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Kinshasa (Agenzia Fides) – La guerra nel Nord Kivu che vede come protagonista l’M23 vien subita dai congolesi come una guerra d’aggressione perpetrata dal vicino Ruanda servendosi di questo gruppo armato.
L’M23 - va ricordato - dopo la sconfitta nel 2013 aveva avviato colloqui con il governo congolese con la mediazione dell’Uganda, sfociati in negli accordi di Nairobi del 12 novembre 2013. Adducendo il mancato rispetto delle intese, l’M23 ha poi ripreso le ostilità nel 2021.
Se i diversi attori del conflitto nell’est della Repubblica Democratica del Congo si disputano il controllo delle risorse minerarie locali, a fondamento dell’instabilità della zona vi sono pure fattori etnici e fondiari. Questi ultimi non sono solo conflitti tra comunità diverse per il controllo di pascoli o terreni agricoli.
Vi sono controversie fondiarie tra agricoltori e grandi concessionari, tra comunità rurali e compagnie minerarie, tra allevatori e agricoltori e tra parchi nazionali (ad esempio il Parco Nazionale Virunga) e le popolazioni della zona.
L’accesso alla terra, e in particolare alla terra arabile, è quindi una fonte di conflitto tra etnie diverse, soprattutto nel territorio del Masisi, dove gli Hutu e i Tutsi sono considerati immigrati e il loro accesso alla terra è contestato dalle comunità che considerano se stesse come indigene.
L'accesso al potere è essenziale per ottenere e conservare il territorio. Anzi, il godimento della terra è regolato sia dalla legge scritta che da quella consuetudinaria. Per il diritto scritto, vi sono alcune autorità politico-amministrative che hanno competenze per concedere terreni e altre incaricate di accordare, per conto dello Stato, titoli fondiari. Per quanto riguarda il diritto consuetudinario, il capo consuetudinario è considerato il guardiano del terreno che può concederne il godimento ai suoi amministrati, a seguito del pagamento di canoni variabili secondo consuetudini diverse. Questo doppio registro, statale e consuetudinario, genera ulteriore confusione e, nel secondo caso, può creare delle discriminazioni su base etnica. Il leader comunitario è generalmente più propenso a favorire gli appartenenti alla propria comunità a scapito di chi non ne fa parte.
L’arrivo dei miliziani dell’M23 su un dato territorio sconvolge questo sistema di registrazione fondiario. I ribelli cacciano sia i funzionari statali sia i leader locali, che spesso a causa dello sfollamento forzato delle popolazioni, si ritrovano senza persone su cui esercitare la propria autorità. In certe altre situazioni, i leader tradizionali sono costretti a convivere con l'M23. Un’altra strategia dei guerriglieri è la destabilizzazione del regno di un leader consuetudinario, creando e alimentando i conflitti tradizionali nelle aree occupate.
Dall’aprile 2022 l’M23 ha iniziato a istituire gradualmente un'amministrazione parallela. Il movimento nomina le persone a capo degli enti da esso controllati in base a considerazioni etniche o comunque in base ai legami con l’M23 o a gruppi ad esso affiliati. (L.M.) (Agenzia Fides 24/4/2024)