoro sono sufficientemente inseriti nel significato delle celebrazioni liturgiche, che hanno Cristo come loro capo, se rispettano la Scrittura, la Tradizione, le radici storiche dei testi sacri e le ricchezze teologiche delle espressioni liturgiche, allora il risultato sarà una felice manifestazione dell’ars celebrandi. Le celebrazioni liturgiche metteranno magnificamente in luce la fede della Chiesa, nutriranno questa fede nei partecipanti, risveglieranno questa fede nei dormienti e negli indifferenti, manderanno le persone a casa con l’ardore di vivere la vita cristiana e diffondere il Vangelo. Questo è molto lontano dal manierismo freddo, antropocentrico e talvolta apertamente indiosincratico che le nostre assemblee domenicali sono spesso costrette a sopportare. Tanto la Lettera di Papa Giovanni Paolo II già menzionata (n. 3) che il Sinodo dei Vescovi dell’ottobre 2005 (Prop. 25) sottolineano l’importanza dell’ars celebrandi.

4. L’omelia
“L’omelia” - afferma il concilio Vaticano II - “è parte dell'azione liturgica” (Sacrosanctum Concilium, 52). In essa la Parola di Dio è pane spezzato per il popolo. Le letture sacre sono collegate con le realtà della fede nel mondo di oggi. L’omelia, se ben data, dovrebbe far ardere il cuore nel petto delle persone (cf. Lc 24, 32).
Purtroppo, molte omelie sono pronunciate dai sacerdoti o dai diaconi in modo tale da non risultare all’altezza di ciò che si desidera. Alcune omelie sembrano semplici commenti sociologici, psicologici oppure, ancora peggio, politici. Non sono sufficientemente fondate sulle Sacre Scritture, sui testi liturgici, sulla tradizione della Chiesa e su una solida teologia. In alcuni paesi ci sono persone che non si rendono conto che la pronuncia dell’omelia nel contesto del Sacrificio Eucaristico rappresenta un ministero pastorale assegnato soltanto ai ministri ordinati: diacono, sacerdote o vescovo. Va benissimo che i laici portino avanti la catechesi al di fuori della Messa, ma non l’omelia, che esige l’ordinazione.
Un istituto liturgico superiore può aiutare a diffondere le giuste convenzioni riguardo all’omelia. Può aiutare a creare un clima di opinione che porti a nutrimenti più sostanziosi per il popolo di Dio, considerando che per molti cattolici l’omelia è probabilmente l’unica formazione religiosa e catechetica permanente che ricevono durante la settimana (cf. Lettera di Papa Giovanni Paolo II, n. 4; Sinodo dei Vescovi, ottobre 2005, Prop. 19).

5. Il ruolo liturgico del sacerdote
È fondamentale che un istituto liturgico superiore definisca chiaramente il ruolo del sacerdote nella sacra liturgia. Il Concilio Vaticano II afferma che: “l'auspicato rinnovamento di tutta la Chiesa dipende in gran parte dal ministero sacerdotale animato dallo spirito di Cristo” (Optatam Totius, proemio).
Il sacerdozio comune di tutti i battezzati e il sacerdozio ministeriale del sacerdote ordinato vengono da Cristo stesso. La confusione dei ruoli nella costituzione gerarchica della Chiesa crea danni. Non promuove la testimonianza a Cristo né la santità del clero e dei laici. Né i tentativi di clericizzazione dei laici, né gli sforzi in direzione di una laicizzazione del clero attireranno le grazie divine. “Nelle celebrazioni liturgiche ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza” (Sacrosanctum Concilium, 28). È frutto di falsa umiltà e di un’idea inammissibile di democrazia o di fratellanza, che il sacerdote cerchi di condividere i suoi ruoli rigorosamente sacerdotali con i fedeli laici.
È di conseguenza superfluo affermare che un istituto liturgico superiore, così come qualunque facoltà teologica, dovrebbe aiutare le persone a vedere che il sacerdozio è parte integrante e costitutiva della struttura della Chiesa e che, quindi, abbiamo assolutamente bisogno di sacerdoti ordinati che celebrino la Santa Messa, che assolvano le persone dai loro peccati nel Sacramento della Penitenza e che amministrino l’unzione agli infermi (cf. Gc 5, 14-15). Inoltre, se vogliamo dei benefici spirituali più completi per le persone che partecipano ai matrimoni e ai funerali, allora abbiamo bisogno di sacerdoti che celebrino il Sacrificio Eucaristico, predichino omelie che offrano un arricchimento spirituale alle persone - alcune delle quali andrebbero altrimenti molto raramente a Messa -, impartiscano loro la benedizione e costituiscano un segno del fatto che la Chiesa è vicina a loro in un momento così fondamentale della loro vita. Indubbiamente, è necessario che il sacerdote non si limiti a eseguire semplicemente le funzioni liturgiche, ma che le sue attività ministeriali vengano dal cuore e che la sua presenza pastorale rappresenti un nutrimento spirituale per le persone.
Se infatti il ruolo del sacerdote viene indebolito o non viene apprezzato, una comunità cattolica locale potrebbe scivolare pericolosamente nell'idea di una comunità senza un sacerdote. Questo non è in linea con il concetto autentico della Chiesa istituita da Cristo.
Se una diocesi non ha abbastanza sacerdoti, devono essere intraprese delle iniziative per cercarli altrove, per incoraggiare le vocazioni locali e per ravvivare nelle persone una genuina "sete" di un sacerdote (cf. Giovanni Paolo II, Eccl. de Euch., 32). I membri non ordinati del popolo dei fedeli ai quali viene assegnato qualche ruolo nell'assenza di un sacerdote devono compiere uno sforzo particolare per mantenere viva questa "sete". Devono inoltre resistere alla tentazione di cercare di fare in modo che le persone si abituino a loro come sostituti dei sacerdoti (cf. op. cit., 33 ).
Non c'è alcun posto nella Chiesa cattolica per la creazione di una sorta di "clero laico" parallelo (cf. Redemptionis Sacramentum, 149-153, 165).
I sacerdoti, da parte loro, dovrebbero mostrarsi chiaramente felici nella propria vocazione, con una chiara identità rispetto al proprio ruolo liturgico. Se celebrano e sacri misteri con fede e devozione e in conformità con i libri approvati, senza rendersene conto predicheranno le vocazioni al sacerdozio. D'altra parte, i giovani non avranno desiderio di unirsi a una schiera di chierici che appaiono certi rispetto alla loro missione, che criticano e disobbediscono alla loro Chiesa e che celebrano le proprie "liturgie" secondo le loro scelte e teorie personali.
Un istituto liturgico superiore e una facoltà teologica sono preziosi strumenti nelle mani della Chiesa per condividere la corretta teologia sul sacerdote come strumento di Cristo nella sacra liturgia.

6. Il ruolo del Vescovo
Ovviamente, la comunione ecclesiale deve significare communio con il vescovo diocesano e tra i vescovi e il Papa. Nelle diocesi, i vescovo è il primo custode dei misteri di Cristo. Egli è il moderatore, il promotore e il guardiano dell'intera vita liturgica della Chiesa diocesana (cf. Christus Dominus, 15; C.I.C. can. 387; Redemptionis Sacramentum, 19). Il vescovo dirige l'amministrazione dei sacramenti e specialmente della Santissima Eucarestia. Quando egli concelebra nella sua Chiesa cattedrale con i suoi sacerdoti, con l'assistenza dei diaconi e degli assistenti minori, con la partecipazione del santo popolo di Dio, "c'è una speciale manifestazione della Chiesa" (Sacrosanctum Concilium, 41).
Le facoltà teologiche cattoliche, gli istituti liturgici e i centri pastorali hanno la funzione di aiutare il Vescovo, il Pastore capo nella diocesi. Inoltre, cooperano nei modi appropriati con la Conferenza Episcopale e con la Sede Apostolica e aiutano a spiegare e diffondere i loro documenti e le loro istruzioni. Sono naturali e apprezzati consiglieri del Vescovo diocesano, delle Conferenze Episcopali e della Santa sede. Essendone consapevoli, aiutano le persone a comprendere che la sacra liturgia non è un'area di ricerca nello stile di una mischia, quanto piuttosto il luogo della preghiera pubblica ufficiale della Chiesa, della quale il Papa i vescovi sono i principali responsabili. Un istituto cattolico o una facoltà teologica, in questo modo, si rende ben conto che non è giusto che essa proceda su un percorso parallelo rispetto al Vescovo o alla Santa Sede, o che si consideri come un osservatore o un critico indipendente.
Qui dobbiamo ringraziare l’"Institut Supérieur de Liturgie" per il ruolo positivo che ha svolto per mezzo secolo nella Chiesa, nella promozione della sacra liturgia e della comunione ecclesiale. Questo ci porta a concludere con un elenco di alcuni dei servizi che ci si aspetta da un istituto liturgico superiore.

7. I servizi che ci si aspetta da un Istituto Liturgico Superiore
Dalle considerazioni che abbiamo appena fatto consegue che un istituto superiore per la liturgia dovrebbe essere una casa di luce e d'amore. Dovrebbe preparare, informare e formare esperti della sacra liturgia. Il suo ruolo consiste nell’ispirare le persone la fede e l'amore per la Chiesa, in modo che siano in grado di valutare che "sono un'espressione concreta dell'autentica ecclesialità dell'Eucaristia; questo è il loro senso più profondo. La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i Misteri" (Ecclesia de Eucharistia, 52).
Questo significa che gli istituti liturgici dovrebbero fornire alle persone gli strumenti per rifiutare a banalizzazione, la desacralizzazione e la secolarizzazione nelle materie liturgiche. L'orizzontalismo che fa tendere le persone a celebrare se stesse invece dei misteri di Cristo crea un danno alla fede cattolica e al culto, ed è necessario evitarlo.
Un istituto come il vostro esercita una grande influenza in virtù dell'orientamento dello spirito che imparte ai suoi studenti, in virtù delle sue pubblicazioni e in virtù della sua autorità morale nell'offrire idee ai centri diocesani liturgici e pastorali e alle case editrici. Questa influenza travalica i confini della Francia e raggiunge i villaggi in Africa, in Asia e nel Pacifico.
Un istituto liturgico superiore può rappresentare un aiuto consistente per il Vescovo, per la Conferenza Episcopale e per la Santa Sede nella formulazione delle direttive liturgiche e nell'elaborazione della teologia che sta alla base dei riti liturgici. Dal momento che "la liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia" (Sacrosanctum Concilium, 10), non si può fare a meno di vedere l'importanza dell'apostolato di un istituto liturgico.
"Institut Supérieur de Liturgie", vi saluto in questo vostro cinquantesimo anniversario! Possa la Beatissima Vergine Maria, Madre del nostro Salvatore, i cui misteri celebriamo nella liturgia, ottenere per questo Istituto e per tutti i suoi affiliati nel mondo gioia, efficienza e crescita ecclesiale nell'adempimento di questa alta vocazione e missione. Francis Card. Arinze (Agenzia Fides 19/12/2006; righe 194, parole 2501)


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