VATICANO - Vescovo Shen Bin: Radicati in Cina, per aprire nuovi orizzonti all'annuncio del Vangelo

martedì, 21 maggio 2024

photo Teresa Tseng Kuang Yi

di Giuseppe Shen BIn, Vescovo di Shanghai

Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Pubblichiamo l'intervento di Giuseppe Shen Bin, Vescovo di Shanghai, al Convegno Internazionale " 100 anni dal Concilium Sinense: tra storia e presente" (Pontificia Università Urbaniana, 21 maggio 2024)

Onorevoli vescovi, fratelli e sorelle nel Signore, accademici e studiosi,

Come vescovo, sono molto toccato dal fatto che oggi prelati della Chiesa e studiosi appartenenti o non appartenenti alla Chiesa, che provengono da diverse parti del mondo e parlano lingue diverse, sono riuniti qui per commemorare il centenario del Concilio di Shanghai, per rievocare il passato e guardare al futuro, per dialogare e confrontarci sulla missione che Gesù Cristo ci ha affidato nel nostro tempo. Vorrei esprimere i miei più sentiti ringraziamenti agli organizzatori del convegno per l'invito e la preparazione accurata. Ritengo molto significativo che questo convegno abbia come tema la storia e lo sviluppo della Chiesa in Cina. Credo e mi auguro che, con l'impegno congiunto di tutti noi, questo convegno sarà fruttuoso.

In Gesù Cristo, le Chiese in tutto il mondo sono membra l'una dell'altra. Tu sei in me, e io sono in te. Si illuminano e si completano a vicenda. La Bibbia dice che noi cristiani abbiamo un solo maestro, Gesù Cristo (cfr. Mt 23:10), quindi come possiamo ascoltare la voce di Cristo, soprattutto in quest'epoca così diversa dalle altre?
Una cosa molto importante, a mio avviso, è imparare ad ascoltare gli altri, la voce inascoltata di Cristo, che spesso ci viene trasmessa attraverso un Altro, attraverso un certo linguaggio esterno, come nella scena della Pentecoste, alla nascita della Chiesa.

Nel settembre del 1922, l'Arcivescovo Celso Costantini (1876 - 1958) partì dall'Italia per la Cina, dove arrivò in novembre. Il suo viaggio per la Cina fu lungo e difficile, così come l’opera di inculturazione della Chiesa in Cina che lui promosse dopo essere arrivato in quella terra. Oggi possiamo viaggiare da Pechino a Roma in un giorno, e non dobbiamo tenere in segreto l'agenda dell’inculturazione della Chiesa, come fece l'Arcivescovo Costantini all'inizio. A questo punto abbiamo già superato tutti gli ostacoli per raggiungere un consenso. Non va dimenticato, tuttavia, che il punto di partenza che abbiamo acquisito oggi è strettamente legato a ciò che l'Arcivescovo Costantini ha fatto con audacia profetica e talento eccezionale, dovendo contrastare l’opinione di tutti nei territori delle missioni in Cina, affinché il Vangelo di Cristo si radicasse nella terra di Cina e risultasse compatibile con la società e la cultura cinese.

In effetti, date le circostanze, l’impresa che l'Arcivescovo Costantini desiderava promuovere non era facile. A quel tempo, nei territori missionari cinesi, la maggior parte dei missionari stranieri era abituata alla protezione offerta alla Chiesa dalle potenze straniere, in particolare attraverso il cosiddetto “Patronato”, e la Chiesa in Cina aveva goduto di molti privilegi come risultato dei “Trattati ineguali” firmati tra il governo Qing e le potenze occidentali. Secondo alcuni questo poteva aver portato molte “agevolazioni” allo sviluppo della Chiesa in Cina. In questa situazione, rinunciare a quei privilegi e “agevolazioni” equivaleva per molti a rinunciare alla rilevanza visibile della Chiesa nella società cinese. Ma è proprio su questo punto che l'Arcivescovo Costantini si oppone: a suo avviso, un cattolicesimo che è stato a lungo dipendente da missionari stranieri, dalla protezione di potenze straniere, e che viene definito dai cinesi “religione straniera”, non andrà lontano in Cina, in un Paese che ha una profonda e lunga tradizione culturale. Anche se fossero arrivati alcuni frutti temporanei, difficilmente si sarebbe potuto dire che simili frutti fossero conformi allo spirito di Cristo, che fossero frutti dell'albero della vita del Vangelo. Pertanto, senza la ferma fiducia e il passo risoluto dell'Arcivescovo Costantini nel perseguire l'obiettivo dell’inculturazione della Chiesa, il Sinodo di Shanghai non sarebbe stato possibile.

Ripercorriamo brevemente la storia: dopo la Guerra dell'Oppio del 1840, le Potenze straniere sono intervenute negli affari politici, economici, culturali e religiosi della Cina in nome dei Trattati ineguali.

Allo stesso tempo, alcuni missionari avevano un forte senso di superiorità per la cultura europea e una mentalità coloniale sempre più evidente; il loro lavoro missionario nei territori di missione era spesso accompagnato da un'intenzione di colonizzazione culturale; monopolizzavano la gestione delle chiese, discriminavano il clero autoctono e avevano pregiudizi radicati nei confronti della cultura e della realtà politica e sociale tradizionale cinese. Con l'aumento del sentimento nazionalista del popolo cinese, il conflitto tra la Chiesa e il popolo si è intensificato e l'odio del popolo nei confronti della Chiesa cattolica si è gradualmente aggravato, con scontri periodici.

In questo processo, la Santa Sede si rese conto dei pericoli dei legami della Chiesa con le Potenze occidentali e del “Patronato”, e si adoperò per creare un nuovo orizzonte evangelico e ridefinire la relazione politica e culturale della Chiesa con i Paesi o le regioni in cui era presente. Questa volontà si riflette nel documento “Sul clero autoctono”, pubblicato dalla Congregazione De Propaganda Fide con l'approvazione del Papa Gregorio XVI nel 1845, e nella Lettera Apostolica “Maximum Illud”, pubblicata da Benedetto XV nel 1919.

Nel 1922, la Santa Sede inviò in Cina l'Arcivescovo Costantini come Delegato apostolico. Seguendo lo spirito della Lettera apostolica “Maximum Illud”, egli si impegnò nel promuovere l’inculturazione della Chiesa in Cina. Il Concilio dei vescovi tenutosi a Shanghai nel maggio 1924 aprì la strada alla consacrazione di sei vescovi cinesi a Roma due anni dopo. Vorrei dirvi qui che tra quei sei vescovi c'era il vescovo Zhu Kaimin della nostra diocesi di Haimen, nella provincia di Jiangsu. Quindi noi, nela diocesi di Haimen, abbiamo beneficiato molto presto del Concilio di Shanghai.

A causa delle resistenze che ne seguirono, il Concilio di Shanghai non portò a un cambiamento immediato e radicale nella Chiesa in Cina. Ad esempio, per quanto riguarda la formazione e la nomina del clero cinese, i numeri sono rimasti esigui: al momento della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, solo 29 delle 137 diocesi cinesi avevano vescovi cinesi e solo 3 dei 20 arcivescovi erano cinesi. La Chiesa cattolica in Cina non si era realmente liberata dalle potenze straniere per diventare un’opera guidata da cristiani cinesi, e non era ancora riuscita a togliersi di dosso l'etichetta di “religione straniera”.

Ripercorrere la storia è utile per guardare al futuro, per discernere la direzione in cui lo Spirito Santo di Dio sta conducendo la Chiesa in Cina in questo nuovo periodo storico. Perciò ci sono alcuni punti che ritengo degni di essere presi in profonda considerazione.

I. Lo sviluppo della Chiesa in Cina deve essere fedele al Vangelo di Cristo. La Chiesa cattolica in Cina, in quanto Chiesa cattolica particolare, segue la fede cattolica tradizionale. Dopo la fondazione della nuova Cina nel 1949, la Chiesa in Cina è sempre rimasta fedele alla sua fede cattolica, pur nel grande impegno di adattarsi costantemente al nuovo sistema politico. La politica della libertà religiosa attuata dal governo cinese non ha alcun interesse a cambiare la fede cattolica, ma spera solo che il clero e i fedeli cattolici difendano gli interessi del popolo cinese e si liberino dal controllo di Potenze straniere. Quando la comunità cattolica ha creato la sua organizzazione patriottica, Zhou Enlai, allora Primo Ministro del Consiglio di Stato, ha espresso la sua comprensione della necessità che i cattolici cinesi fossero in comunione con Roma per le questioni spirituali. Anche Xi Zhongxun, allora Segretario generale del Consiglio di Stato, disse che il governo popolare non si opponeva al fatto che i cattolici cinesi avessero contatti religiosi con il Vaticano, ma che questi erano permessi solo a condizione che non andassero contro gli interessi del popolo cinese, che non violassero la sovranità della Cina e che il Vaticano cambiasse la sua politica di ostilità nei confronti della Cina.

La decima Conferenza dei delegati cattolici, tenutasi nel 2022, ha adottato gli “Statuti della Conferenza episcopale cattolica cinese”. L'articolo 4 degli Statuti afferma: “Gli scopi di quest’organismo sono: fondarsi sulla Sacra Scrittura e la Tradizione, nello spirito che la Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica, e nello spirito del Concilio Vaticano II, salvaguardare il tesoro della Fede e diffondere il Vangelo e il cattolicesimo, con la grazia dello Spirito Santo”; e l'articolo 8 recita: “Nella fede e nell’impegno dell'evangelizzazione, questa comunità compie la sua missione pastorale secondo il mandato del Signore Gesù Cristo agli Apostoli e l'autorità loro conferita dallo Spirito Santo, e mantiene la comunione con i Successori di Pietro, Principe degli Apostoli, nelle dottrine della fede e nei precetti della Chiesa”.

II. Lo sviluppo della Chiesa in Cina deve seguire una prospettiva cinese. Nel trattare il rapporto tra Chiesa e Stato, religione e politica, dobbiamo tornare a ciò che dice la Bibbia: “Date dunque a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio”. I missionari stranieri provenienti dall'Occidente sono arrivati in Cina da molto lontano, e per abitudine, intenzionalmente o meno, hanno seguito il modello occidentale di rapporto tra Chiesa e Stato per confrontare e misurare le relazioni Chiesa-Stato della Cina, il che ha creato una serie di problemi. Soprattutto dopo la Guerra dell'Oppio, alcuni missionari avevano un forte senso della superiorità culturale europea e avevano persino l'intenzione di usare la religione cristiana per cambiare la società e la cultura cinese, cosa che fu inevitabilmente contrastata e persino detestata da molti cinesi; a quel tempo, tra molti studiosi cinesi e gente comune si formò una forte tendenza anticristiana e persino un movimento sociale. Si è creato un abisso tra la Chiesa di Dio e la società cinese che ostacolò una maggiore diffusione del Vangelo dell'amore tra il popolo cinese.
III.
Lo sviluppo della Chiesa in Cina deve essere in linea con la Cina di oggi. Oggi il popolo cinese sta portando avanti la grande rinascita della nazione cinese in modo globale con una modernizzazione in stile cinese, e la Chiesa cattolica in Cina deve muoversi nella stessa direzione, seguendo un percorso di cinesizzazione che sia in linea con la società e la cultura cinese di oggi. Invitiamo i sacerdoti e i fedeli cinesi ad amare il loro Paese e la loro Chiesa e a collegare strettamente lo sviluppo della Chiesa con il benessere del popolo. Papa Francesco ha anche spesso sottolineato che essere un buon cristiano non solo non è incompatibile con l'essere un buon cittadino, ma ne è parte integrante. A questo proposito, una dichiarazione fatta dall'Arcivescovo Costantini al Sinodo di Shanghai è ancora oggi molto significativa. Egli disse: “i cattolici del posto devono essere dei membri della famiglia di Dio, un popolo del Suo Regno. Non per questo però rinuncia al proprio Paese, ma rimane un popolo di quel Paese”. Spesso diciamo che la fede non ha confini, ma i credenti hanno una propria Patria e una loro cultura che è nata dalla propria Patria.

IV. In quarto luogo, lo sviluppo della Chiesa in Cina deve abbracciare il fatto di essere immerso nell'eccellente cultura tradizionale cinese, riguarda soprattutto a impegni che il Concilio di Shanghai ha messo in programma ma non ha potuto attuare, o che sono stati attuati ma devono essere portati avanti, come incoraggiare la Chiesa in Cina a esplorare l'uso della cultura tradizionale cinese nell'espressione della fede cattolica; sostenere l'adozione di stili tradizionali cinesi nell'architettura delle chiese, nell'arte delle chiese e nella musica, e promuovere la cinesizzazione dell'arte della Chiesa; integrare elementi della cultura tradizionale cinese nella liturgia della Chiesa, eccetera. Tutti questi sono i metodi e gli strumenti più importanti per promuovere la cinesizzazione del cattolicesimo oggi, e sono anche l’orientamento dei nostri impegni futuri.

Guardando al futuro, la Chiesa cattolica cinese continuerà a seguire l'insegnamento dell'apostolo Paolo, che disse: “Mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno”, portando avanti il percorso di cinesizzazione della Chiesa iniziato dai missionari come Matteo Ricci per primo, e proseguendo l’orientamento indicato dal Sinodo di Shanghai riguardo alla costruzione della Chiesa indigena. Continueremo a costruire la Chiesa in Cina come Chiesa santa e cattolica, che sia conforme alla volontà di Dio, accetti l'eccellente patrimonio culturale tradizionale cinese e che sia benvoluta nella società cinese di oggi.
Grazie!
(Agenzia Fides 21/5/2024)


Condividi: